La pace è la vera sicurezza

Lo sconvolgimento dell’ordine mondiale pone l’Unione europea di fronte  a  dilemmi esistenziali.

Le grandi potenze mondiali sembrano unite soprattutto dal desiderio di annichilire un modello sociale ed economico che, con tutte le sue contraddizioni, viene evidentemente considerato un intralcio ai loro piani di potenza.

La nuova collocazione degli Usa di Trump non permette più agli europei di contare sull’alleanza non certo gratuita e interessata dell’”amico americano”.

In questo quadro si pongono per l’Unione europea ma anche per molti Paesi del vecchio continente che non ne fanno parte problemi di sicurezza militare ma anche di difesa di un modello europeo che, conserva pur sempre valori che vale la pena di difendere.

Preoccuparsi degli aspetti difensivi e anche militari sembra giustificabile ma è necessario sgombrare il campo da alcuni equivoci.

È in corso una corsa generalizzata al riarmo e al conseguente aumento delle spese militati che va al di là delle legittime esigenze in questo ambito, anche tenendo conto delle compatibilità socioeconomiche.

Secondo calcoli recentemente pubblicati dall’Osservatorio CPI diretto da Carlo Cottarelli I Paesi europei che fanno parte della Nato o dell’Ue o di entrambi hanno speso nel 2024, 719 miliardi di dollari internazionali contro i 462 della Russia, ossia il 56% in più.

I soli paesi Ue della Nato (escludendo dunque GB, Norvegia e Turchia) hanno sostenuto nello stesso anno una spesa militare di 547,5 miliardi di dollari internazionali pari all’1,95% del loro Pil complessivo e comunque superiore del 18,6% della spesa russa. Nonostante questo, molti teorizzano la necessità di un aumento consistente per le spese militari che per un Paese come l’Italia significherebbe almeno il loro raddoppio. È di questi giorni la proposta di Ursula von der Leyen di un enorme incremento della spesa militare dei singoli Stati dell’Ue e del bilancio comunitario da investire per il riarmo.

È del tutto evidente che le legittime preoccupazioni per la sicurezza militare sono inficiati da fattori economici e da potenti spinte speculative; a questo proposito basta valutare l’andamento borsistico delle azioni della società che lavorano nel settore militare.

Esiste poi il fondato sospetto che in una fase economica di ristagno dell’economia europea ai limiti della recessione gli investimenti in spese militare possano essere considerati un volano di un rilancio economico malato e pericoloso come l’esperienza degli anni ’30 dovrebbe ampiamente dimostrare. L’aggravio delle spese militari viene oltretutto condotto un po’ovunque a detrimento delle spese sociali, degli investimenti per la lotta ai cambiamenti climatici e degli aiuti ai Paesi poveri. Anche il Piano von der Leyen va in queata direzione Si tratta di scelte miopi, frutto di un’idea della sicurezza centrata tutta sugli aspetti militari; è del tutto evidente che la pace sociale può essere garantita solo riducendo la povertà all’interno dei singoli Paesi e che limitare le conseguenze del riscaldamento globale va incontro all’interesse vitale di intere popolazioni, soprattutto nei Paesi poveri.

Si tratta quindi di abbracciare un concetto di sicurezza più ampio di quello limitato alle  spese militari in quanto appunto il benessere sociale e la lotta contro la povertà sono un modo concreto per difendere la pace.

Ridurre le spese per il welfare a vantaggio di quelle militari significa anche aggravare le tensioni sociali e accrescere quindi gli squilibri che sono già oggi un motivo di tensioni all’interno dei singoli Paesi e fra le nazioni.

Inoltre, puntare tutto sugli aspetti militari significa diffondere nelle opinioni pubbliche la convinzione che le guerre prossime venture siano ormai inevitabili come del resto molti uomini politici europei ripetono quasi quotidianamente.

Un progetto di militarizzazione dell’Unione europea sarebbe poi una negazione degli stessi principi di pace e cooperazione su cui essa si basa che hanno posto fine a secoli di conflitti. Questo non significa ovviamente sottovalutare le tensioni anche in area europea ma sforzarsi di dare il proprio contributo per cercare di superarle.

In fondo le uniche guerre inevitabili sono quelle già in corso, prima che scoppino si deve fare tutto il possibile per evitarle.

Questo non significa negare la necessità di rafforzare una difesa europea al servizio di una politica di pace e di distensione.

Come abbiamo visto le spese dei Paesi Ue e Nato sono ingentissime ma la loro frammentazione genera sprechi e le rende in gran parte inefficaci.

Un esercito europeo non è al momento ipotizzabile in quanto implicherebbe l’esistenza di   uno Stato europea al momento   nemmeno ipotizzabile ma un maggiore coordinamento delle spese fra Paesi europei a partire da quelli Ue sarebbe auspicabile e consentirebbe di ottenere buoni risultati in termini di efficienza senza dissanguare le economie dei singoli Paesi e aggravare in tal modo la condizione dei ceti più poveri.

Insomma, se la pace è la vera sicurezza, una forza militare al servizio di questi principi sarebbe in armonia con i principi fondativi dell’Unione europea.

E sulla base di questi principi varrebbe la pena di scendere in piazza per difendere questa idea di Europa come in questi giorni si sta prospettando.

Seguici

Cerca nel blog

Cerca

Chi siamo

Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

Ultimi post

Nascere a Gaza

Si dice spesso che per provare veramente empatia verso le vittime di situazioni tragiche bisogna dare loro un volto e un nome. Lamis Qasim e

Leggi Tutto »