Avete mai sentito definire la narrativa scritta da uomini “letteratura maschile”? Non credo, come sono certa che avrete sicuramente sentito più volte utilizzare il termine “letteratura femminile”. Permane ancora nel mondo intellettuale e letterario la necessità di incasellare e circoscrivere all’interno di un sotto-genere ben definito quella che è in realtà una produzione vastissima e sfaccettata. Deduco che, come accade nella maggior parte dei casi, questa ostinazione nasca dal bisogno di controllare un fenomeno di fatto incontrollabile, in continua evoluzione, vivo e molto forte.
Basta osservare il catalogo delle ultime uscite nazionali per rendersi conto della varietà di stili, voci e tematiche delle nostre scrittrici.
Il viaggio attraverso la letteratura scritta da donne è lungo e variegato: dalle penne contemporanee di Veronica Raimo e Claudia Durastanti, alle autrici di Bestseller come Stefania Auci e Francesca Giannone, per citarne solo un paio e senza addentrarsi nel sorprendente mondo del classico da Elsa Morante a Alba De Cespedes, passando per Natalia Ginsburg fino al premio Nobel Grazia Deledda.
Ostinarsi a ridurre questo immenso patrimonio a un sotto-gruppo circoscritto da fantomatiche tematiche e stili ricorrenti non è soltanto una infima calunnia ma è anche pubblicità controproducente perché toglie valore e dignità a tutta la produzione artistica e letteraria italiana.
Mi chiedo come abbiano reagito i vari sostenitori della “letteratura femminile” di fronte all’insolito evento capitato quest’anno: sia il Premio Strega, che il Premio Campiello che il Bancarella sono stati vinti da autrici.
Nel caso del Premio Campiello, un elemento ancora più interessante è che ha vinto l’unica donna della cinquina finalista.
O i giurati facevano tutti parte dello stesso Book club di Harmony o evidentemente la realtà sulla qualità delle nostre autrici sta finalmente venendo sempre più alla luce, nonostante i numeri che dimostrano quanto l’attenzione verso gli autori a livello di promozione e presenza ai festival e agli eventi continui a essere maggioritaria.
L’aspetto più significativo a dimostrazione della varietà di proposte e stili lo si può evidenziare direttamente dai titoli vincitori: L’età fragile di Donatella Di Pietrantonio, Alma di Federica Manzon e Il cognome delle donne di Aurora Tamigio non potrebbero essere più diversi.
Tematiche:
“L’età fragile” è un romanzo liberamente ispirato al delitto del Monte Morrone, in Abruzzo, dove è nata e risiede Donatella Di Pietrantonio. Si tratta di un evento di cronaca nera che ebbe molto eco mediatica, avvenuto il 20 agosto del 1997 in cui un pastore macedone aggredì tre ragazze che si erano fermate per chiedere indicazioni sul sentiero. Due furono uccise a colpi di pistola, la terza riuscì a salvarsi fingendosi morta. L’autrice ripercorre la vicenda attraverso lo sguardo di una donna del posto che era ai tempi amica della ragazza sopravvissuta. Il romanzo non si sofferma solo sulla tragicità dell’evento e sul peso della memoria che un luogo porta con sé, ma affronta parallelamente il complesso rapporto della donna con sua figlia, chiusa in un ostinato e incomprensibile silenzio e quello col padre e il legame con un territorio che è al tempo stesso radice e catena.
Anche il romanzo di Federica Manzon “Alma” racconta di un legame molto profondo che è quello tra la protagonista Alma e suo padre, ormai scomparso, che la obbliga a tornare in un luogo dell’infanzia per chiudere un cerchio doloroso e fare pace con l’abbandono. Il contesto però è molto diverso da quello del romanzo precedente. Ci troviamo a Trieste , una città dal grande passato imperiale, con i suoi fasti decaduti, ma anche una terra di confine dove il conflitto balcanico degli anni ’90, che è al centro della vicenda, ripercorsa attraverso numerosi flashback dalla protagonista, emerge con tutto il suo peso e la sua prossimità inquietante.
Infine “Il cognome delle donne” di Aurora Tamigio, ambientato in Sicilia, è una intensa saga famigliare che comincia poco prima della seconda Guerra Mondiale con Rosa e Sebastiano Quaranta e segue le vicissitudini dei figli per poi svilupparsi appieno nelle vite delle tre nipoti: Patrizia, Lavinia e Marinella. Il romanzo è suddiviso in macro capitoli che seguono a turno le storie delle donne della famiglia e i ritratti che ne emergono sono tutti così ben delineati e sfaccettati che è possibile affezionarsi, arrabbiarsi e commuoversi con loro con estrema empatia.
La descrizione del contesto paesano della Sicilia del primo Novecento, in contrasto poi con la vita cittadina che intraprenderà la famiglia è ricco di dettagli e riferimenti, anche dialettali, che rendono il testo avvincente e molto ben caratterizzato. Non mi stupisce che sia stato questo romanzo a vincere il premio Bancarella in cui la selezione viene effettuata direttamente dai librai in base alle vendite.
Stili:
Lo stile di Pietrantonio è poetico e asciutto, fatto di frasi corte e un linguaggio ricercato. Si percepisce la ricerca del lessico esatto, della parola-chiave che risuoni per il suo potere evocativo. Federica Manzon invece è un vulcano in eruzione, una sequenza infinita di immagini che si susseguono come dentro un flusso di immaginazione estremamente ispirato e intervallato da riflessioni improvvise, che arrivano da un altrove che sembra osservare le vicende da un altro livello di consapevolezza, più alto ed esteso. Infine lo stile di Aurora Tamigio, che è al suo esordio, padroneggia l’oratoria e così racconta, ammagliando con un linguaggio semplice e molto fluido, mantenendo sempre alta l’attenzione sui personaggi.
Tre voci diversissime eppure tutte a modo loro convincenti ed efficaci.
Infine è interessante notare anche le differenze d’età tra le tre vincitrici che vanno dai trentasei di Tamigio, ai quarantatré di Manzon fino ai sessantadue di Pietrantonio. Tre autrici che portano i loro tre periodi di vita nella loro scrittura a dimostrare che anche i ponti generazionali sono ben saldi.
Voglio sperare che questa tripletta di vittorie non sia stato un caso isolato e del tutto casuale. Preferisco credere in un lento ma inesorabile cambiamento di prospettiva e di attenzione da parte delle istituzioni letterarie per prime.
E nell’attesa che le nostre speranze possano essere confermate o meno consiglio ancora di leggere questi tre titoli che meritano tutto l’interesse che hanno suscitato.