Incontro con un combattente: Guido Piccoli

Poco tempo fa abbiamo presentato Sconfinamenti.info a La Rivista, in onda ogni mattina sulla RETE 2 della Radiotelevisione svizzera – RSI. Non andavo alla radio da qualche mese, così ho accettato doppiamente volentieri l’invito del giornalista Daniel Bilenko, conduttore del programma. Dato che ho un pessimo rapporto con l’orologio (e temo sempre di arrivare in ritardo a ogni incontro), anche quel giorno sono giunta agli studi radiofonici un po’ prima dell’andare in onda. Tra un brano musicale e l’altro, chiacchieravo con Daniel degli ultimi mesi in cui non ci eravamo visti. Poi, lui si ferma e indica un uomo, che cammina nel corridoio al di fuori dello studio di emissione. “È Guido Piccoli. Te lo presento. Devi conoscerlo”, mi dice con grande naturalezza. E voilà, ecco che mi è data l’opportunità di proporre un’intervista al noto giornalista e sceneggiatore.

Subito la mia mente si è messa a correre: che uomo mi sarei trovata di fronte? 

Con Guido Piccoli, il professionista, avevo già avuto modo di confrontarmi, seppur indirettamente. È stato lui ad aver diretto il noto sceneggiato radiofonico “L’arduo cammino”, riproposto in Svizzera a più riprese e che racconta il lento ma inesorabile avanzamento delle donne svizzere verso l’emancipazione. Ed è sempre a firma di Piccoli “Don Pablo, fatti e misfatti del bandito più famoso del mondo”, il suo primo radiodramma trasmesso dalla Rete 2 della radio svizzera a quasi venticinque anni dalla morte del trafficante colombiano Pablo Escobar.

Guido Piccoli

Ma nulla sapevo dell’uomo Guido: in che modo gli anni della militanza politica nell’Italia degli anni Settanta l’hanno segnato, cosa si porta dietro dal tempo trascorso in Colombia mentre si consumava la “guerra ai narcos”, perché ha scelto di scrivere sceneggiati radiofonici e cosa (ri)cerca (per se stesso e per l’ascoltatore) nelle sue produzioni. 

Incontro Guido (“diamoci del tu”, mi propone subito…) a Lugano, dove si trova per ultimare le registrazioni del suo sceneggiato radiofonico su uno degli uomini più importanti dell’Italia tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta. Si tratta di Enrico Mattei, morto in un incidente aereo nel pavese a soli 56 anni – “almeno questo secondo la versione ufficiale fino a due decenni fa” – precisa lo sceneggiatore – “perché è stato accertato che quello fu un vero e proprio omicidio, totalmente impunito. Ed è per questo che ho scelto di occuparmene”.

Già, ecco che da subito, nella nostra conversazione, mi è dato di cogliere quei tratti personali dell’uomo, di Guido. Ascoltandolo, emerge, preponderante, l’attenzione – libera e incondizionata – verso i fatti e le persone quale filo rosso che ricorre nelle scelte di vita di Guido Piccoli, sono gli anni giovanili dell’attivismo politico e militante e quelli più maturi, nei panni del giornalista e scrittore. 

E io, in questo suo racconto autobiografico, riesco a percepire una forte spinta a combattere, con la forza della parola, per un mondo che vada oltre i pregiudizi e il denaro fine a se stesso.

Vedo Guido fare la spola tra l’Italia, Beirut e Gerusalemme, per partecipare alla creazione di un’agenzia di stampa indipendente e a vari progetti di solidarietà artistica. Per poi fermarsi nel 1990 a Bogotà, dove inizia una nuova avventura (anche per amore) e si ritrova a raccontare il paese, la Colombia, negli anni in cui imperversa la guerra della droga e la caccia al padrino più famoso, Pablo Escobar Gaviria. “Avevi paura, quando eri in quel Paese del Sud America?” – gli chiedo. E lui risponde, con ironia (o forse cinismo): “Beh, non era tranquillo come vivere a Lugano. Certo, si percepiva insicurezza e precarietà. Ma non solo insicurezza e non solo precarietà. Sono avverso agli stereotipi. La Colombia è un luogo magnifico, bagnata da due oceani, con una biodiversità grandiosa e un’allegria della gente contagiosa.”

