La violenza sui bambini non è inevitabile

“Prima che accada!” è il titolo del terzo Congresso organizzato dall’ASPI (Fondazione non profit della Svizzera Italiana) che vuole accendere i riflettori sull’importanza della prevenzione degli abusi sessuali e dei maltrattamenti sull’infanzia. Si tiene a Lugano proprio questa settimana, con eventi anche aperti al pubblico. La violenza non è inevitabile – è il credo di chi lavora al convegno – e se prevenirla si può, vari attori sono in gioco: dal personale sanitario, a chi definisce le policies, alla famiglia e la scuola.

Già la famiglia… Come ha sottolineato Sabine Rakotomalala (membro dello Staff Tecnico dell’Organizzazione Mondiale della Sanità), nessun genitore nasce sapendo come svolgere il suo ruolo. Ecco il perché di tanti corsi che insegnano l’importanza di instaurare un rapporto basato sull’affetto, la fiducia, il rispetto e l’affidabilità con il minore. Minor attenzione è data a serate formative che sottolinei, alle neo-mamme e ai neo-papà quanto sia nocivo e controproducente ricorrere a punizioni corporali!

D’altronde per i genitori non è sempre facile “trovare” le parole giuste per parlare di violenza e del diritto che ognuno esercita sul proprio corpo. Può allora risultare utile il libro scritto da Rachel Brian, una pubblicazione destinata ai piccoli lettori (e a chi di loro si occupa), dal titolo «Dai un bacio a chi vuoi tu». La ricercatrice e educatrice, già celebre per aver firmato il video Tea Consent, in 64 pagine fitte di fumetti e dal linguaggio adatto ai bambini, offre gli strumenti per riconoscere le insidie rivolte al proprio corpo e che possono provenire sia da coetanei sia da adulti. “Sei il re. Consenso è come essere il sovrano del tuo regno. Popolazione: tu”, si legge nel libro, che è un vero piccolo manuale sul diritto di scegliere, o rifiutare, di cambiare idea, di prendere decisioni riguardanti il proprio corpo, che si tratti di un abbraccio, un bacio o altro.

Mentre leggevo il libro di Rachel Brian, la mia mente è però andata subito a un altro libro, questa volta un romanzo, , attenti, pensavo che io, alla loro età, non ero mai stata “educata” su questi temi in contesti scolastici. Forse a casa – anche se io non lo ricordo. Credo ad ogni modo che di questi temi “non se ne parlasse” con la stessa facilità e consapevolezza ai bambini come viene fatto – giustamente – oggi. Retaggi culturali di un tempo che fu, si potrebbe dire. Di un tempo in cui non di rado gli adulti sceglievano di voltare gli occhi invece di guardare in faccia alla violenza. E denunciarla. Proprio come succede in «Tutto ciò che siamo stati» scritto da Olimpia De Girolamo. Il romanzo, che è appena stato pubblicato da Gabriele Capelli editore, ha come protagonista una giovane la cui fanciullezza è stata segnata dalla totale assenza di qualsiasi insegnamento sul dire “no” e come trattare sia il proprio corpo sia quello degli altri.

La trama è presto detta: una donna bella e attraente, Anna, arriva a Napoli, città che ha lasciato da anni e dove torna per aiutare la madre a ritrovare il padre, scomparso da alcune settimane. Dopo un paio di giorni, il mistero è risolto e la donna lascia il capoluogo campano. Ma non è più la stessa persona. Già perché il viaggio che Anna compie dentro di sé e all’interno della “comunità” dove è cresciuta, se si volesse misurarlo, avrebbe la durata di anni. Molti anni – rimossi o nascosti nel profondo del cuore della protagonista, in quanto sono troppo dolorosi, riprovevoli. Impuri. Atti che una bambina e giovane ragazza non dovrebbe subire, abusi e soprusi, violenze fisiche e sessuali coperte dalla “famiglia” per non ledere l’onore e il quieto vivere quotidiano della famiglia e della comunità.

La morte della migliore amica e la tragica fine del fratello di lei, le mani di uno zio sul proprio corpicino di bambina, palpeggiamenti cercati e altri non voluti: c’è tanto di grafico nel libro «Tutto ciò che siamo stati», forse in certe pagine, troppo. Ma proprio quel troppo, che per Anna-bambina era per un certo senso “normale”, ricorda ai lettori l’importanza di insegnare ai minori come proteggere il proprio corpo. Scritte con un linguaggio veloce e teatrale, altre volte sorprendentemente distaccato, il romanzo di Olimpia De Girolamo può essere letto anche come una denuncia al mondo degli adulti, che per pigrizia, ignoranza, superficialità o altro ancora, non si impegnano ad accompagnare i piccoli a rifiutare, riconoscere e denunciare qualsiasi forma di  maltrattamento e abuso sessuale.

(Nota al libro della De Girolamo: molte parti del libro sono scritte in napoletano, che portano a perdere la profondità di certi dialoghi per chi non comprende sul dialetto regionale)

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