Una volta, a Manchester, il cielo era perennemente grigio. Non solo per il tempo inclemente del Nord dell’Inghilterra, ma per il fumo che usciva a fiotti dalle ciminiere delle fabbriche. Me lo ha ricordato recentemente la famiglia di mio marito. Era, Manchester, la “Cottonopolis”, la capitale della Rivoluzione industriale, la città operaia per eccellenza. Ferro, carbone e sigarette: così si respirava Manchester e nei paesi limitrofi. Due secoli dopo, la nebbia è cambiata ma non è del tutto scomparsa. Già perché oggi non è più il fumo delle industrie tessili a oscurare l’aria, bensì del tabacco e delle sigarette elettroniche. Una dipendenza che resta tra le piaghe più profonde della città. E nel Regno Unito.
I dati lo raccontano con crudezza: la contea metropolitana del Greater Manchester conta ogni anno 5.700 morti legati al fumo, mentre oltre 150.000 persone convivono con patologie croniche. Un peso che non grava solo sulla salute pubblica, ma anche sull’economia: quasi 15.000 cittadini hanno dovuto abbandonare il lavoro a causa delle conseguenze del tabagismo.
Non sorprende, quindi, che proprio Manchester abbia deciso di dichiarare guerra alle sigarette. Qui, dove la popolazione è più giovane rispetto alla media nazionale, da qualche tempo si sta lavorando a livello istituzionale per ridurre i numeri del fumo. Il progetto si chiama “Make Smoking History” e punta a trasformare l’intera area metropolitana in una smoke-free city-region entro il 2030.
A che punto siamo? Negli ultimi anni si è registrato un calo storico: la prevalenza del fumo nell’area è scesa al 12,5% nel 2025, con 36.800 adulti che hanno smesso di fumare in un solo anno, un progresso importante. E proprio per questo, nel marzo 2025, Greater Manchester ha ricevuto il prestigioso Partnership for Healthy Cities Award, che premia le città impegnate a migliorare la salute pubblica. Il riconoscimento è arrivato grazie alla strategia “Making Smoking History”, che dal 2018 ha aiutato oltre 126.000 persone a smettere di fumare, riducendo la prevalenza dal 18,4% al 12,5%. Merito anche delle campagne di sensibilizzazione messe in atto dalla giunta comunale. Per il sindaco Andy Burnham, Manchester sta diventando un modello internazionale di città metropolitana “smoke-free”, capace di coniugare innovazione politica e riduzione delle disuguaglianze.
La strada verso l’ambizioso obiettivo di “smoke-free city-region” è però ancora in salita. Nella sola città di Manchester, ad esempio, i dati restano critici: il 17% degli adulti dai 15 anni in su continua a fumare, contro una media inglese del 14,7% nel 2023–24. Secondo l’Annual Population Survey 2021–23, il 15,4% degli adulti dai 18 anni in su sono fumatori, rispetto al 12,4% nazionale. In altre parole, un adulto su sette a Manchester continua a fare uso di sigarette, una percentuale superiore a città comparabili come Sheffield (14,2%) e Leeds (15,9%), anche se leggermente inferiore a Liverpool (17,8%).
A complicare le cose, ci si mettono le forti disuguaglianze che colpiscono la città e la regione. Già perché il fumo non colpisce tutti allo stesso modo. Tra coloro che svolgono lavori manuali e chi trova un impiego nelle occupazioni a basso reddito, circa uno su cinque fuma, un valore leggermente più alto della media nazionale del 19,5%. Le persone con patologie psichiatriche di lungo corso, inoltre, mostrano un divario ancora più drammatico: a Manchester fuma il 32,5% degli adulti con disturbi mentali di lungo corso (contro il 25,1% nazionale) e il 31,8% di chi soffre di ansia o depressione (contro il 25,8%).
Preoccupa anche un altro fenomeno emergente: la diffusione del fumo “non-quotidiano”. Il numero di coloro che fuma occasionalmente è passato dal 2,6% al 4% a livello nazionale tra il 2006 e il 2024. Ad essere diventato molto popolare è soprattutto del vaping. Secondo dati recenti, un adulto su cinque tra i 18 e i 45 anni utilizza sigarette elettroniche, e a Manchester si registra un aumento marcato tra i giovani – un dato che la messa al bando della vendita di sigarette elettroniche usa e getta a partire dal giugno 2025 mira a far scendere.
Restano però un dubbio e un paraddoso. Il dubbio: basterà seguire la strada fino ad ora tracciata per arrivare a una “città senza fumo”? Alcuni studiosi avvertono: servono politiche ancora più incisive e dirette non solo ai fumatori; si deve partire dalla lotta alle disuguaglianze socio-economiche e sanitarie che restano forti. Solo così la città che nell’Ottocento era la capitale del fumo industriale, potrà colmare il divario con la media nazionale, trasformare in realtà la promessa di un futuro senza fumo e di diventare una capitale “smoke-free”. Seguendo, così facendo la strada delle politiche dell’UE (che sul fronte della sanità pubblica punta a una “Tobacco-Free Generation” entro il 2040, abbassando la quota di fumatori sotto il 5%) nonché di singole citttà e paesi dell’Unione – giusto per citare alcuni esempi, in Francia, dal luglio 2025 è vietato fumare in parchi, spiagge e fermate dell’autobus, con multe salate per i trasgressori; in Spagna, decine di spiagge sono state dichiarate “smoke-free”; a Milano, dallo stesso anno, è scattato il divieto totale di sigarette in tutti gli spazi pubblici, compresi quelli all’aperto. E tra l’altro non è solo Manchester, nel Regno Unito, a muoversi in questa direzione: anche Londra ha infatti fissato l’obiettivo di diventare una città senza fumo entro il 2030, grazie alla London Tobacco Alliance. Insomma, nello scenario europeo, le due principali metropoli britanniche non solo non restano indietro, ma si posizionano tra le città più ambiziose nel ridisegnare il rapporto dei cittadini con il tabacco. Un ironico paradosso: separate da Bruxelles sul piano politico, ma sempre più vicine all’Europa sul piano delle politiche sanitarie.