Il libro genetico dei morti: il filo tra passato e futuro

“Il tuo corpo e il tuo genoma possono essere letti come un dossier completo su una successione di mondi colorati scomparsi da tempo, mondi che circondavano i tuoi antenati ormai lontani: un libro genetico dei morti” (Richard Dawkins, 2024).

È capitato un po’ a tutti, credo, di entrare in un negozio per acquistare un prodotto e uscire tenendo in mano qualcosa di completamente diverso. A me è successo di recente. Mi trovavo in una libreria a Bruxelles. Ero quasi alla cassa per pagare un saggio sugli idiomi inglesi. Alla fine, invece e forse per fortuna, ho comprato qualche cosa di completamente diverso. Sono tornata a casa con il libro genetico dei morti.

Il titolo è una mia traduzione letterale della pubblicazione originale, che è in inglese e suona così: The Genetic Book of the Dead. A dispetto di tutto, non parla di morte – beh, non solo di quello. È pieno di vita, della nostra vita, quella che ci lega dai nostri antenati all’oggi e ci connette “già” al domani. Al centro c’è un fatto (scientifico): i geni agiscono come ponti tra passato e futuro, codificando adattamenti e anticipando al contempo le pressioni selettive del presente e del futuro con un unico obiettivo: la sopravvivenza. In questo senso, il futuro degli esseri viventi non sarà troppo diverso dal presente né dal passato.

The Genetic Book of the Dead è l’ultima fatica letteraria di Richard Dawkins (professore emerito dell’Università di Oxford, etologo, biologo e divulgatore scientifico, nonché il fondatore della Richard Dawkins Foundation for Reason and Science, che – cito dal sito ufficiale – “si propone di promuovere l’alfabetizzazione scientifica e una visione laica del mondo”) e si apre così: “You are a book, an unfinished work of literature, an archive of descriptive history. Your body and your genome can be read as a comprehensive dossier on a succession of colourful worlds long vanished, worlds that surrounded your ancestors long gone: a genetic book of the dead.” Ovvero: sei un libro, un’opera letteraria incompiuta, un archivio di storia descrittiva. Il tuo corpo e il tuo genoma possono essere letti come un dossier completo su una successione di mondi colorati scomparsi da tempo, mondi che circondavano i tuoi antenati ormai lontani: un libro genetico dei morti.

Questa tesi, sviluppata nelle oltre 360 pagine del libro, possiamo riassumerla come segue: il genoma (DNA) di ogni individuo è un campione del pool genetico della sua specie sviluppato nel corso di molte generazioni principalmente attraverso una scultura non casuale (Dawkins scrive non-random sculpture), dove questa “scultura” è la selezione naturale. Mentre il genoma degli individui non cambia, il pool genetico della specie sì, e ciò per migliorare la capacità di sopravvivere e riprodursi. Per chiarire questo concetto, lo scienziato ricorre alla penna di Jana Lenzová per includere nel libro diverse immagini del mondo naturale e “reali”, da quella del geco dalla coda a foglia, che incarna la ‘memoria’ darwiniana di generazioni di foglie cadute molto prima che l’uomo arrivasse in Madagascar per vederle, probabilmente molto prima che l’uomo esistesse ovunque, alle immagini delle squame delle lucertole mimetizzate richiamano immagini dei deserti del Permiano; alle piccole talpe ci ricordano il mondo sotterraneo muschioso abitato dai loro antenati dell’Eocene.

Insomma, la scultura precisa e dettagliata della selezione naturale – che agisce non solo sull’aspetto esteriore, ma anche a livello sub-microscopico, all’interno delle cellule – avviene sotto la guida di un concetto chiave, ovvero il bilanciamento tra i vantaggi dell’adattamento e i costi delle modifiche biologiche. Si pensi a ogni nervo, vaso sanguigno, legamento e osso. Ognuno ha la sua posizione non per una ricerca di perfezione, ma – scrive Dawkins – a causa dei vincoli dello sviluppo e dei processi implicati nell’embriologia. Un’alterazione significativa nella sequenza embriologica (come il reindirizzare un vaso sanguigno) potrebbe avere conseguenze catastrofiche “a valle”, rendendo tali cambiamenti proibitivamente costosi in termini evolutivi. Nella lotta darwiniana per la sopravvivenza, nel delicato equilibrio tra costi e benefici, l’adattamento non mira insomma a un design perfetto per sé (e anche se a noi può sembrare così); piuttosto, ciò che sono, i nostri geni sono arrivati a esserlo per poter sopravvivere e riprodursi nei loro specifici ambienti, evitando rischi inutili che potrebbero derivare da cambiamenti eccessivamente complessi o radicali.