“Perché non hai continuato a fare giornalismo?”, mi viene poi da domandargli. La risposta, in fondo, non mi sorprende. “Negli anni – racconta Guido Piccoli – mi sono reso conto della difficoltà di essere libero facendo il giornalista”. Il risultato è il rifiuto di intraprendere una carriera professionale all’interno di importanti quotidiani. Sarebbe stato incatenato a logiche (di mercato) a cui non avrebbe potuto sottostare. 

La possibilità di muoversi incondizionatamente e raccontare storie non solo commissionate, ma scelte, Piccoli l’ha coltivata avvicinandosi al mondo dei fumetti – fu direttore artistico della Fiera del Fumetto di Napoli, dove ha incontrato alcuni “dei grandi” da José Muñoz a Andrea Pazienza, Hugo Pratt e Milo Manara e Giuseppe Palumbo (matita d’eccezione di “Diabolik”), con il quale ha scritto una graphic-novel “Escobar. El padron”.  E sui “fumettari” ha anche scritto nel lontano 1982 il primo sceneggiato radiofonico per la Rai.

Ci muoviamo, alla ricerca del calore del sole, da una panchina all’altra, mentre ignari turisti provenienti dalla Svizzera interna ci passeggiano intorno e mi chiedo se ritroverò il loro vociare nell’audio della registrazione che sto facendo a Guido Piccoli. “Hai mai pensato di lasciare Napoli e i suoi disagi?”, chiedo. “La capitale campana – mi ricorda – è bellissima, molto di più e altro di immondizia e malavita”.

Da quasi venti anni, Guido Piccoli è una presenza regolare anche a Lugano. Dall’inizio del secondo millennio, quando Radiorai decise di togliere la fiction dal suo palinsesto, Piccoli trovò un nuovo spazio professionale in Svizzera. “È stato un incontro di fortuna. Altro che raccomandazioni. Mi trovavo a Napoli, in una conferenza stampa davanti ad un inceneritore – sì Napoli ai tempi deteneva il triste primato di capitale dell’immondizia. Vicino a me c’era un giornalista della radio svizzera italiana, che mi consigliò di fare una proposta ai colleghi elvetici della fiction”. Proposta che fu subito accolta e da allora Guido Piccoli ha potuto realizzare una ventina di sceneggiati radiofonici negli studi di Lugano. 

Oltre alle fiction già ricordate, mi ha colpita “Imilla, la vendetta del comandante”, che racconta la storia di Monika Ertl, donna che da adolescente beneducata diventerà giovane sposa di un industriale tedesco, poi operatrice umanitaria a guerrigliera dal nome di battaglia Imilla fino a diventare sicario internazionale. Ricordo anche lo sceneggiato, al quale Piccoli ha lavorato nel 2016, sul bombardamento dell’ospedale di Medici Senza Frontiere a Kunduz, in Afghanistan. E poi “Nikola Tesla – L’uomo che inventò tutto”, del quale si conosce tanto – fu uno degli scienziati più geniali della storia: tra le sue scoperte ci fu quella della corrente alternata – ma non abbastanza (se Tesla fosse riuscito nel suo progetto principale di dare a tutto il mondo l’elettricità gratuita, il “sistema” sarebbe probabilmente crollato). E anche “Ritornerò e sarò milioni”, che racconta la rivolta di Spartaco e l’illusione di un mondo sempre più pacifico e giusto che svanisce giorno dopo giorno. Cito questi sceneggiati ma ce ne sarebbero molti altri…

In tutti e ognuno dei lavori per la radio emerge l’impegno di Guido Piccoli a stanare le ingiustizie e le disuguaglianze, raccontando nei propri sceneggiati, le storie tanto dei potenti quanto dei giovani senza futuro, militanti delusi dai partiti e sindacati, disoccupati, senzatetto, immigrati, intellettuali ribelli, cittadini esasperati dai tagli alle spese sociali, dai privilegi e dagli scandali…

Un combattente, allora. Un combattente con la forza della parola per un mondo che vada oltre i pregiudizi e l’egoismo. Ed è per questo motivo che di Guido Piccoli ho scelto di raccontare in sconfinamenti.info

Nota: Guido Piccoli, tornato dalla Colombia in Italia, ha pubblicato diversi libri su Escobar e sui conflitti che insanguinavano la Colombia. Uno tra tutti: “Colombia, il paese dell’eccesso. Droga e privatizzazione della guerra civile” (Feltrinelli Editore).

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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