Migrazione e integrazione: il ruolo delle donne nella Storia

Secondo i Dati Eurostat 2017, le donne costituiscono circa la metà dei flussi migratori. Eppure sono e continuano a essere meno visibili nel processo di migrazione e integrazione rispetto agli uomini. Si potrebbero trarre diverse considerazioni. Una di queste riguarda il fatto che dando poca attenzione alle migranti si perde in termini di strumenti per affrontare le sfide poste dall’integrazione. Si tratta di una cecità disarmante, che non prende in considerazione cosa ci ha insegnato la storia.

In Svizzera, ad esempio, vari studi hanno portato a rivalutare le ripercussioni positive della migrazione femminile proveniente dall’Italia negli anni Settanta sull’economia – si pensi al contributo femminile nello sviluppo dell’industria orologiera e nelle fabbriche. Non solo. Queste ricerche hanno anche mostrato come l’immigrazione di donne italiane in territorio elvetico abbia contribuito al rinnovamento sociale, agendo come un motore dell’emancipazione. Come si legge nelle testimonianze raccolte da Paolo Barcella, Professore di Storia Contemporanea all’Università di Bergamo e contenute in Per cercare lavoro. Donne e uomini dell’emigrazione italiana in Svizzera (Donzelli, 2018), le giovani italiane giunte in Svizzera trovavano un ambiente che permetteva loro di diventare autonome, di conoscere meglio se stesse, progettando un futuro a misura dei propri desideri. Spiega Barcella: “Per molte ragazze l’emigrazione diventava occasione per condividere la propria condizione di lavoratrici internazionali con le compagne di lavoro o di residenza: molte, infatti, abitavano per mesi o anni nei convitti, normalmente collocati in prossimità delle fabbriche. Quei luoghi presentavano certo limiti e problemi, ma al loro interno si sviluppavano meccanismi di cooperazione, di solidarietà e di aiuto reciproco tra le giovani residenti. Le stesse fabbriche potevano diventare ‘mondi nuovi’ dove imparare e crescere professionalmente.”

Anche Francesca Falk, reader di Storia delle Migrazioni all’Università di Berna, doppia cittadina (svizzera e italiana), nel suo libro Gender Innovation and Migration in Switzerland, sottolinea come la migrazione abbia non solo reso possibili nuove forme di vita ma anche generato innovazione di genere in diversi campi: la mutevole divisione del lavoro, la creazione di un’infrastruttura per l’asilo nido, l’accesso all’istruzione superiore per le donne e la lotta per il suffragio femminile. 

L’antropologa Mara Tognetti, nel suo articolo Donne e processi migratori tra continuità e cambiamento, guarda al caso italiano e mostra bene come le migranti si caratterizzano – ieri come oggi – per un forte protagonismo sociale per quanto riguarda il mantenere i legami con la propria terra d’origine, sapendo allo stesso tempo tessere nuove relazioni nel e con il paese di approdo. A differenza della prima generazione di immigrate, però, la seconda generazione, “anche a causa di leggi fortemente restrittive sull’immigrazione, è costituita da donne più irregolari, che lavorano clandestinamente e più deboli.” Secondo uno studio del 2016, il gap retributivo delle donne straniere è del 32,4% rispetto alle italiane e del 27,8% rispetto ai maschi stranieri, nei confronti dei quali sono però più istruite. Tognetti scrive:

“Le donne della migrazione vivono tra due culture, e sono costrette ma anche pronte a fronteggiare ed elaborare i vincoli le restrizioni a cui sono sottoposte nei paesi di origine e a sviluppare modalità di comportamento nuovi spesso inediti. Esse sono chiamate a reinterpretare il loro ruolo femminile, compreso quello familiare; a costruire un ponte fra Paesi in cui sono distribuiti componenti della loro famiglia, fra i ruoli che nel contesto migratorio giocano di volta in volta e i ruoli transnazionali. Una nuova geografia fatta di collegamenti, connessioni, relazioni affettive, rimesse, in uno spazio sociale dai confini dinamici. Tutto ciò grazie ai legami che connettono i migranti con il paese di arrivo e con quello di origine, seguendo una prospettiva transnazionale. Un ruolo attivo, quello delle donne, dai forti costi economici e psicologici”.

Questa analisi è rivolta nella fattispecie al contesto migratorio italiano, ma non riguarda esclusivamente il caso delle migranti verso l’Italia. Piuttosto, è un invito – estendibile oltre i confini territoriali – comprendere meglio il ruolo sociale e culturale della donna quale perno di connessione tra due realtà lontane e rivalutare il ruolo della migrazione femminile per affrontare le numerose sfide dell’integrazione.


Di questi temi, ne ho discusso anche invitata da Catia Porri a Radio LoRa:

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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