Il fattore P

Monica e Martina sono i nomi inventati di due bambine reali, di circa sette anni. La loro storia presenta molti tratti in comune. Monica è nata in Svizzera, da genitori italiani, Martina è nata in Italia da genitori albanesi. Entrambe sono figlie di immigrati, entrambe sono di fatto straniere nel paese in cui vivono.

Quanto questa condizione iniziale influenzerà il loro futuro? Quali altri aspetti economici e socio-culturali avranno un peso nel definire il percorso di queste due bambine? E il caso, la fortuna, avrà anche un ruolo del determinare la loro strada, o è tutto già altamente prevedibile?

Ho già affrontato in un precedente articolo il tema legato al proprio luogo d’origine e quanto questo possa influenzare le nostre scelte e il nostro stesso approccio alla vita. Oggi vorrei provare con voi a fare un ragionamento sul privilegio.

È un parolone complesso, di quelli spesso usati in modo improprio o ambiguo, adattabile alle circostanze e alle capacità dialettiche dell’interlocutore.

Partiamo dalla sua etimologia e dal significato che ci propone il Treccani: dal latino privilegium, composto di privus, nel significato originario di “singolo, particolare” e lex “legge”. Disposizione che riguarda una persona singola. Nel diritto pubblico, atto sovrano o legge che attribuisce a un soggetto o a una categoria di soggetti una posizione più favorevole di quella della generalità degli altri soggetti.

È evidente da subito l’esclusività che caratterizza la parola. Un privilegio è riservato sempre a pochi, indipendentemente dalla categoria cui fa riferimento. Quasi sempre chi può ottenerlo lo fa senza sforzo né particolari competenze. Non ha a che fare col talento, né tanto meno con il successo, seppur non è raro che privilegio e successo siano strettamente connessi. Indubbiamente il privilegio determina il livello di benessere della propria esistenza, ma spesso questo avviene in maniera talmente naturale che si tende a perdere la percezione di possederli entrambi. Diventano invisibili e scontati. In sostanza si nasce col privilegio ed è quello che caratterizza la vita di Monica.

I suoi genitori non si sono trasferiti in Svizzera per necessità ma per opportunità. Potevano scegliere di rimanere in Italia e la loro vita si sarebbe comunque svolta serenamente e senza particolari problemi economici. Anche i genitori di Martina potevano scegliere di restare in Albania. Non ci sono conflitti in atto, non c’è una crisi umanitaria né totalitarismi politici che li obbligasse necessariamente a partire, ma la loro condizione di partenza era più precaria. In Italia i genitori di Martina cercavano la possibilità di stare meglio. I genitori di Monica la possibilità di stare molto meglio.

Il papà di Martina ha trovato lavoro in un’azienda alimentare, che ha sede in un piccolo paesino del nord Italia. Questo comporta a catena una serie di difficoltà di spostamenti per la madre di Martina che serve i pasti in una struttura ospedaliera. Non può utilizzare la macchina di famiglia e si vede costretta a dilatare i suoi tempi adattandosi agli orari dei pochi servizi pubblici presenti nella zona. L’isolamento del paesino limita anche le scelte sulla scuola di Martina, costretta a frequentare l’unica presente in loco, in cui la scarsità di bambini obbliga gli insegnanti ad accorparli in un’unica classe, nonostante le differenti età, con orari e servizi di dopo scuola ridotti.

Il papà di Monica, grazie al suo percorso scolastico, lavora in una grande azienda informatica, con un salario molto più alto di quello che percepirebbe in Italia. Questo permette loro non solo di condurre una vita agiata, ma di mettere da parte ogni anno molti risparmi, cosa che i genitori di Martina, che a fatica arrivano a fine mese, non possono permettersi. Vivono in un quartiere tranquillo e molto apprezzato dalle famiglie svizzere. Monica frequenta una buona scuola pubblica, con grandi spazi di ricreazione, palestre e una piscina coperta che permette a tutte le classi di avere corsi di nuoto gratuiti settimanali. Il team degli insegnanti è costituito per lo più di giovani uomini e donne, tra i venti e i quarant’anni, una nuova generazioni di professionisti motivati, energici e molto preparati.

I genitori di Martina non frequentano molte persone, hanno pochi amici, sia albanesi che di altre nazionalità. Denunciano un diffuso ma celato razzismo nel paese in cui vivono, sia da parte degli italiani che degli altri stranieri. L’ambiente molto chiuso e isolato, si sa, crea diffidenza reciproca. Martina non frequenta altre famiglie o bambini fuori dall’orario scolastico, la mamma vive schiacciata da una costante sindrome di giudizio che li porta a isolarsi ancora di più. Vorrebbe tanto tornare a insegnare alla scuola materna, come faceva nel suo paese, ma in Italia servono abilitazioni e riconoscimenti che lei non può permettersi, né come investimento di tempo né economico. I suoi sogni le scivolano via dalle mani, come acqua, mentre cerca di sopperire alla priorità di far condurre a sua figlia una vita dignitosa.

La madre di Monica ha grandi sogni, vuole fare la scrittrice e ci sta riuscendo, grazie anche alla possibilità di lavorare part-time e dedicare il suo tempo libero alla scrittura. Monica ha sotto gli occhi esempi costanti di due genitori ambiziosi, che vogliono autorealizzarsi, permettendosi di sognare anche obiettivi molto difficili. Perché arrivare a fine mese non è un loro pensiero fisso. Il futuro è positivo e radioso. Ci si può concedere il lusso di immaginare.

Trovate ancora similitudini tra queste due figlie di immigrati? Pensate ancora che condividano la stessa condizione di partenza?

Ovviamente le divide il privilegio, quello economico, quello etnico e soprattutto quello culturale. Perché lo studio è un privilegio e vivere in contesti in cui questo non è incentivato, permesso, agevolato, crea circoli viziosi che si ripercuotono sui figli, per generazioni.

Siamo impregnati di privilegio e neppure lo percepiamo. Diamo per scontato la possibilità di poter organizzare viaggi dall’altra parte del mondo come se l’unico requisito fosse la sfrontatezza di affrontare l’ignoto. Viviamo in contesti così benestanti che dobbiamo scervellarci per anni con uno psicanalista per trovare i pretesti delle nostre tristezze. Portiamo avanti motti vuoti e insolenti, filosofie della “volontà come super potere” per ottenere qualsiasi cosa, senza renderci conto che la nostra gara parte con un vantaggio di centinaia di gradini rispetto a molti altri.

Ma non abbiamo tempo di voltarci a guardare chi c’è più sotto, perché i nostri grandi obiettivi accecano tutto il resto.

Mi piacerebbe rincontrare Monica e Martina da grandi. Vedere cosa ne è stato di loro. Mi piacerebbe aver sbagliato tutto, dando al privilegio un peso troppo preponderante nelle vite di queste due bambine. Sarebbe bello farmi sorprendere da una realtà che oggi non so vedere e stupirmi di cosa si possa diventare senza alcun privilegio.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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