La Svizzera fra Onu e Unione europea

Il voto plebiscitario con cui l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha eletto per la prima volta la Svizzera quale rappresentante europeo non permanente, per il biennio 2002-2023, nel Consiglio di sicurezza dell’Organizzazione segna una tappa storica per la Confederazione.

Il Consiglio di sicurezza è una sorta di organo esecutivo dell’Onu ed è composto da cinque membri permanenti e dieci non permanenti, in rappresentanza delle varie aree geografiche; ad esso è demandato in primo luogo il compito di dirimere pacificamente i conflitti fra gli Stati.

È evidente che l’elezione della Svizzera avviene in un momento di grave difficoltà per l’organismo internazionale, a causa delle gravi crisi in atto rispetto alle quali soprattutto le grandi potenze tendono a rifiutare   la mediazione dell’Onu, screditandone in tal modo la funzione pacificatrice.

Uno degli ostacoli al corretto funzionamento del Consiglio di sicurezza risiede nel diritto di veto su qualsiasi decisione di cui dispongono i membri permanenti, esercitato recentemente dalla Russia per bloccare una risoluzione contro l’invasione dell’Ucraina.

La Svizzera si propone di mettere in discussione o almeno di limitare il diritto di veto e, anche se questo proposito, in presenza delle attuali tensioni, non è destinato a trovare attuazione nell’immediato futuro, la presenza elvetica nel Consiglio potrà almeno contribuire a mantenere viva la discussione in merito.

La difesa dell’ambiente sembra essere un altro ambito in cui la presenza svizzera nel “governo” dell’Onu potrebbe svolgere un ruolo di rilevo.

La destra elvetica ha contrastato fin dall’inizio la candidatura del Paese al Consiglio di sicurezza, paventando nell’ingresso in questo organismo una minaccia per la tradizionale neutralità della Confederazione; si tratta di un timore non fondato dato che storicamente altri Paesi neutrali, come l’Austria e la Svezia, hanno fatto parte del massimo organismo dell’Onu, apportando proprio grazie alla loro neutralità un contributo positivo. Con la sua posizione la destra elvetica conferma ancora una volta la propria concezione statica e isolazionistica della neutralità che invece può costituire un elemento di dinamismo e di mediazione in una situazione internazionale difficile come quella attuale; ne è conferma il fatto che la Svizzera si è offerta per un ruolo di mediazione fra le parti nella guerra in Ucraina che, in attesa di una risposta russa, il governo ucraino ha già accolto con favore. Se a questo si aggiunge che in luglio si svolgerà a Lugano la Conferenza internazionale per la ricostruzione dell’Ucraina a cui potrebbe partecipare lo stesso Zelensky è evidente che il governo di Berna si troverà a svolgere un ruolo importante nella politica internazionale. L’isolazionismo tuttora coltivato dalla destra ha del resto radici antiche, se si pensa che la Confederazione è stato uno degli ultimi Paesi al mondo a entrare a far parte delle Nazioni Unite    a seguito di un referendum popolare svoltosi nel 2002, dopo che nel 1986 gli elettori svizzeri avevano espresso una volontà contraria; si può dunque affermare   che l’ingresso nel Consiglio di sicurezza segna una svolta definitiva.

Per il Consiglio federale svizzero, in ogni caso, si prospetta un periodo di intensa attività in politica estera tanto che alcuni osservatori temono un sovraccarico di lavoro e di responsabilità.

In primo luogo, la presenza stessa nell’organo supremo dell’Onu implicherà una serie di decisioni impegnative che, quando andranno oltre la normale amministrazione, richiederanno decisioni complesse e rapide da parte del Consiglio federale.

Nel frattempo, però anche il fronte dei rapporti con l’UE richiederà una particolare attenzione

In quanto, dopo il fallimento dell’accordo quadro occorrerà, nell’ interesse delle due parti, definire in modo nuovo le relazioni reciproche.

https://sconfinamenti.info/la-svizzera-e-lunione-europea/

La neutralità della Svizzera è attualmente sottoposta a notevoli tensioni anche su altri fronti, in primo luogo quello della crisi internazionale provocata dalla guerra in Ucraina.

Al momento prevale al riguardo quella che Ignazio Cassis, presidente del Consiglio federale, ha definito “neutralità cooperativa” per cui la Svizzera non prende parte diretta al conflitto né fornisce armi all’Ucraina aggredita ma aderisce e attua sanzioni contro l’aggressore, anche se da molte parti si fa notare che esse non colpiscono con la necessaria incisività gli ingenti interessi economici russi presenti nel Paese.

L’aggressività del governo di Putin sta poi spingendo la Confederazione a più stretti rapporti di collaborazione con la Nato, anche se l’adesione a questa alleanza militare non è all’ordine de giorno.  L’ingente aumento delle spese militari approvato dal Parlamento elvetico, giudicato negativo e inutile dagli ambienti pacifisti e in particolare il previsto acquisto dei caccia F 35, di fabbricazione statunitense, potrebbe finire per implicare, anche per motivi logistici legati alla natura stessa di questi velivoli, un maggiore legame con gli Usa.

Tutto questo incontra una forte opposizione trasversale; la destra, pur favorevole a un forte riarmo, auspica un’interpretazione più rigorosa della neutralità e una totale astensione dal conflitto ucraino che implicherebbe una rinuncia anche alle blande sanzioni attualmente in vigore da parte svizzera.

Gli ambienti pacifisti e la sinistra, pur con diverse sfumature, chiedono invece di utilizzare la neutralità svizzera per esercitare con più efficacia un ruolo di mediazione e di pacificazione rispetto al quale ritengono dannosa una politica di riarmo mentre l’adozione di sanzione più drastiche contro   l’aggressione viene considerata in genere in questi ambienti una misura appropriata.

Come si vede la politica estera svizzera è confrontata con tematiche complesse che non consentono atteggiamenti di immobilismo e di isolazionismo in una situazione internazionale in rapida evoluzione.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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