Qualche giorno prima del mio compleanno, girando per il centro cittadino, guardando le vetrine e i capi di abbigliamento della nuova stagione autunnale, avevo pensato di farmi un regalo. Avrei voluto prendermi una maglia nuova, o un foulard… Il mio guardaroba non richiedeva un “aggiornamento” ma di lì a poco ci sarebbe stata la mia festa, no? E qualche nuovo capo di abbigliamento me lo sarei certamente preso… Senonché due sere prima di festeggiare ho guardato con i miei figli il loro quaderno “The Duke of Edinburgh’s Award” e i miei propositi di shopping sono drasticamente cambiati.
Per chi non lo sapesse il “The Duke of Edinburgh’s Award” è un premio pensato per i giovani, istituito nel 1956 dall’allora Duca di Edimburgo, il Principe Filippo, e coinvolge 5 ambiti: il volontariato, l’attività fisica, le attività per lo sviluppo di abilità, le spedizioni e le “missioni locali” ovvero rivolte al nostro mondo, vicino o lontano. Ogni ambito include diverse attività e nell’ambito di quelle rivolte alla comunità e al pianeta più in generale, ad esempio, i miei figli hanno dovuto calcolare la quantità di acqua che consumiamo giornalmente a livello individuale e come nucleo famigliare: quanta acqua viene usata per farci la doccia, per far funzionare la lavatrice, oppure nel titare lo sciacquone del water. E poi, i litri di acqua necessari per appagare “sfizi” personali, come – appunto – l’acquisto di una t-shirt.
Ecco allora, ho scoperto che lasciando scorrere l’acqua del rubinetto per 1 minuto sprechiamo 6 litri di acqua; un ciclo di lavaggio con la lavatrice richiede 20 litri; una doccia necessita di 10 litri d’acqua al minuto. La produzione di una maglietta in cotone richiede quasi 3 litri di acqua. Facendo un po’ i conti, nelle 24 ore di un giorno qualsiasi della settimana lavorativa, la mia famiglia usa circa 120 litri di acqua (calcolo che include “solo” il farsi la doccia, il lavarsi i denti, l’uso del WC e poi di lavatrice e lavastoviglie). Ma forse la stima è un po’ al ribasso… Ad ogni modo, sarebbero stati 120 litri + 2700 millilitri nel giorno del mio compleanno, se mi fossi comprata un nuovo capo di abbigliamento.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per soddisfare le esigenze minime di salute sarebbero necessari tra i 50 e i 100 litri d’acqua a persona al giorno. E invece in Italia, in base all’ultimo report dell’Istat sul tema, il consumo medio giornaliero di acqua pari a 174 litri per individuo – un valore, questo, che però varia in base alla regione, alle abitudini e al periodo dell’anno e che non tiene conto delle perdite di rete pari in media al 36,2%, sempre stando a quanto determinato dall’Istituto Nazionale di Statistica, il che porta ad alzare il consumo di litri erogati per persona a 236 litri di acqua al giorno. Anche in Grecia e il Spagna, secondo l’Agenzia per l’ambiente europea, la dispersione dell’acqua immessa – ovvero della quantità che si perde a causa del cattivo funzionamento delle reti idriche- supera in alcune zone il 40% e così in media una persona arriva a usare (e sprecare) oltre 200 litri di acqua al giorno, mentre nel nord Europa il consumo oscilla tra 120 e 150 litri giornalieri pro capite.
Sono dati drammatici e sconfortanti, tanto più quando vengono confrontati con “il resto del mondo”. Secondo il Rapporto Unicef-OMS del 2019, sono ben 425 i litri al giorno che uno statunitense consuma ma 10 quelli di un abitante del Madagascar; sono 350 i litri d’acqua al giorno usati da una famiglia canadese e 165 in Europa; mentre 20 litri soltanto al giorno quelli consumati da una famiglia africana. A ciò si aggiunge che ben oltre 1,2 miliardi di persone nel mondo non hanno acqua potabile a sufficienza (ma su questo tema ci farò un post a parte…).
Per tornare al mio compleanno, ecco perchè ho pensato che non avrei acquistato quella maglia, anche se era già lì in vetrina, anche se i “suoi tre litri di acqua” per essere stata prodotta li aveva già consumati, anche se la mia scelta per qualcuno potrebbe sembrare piena di “molta ideologia” e “molto meno efficacia” (e forse è un po’ davvero così).
Però non sono sola. La stessa sera in cui ho preso quella decisione mi è tornata in mente una notizia che avevo ascoltato mesi prima al TG dei bambini con i miei figli: l’idea geniale di una cantante belga di non vendere, in occasione dei suoi concerti, capi di abbigliamento “nuovi” con la propria immagine, invitando invece i piccoli fan a recarsi al concerto con una maglia “vecchia” sulla quale poter stampare gratuitamente l’immagine della star. Al concerto di Pommelien Thijs al teatro De Roma vicino a Anversa potevano entrare fino a 2000 persone. Quanta acqua avranno “risparmiato”?