Il libro The Genetic Book of the Dead contiene un esempio molto interessante, e che non conoscevo ma che chiarisce bene come un “design” apparentemente inefficiente può essere utile per tracciare la storia evolutiva in chiave di efficienza. Si tratta del nervo laringeo ricorrente, che influenza la deglutizione, la respirazione e il linguaggio. Esso segue una deviazione pronunciata dal nervo vago alla laringe. Con l’allungamento del collo nell’evoluzione degli animali terrestri, il costo marginale di ogni incremento della deviazione è stato minimo rispetto al costo maggiore del cambiamento dell’embriologia, per cui il nervo ha saltato l’aorta e ha fatto un giro a ritroso piuttosto che andare direttamente alla laringe, cosa che potrebbe sembrare più efficiente. Questo è vero anche nelle giraffe, nonostante il nervo debba fare una deviazione di diversi metri prima di raggiungere la laringe. Tutto questo “giro” complesso, però, non lo ritroviamo nei nostri antenati pesci, che non avevano un collo. Nel loro caso il percorso dal nervo vago alle branchie era piuttosto breve!

Dawkins poi compie un ulteriore passo e dedica numerose pagine del libro a spiegare come, accomunati dalla tensione alla sopravvivenza, alcuni geni convergono nelle soluzioni adottate, altre volte divergono. Se scompaiono, è perché, in chiave darwiniana, erano deboli e destinati a essere sopraffatti – e a volte scomparendo, si portano via anche i corpi che li ospitano. Un esempio? Mitocondri e il batterio responsabile del tetano: hanno lo stesso obiettivo, che è la trasmissione nel futuro, ma diverse modalità di farlo. Ci sono i batteri che vengono trasmessi dai gameti dell’ospite, infettando un organismo solo viaggiando all’interno dei suoi gameti fino alla sua progenie. Loro sono “buoni compagni”. E poi ci sono, dannosi per l’organismo ospitante, i batteri che si trasmettono da un ospite all’altro attraverso qualsiasi via (come il batterio responsabile del tetano). Questi batteri non si preoccupano che la loro “vittima” possa riprodursi con successo, poiché la loro speranza di trasmissione futura non dipende dalla progenie dell’ospite. Infatti, si possono diffondere attraverso altre vie, come starnuti, contatto corporeo con mani, labbra o genitali. Il libro è ricco di esempi di questo tipo…

Quello che Dawkins presenta è, in conclusione, un metodo preciso di ricostruire la nostra storia ancestrale che guarda al codice genetico come una cronaca completa delle esperienze dei “nostri antenati”, un libro, quello scritto dai geni, il cui studio può rivelare i continui adattamenti, le sfide superate e gli straordinari esempi di evoluzione che hanno plasmato il complesso cammino della vita.

Una lettura che si fa tutta d’un fiato ma che lascia un certo amaro in bocca: là dove tutto è spiegato sulla base della selezione naturale e dell’”egoismo” dei geni e l’immaginazione è un prodotto dell’evoluzione stessa (lo spiega Dawkins nel libro), qual è l’interazione tra selezione naturale e contingenze storiche, tra cambiamento culturale e conseguenze evolutive? Dawkins ne fa cenno nel libro ma senza affrontare davvero la tematica. L’invenzione del fuoco, della scrittura, dell’agricoltura, della medicina, di internet: tutte queste innovazioni non hanno modificato radicalmente l’ambiente in cui viviamo, e quindi anche le pressioni selettive su di noi? E che ne è delle scelte fatte da noi oggi – penso alle questioni energiche, al tema dell’intelligenza artificiale, alla biotecnologia: non modellano anche loro, continuamente e in modo nuovo, il contesto ambientale, cognitivo e sociale in cui le prossime generazioni vivranno ed, soprattutto, evolveranno?

Forse invece Dawkins ha ragione. A ben guadare quello che sta succedendo nel mondo oggi, sembra davvero che ogni passo in avanti e dispiegamento di risorse sia pesato davvero (e solo) in termini di “costi economici”.

No animals don’t exist for the sake of “moving on to the next stage of evolution”…. The archer fishes of Southeast Asia […] lurk under water and shoot insects sitting on tree branches above the surface […] they seem to compensate for refraction, like herons but in the other direction.

(da The Genetic Book of the Dead, p. 87 – illustrazione di Jana Lenzová)


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