La fine dei telefoni coi fili è la fine della nostra libertà?

Nel giro di vent’anni è cambiato il nostro rapporto col telefono. Recentemente, nel mio quartiere le vecchie cabine telefoniche della SIP – Società Italiana per l’Esercizio delle Telecomunicazioni p.A. (l’attuale TIM) sono state tutte smantellate per iniziativa dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ed è rimasta solo una postazione scoperta con l’apparecchio Digito dotato di lettore di schede telefoniche, che avevano sostituito in parte i gettoni telefonici negli anni ’90. Ben pochi cittadini hanno mostrato interesse nel volerne preservare qualcuna, forse perché appartengono ad un passato troppo recente per essere considerate di valore o “modernariato”, memori dei costi esorbitanti delle telefonate interurbane e all’estero dai telefoni fissi. È del 2018 l’ultima scheda telefonica messa in commercio. I telefoni fissi privati resistono in alcune case, perlopiù di anziani che a fatica sono riusciti ad adeguarsi ai telefoni cellulari e difficilmente si adegueranno agli smartphone, ossia i telefoni “mobili intelligenti”, in commercio dal 2009 e ormai preponderanti. A Manhattan, nell’Upper West Side, resistono le ultime quattro cabine telefoniche di New York e le cabine che lì non funzionano più per gli scopi originari vengono usate come rifugi dai senzatetto, come in Europa d’altronde. In Italia ci sono un po’ meno di 18mila cabine telefoniche attive, 2mila solo tra Roma e Milano: e sono solo una parte delle cosiddette “postazioni telefoniche pubbliche”, che comprendono anche i telefoni a pagamento nelle carceri, negli aeroporti, nelle stazioni e nei ristoranti o nei rifugi di montagna. In Italia gli impianti di telefonia pubblica ancora attivi sono in tutto circa 40mila. Nel 2019 il nuovo Codice europeo per le comunicazioni elettroniche ha detto che gli Stati UE possono smettere di considerare i telefoni pubblici un “servizio universale”, cioè che ogni Stato deve impegnarsi a offrire ai propri cittadini e hanno iniziato ad essere rimosse un po’ ovunque. Nella stessa Svizzera in quell’anno è stata smantellata l’ultima cabina telefonica nel comune di Baden, nel Cantone Aargau, poi rimontata nel Museo delle comunicazioni di Berna.

A parte i cambiamenti tecnico-formali delle telecomunicazioni, contano di più quelli socio-culturali. Nonostante sarebbe difficile immaginare di tornare all’utilizzo dei mezzi precedenti e l’indubbia utilità e la finalità ludica di interazione con l’altro, lo smartphone oggi ha assunto un’altra valenza. Il tempo libero, che una volta era un luogo in cui fare altre cose rispetto al lavoro, è un tempo intermittente che corre parallelo al lavoro. E il lavoro, con la reperibilità continua degli smartphone e dei tablet, è entrato nel tempo libero. Sul web mi è capitato di leggere frasi come “Finché il telefono rimase legato al filo l’uomo rimase libero”, il che è molto vero dal punto di vista della distinzione casa e lavoro, tempo libero e impegno quotidiano. Tuttavia, è bene ricordare che in dittatura e in democrazia le conversazioni telefoniche potevano essere ascoltate e monitorate dallo Stato, dai centralinisti, da agenzie di spionaggio senza molti scrupoli sul diritto alla privacy, che è un diritto conquistato nelle nostre leggi degli ultimi decenni, ma poco tenuto in considerazione dalle multinazionali dei social network. Anche col telefono fisso coi fili non eravamo liberi di non essere ascoltati, questo è indubbio. Il telefono mobile senza fili però ci ha costretti ad essere multitasking e l’essere umano non è (ancora) fatto in questo modo. Avere un’attenzione costante, omnicomprensiva e regolare su tutto ciò che ci dicono, che succede e che ci accade non è semplice. Questo ha portato la psicologia ad affrontare il dilemma di bambini e ragazzini nati nel XXI secolo stressati e con livelli di ansia molto precoci rispetto alle generazioni precedenti per l’uso degli smartphone e dei tablet, che non servono più per comunicare dove si trovano, come va o cosa stanno facendo. Il telefono “non telefona più”, ci fa leggere al posto dei libri, ci fa fare i balletti, ci fa rovesciare addosso del ghiaccio da postare su YouTube. Oggi lo smartphone è uno status symbol, almeno secondo me, una finestra del mondo su di noi e per noi, è la personalizzazione mobile dell’individuo che fin dalla tenera età rischia di bruciare molte tappe di crescita, bombardato da troppe informazioni, poiché è Internet che, ancora una volta, ha stravolto in positivo e in negativo un mezzo e le nostre esistenze rendendoci costantemente connessi, per sapere tutto di noi e degli altri. In Francia sono stati banditi i cellulari nelle scuole dell’obbligo proprio in conseguenza di tutto ciò.

Il telefono senza fili ha indubbiamente migliorato le comunicazioni e avvicinato tutti con le reti 3G, 4G e 5G, ma oggi rischia di essere un contraccolpo allo sviluppo cognitivo di tanti giovani e adulti, in balia di contenuti nocivi, di odio e pornografici che sviano qualsiasi filtro e controllo e portano indubbiamente all’emulazione e a nuove forme di cyberbullismo. Le telefonate dunque sono obsolete, tanto da far nascere meme e caricature di chi telefona qualcuno nato dopo i Millennial senza prima avvertirlo: un’intrusione dello spazio personale e della stabilità emotiva che poteva essere sanata solo con un messaggio di Whatsapp, Messenger, Telegram, ecc. I liberali potrebbero rispondermi: il telefono è solo un mezzo, importa l’utilizzo che se ne fa che comunque è un diritto del consumatore. I liberali, però, non tengono mai in considerazione un effetto che paga una collettività in termine di cultura sociale, etica, consapevolezza e progresso morale in poche generazioni.

In risposta al titolo di questo articolo servirebbe una nuova materia da insegnare sin dalle scuole elementari: etica e uso delle telecomunicazioni.

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