Quei vaccini per la popolazione adulta che in pochi fanno e i costi per la sanità

Quattro numeri: 85 – 83 – 65 – 9. Non sono i numeri vincenti di una lotteria ma la percentuale cumulativa delle persone maggiorenni nei paesi EU/EEA che hanno ricevuto il vaccino COVID-19 e precisamente almeno una dose (85,7%); un ciclo completo di immunizzazione – prima dose e richiamo (83,3%); primo booster (65%); secondo booster (9,4%) secondo i dati aggiornati al 27 ottobre. Oggi sappiamo, naturalmente, che i dati sono diversi se suddivisi per fasce di età, così come tanto discussa è la bassa adesione al secondo booster (rispetto al primo booster) soprattutto tra trentenni, quarantenni e cinquantenni. La tendenza a non vaccinarsi, se in salute, tra chi è “giovane” non riguarda solo il vaccino contro il virus Codiv-19 (e le sue mutazioni) ma tocca il concetto stesso di immunizzazione contro malattie prevenibili grazie a vaccini somministrabili in età adulta. A contarli tutti, questi vaccini, non bastano due mani, e tra questi si possono ricordare quelli contro difterite-tetano-pertosse, morbillo, rosolia, parotite e varicella, epatite A e B, pneumococco, influenza. Eppure in pochi scelgono di farseli somministrare. 

Non è facile fornire statistiche mondiali sulla loro “somministrazione”, perché i piani vaccinali sono una prerogativa nazionale che rende le comparazioni difficili – chi si è trasferito da un paese a un altro nel periodo Covid potrà comprendere bene il mio stato d’animo nel raccontare la lunga e estenuante trafila per farsi riconoscere il vaccino ricevuto altro rispetto all’attuale luogo di residenza…Nel mio caso, ad esempio, la mia storia vaccinale era reperibile tramite il Covid-Pass legato al mio numero di telefono svizzero, non più attivo dal momento in cui mi sono trasferita in Belgio. Per complicare il tutto, il centralino cantonale (ticinese) creato per rispondere alle domande sulla pandemia e vaccini a quanto pare non è abilitato a rispondere alle chiamate dall’estero, costringendo l’utente a dover fare affidamento sull’invio di un’email a un recapito “info” generico, sparando in una risposta in tempi degni (per fortuna, gli operatori svizzeri rispondono, ma la burocrazia non funziona ovunque altrettanto bene..).

Ma, tornando alle statistiche esistenti sulle immunizzazioni in età adulta, ecco qualche esempio: secondo i dati raccolti dal Center for Disease Controll and Prevention statunitense, nel 2018 la popolazione adulta che aveva ricevuto un vaccino contro l’epatite B era del 19% tra gli over 50. Prendiamo poi il vaccino contro l’herpes zoster. Tra la popolazione (statunitense) che ha compiuto sessant’anni, nel 2018 la percentuale dei vaccinati si assestava al 34,5% (qui); nel Regno Unito a fine dicembre 2021 si era vaccinato il 40% tra i 71enni (stando a un recente studio). Anche il più noto vaccino antinfluenzale destinato alla popolazione adulta non trova molto “pubblico”: tra il 2017 e il 2021 in Ue circa il 40% degli over 65 non lo hanno ricevuto, ma i non vaccinati nella terza età sono molti di più nei paesi dell’est Europa, così come in Austria e Germania.

Tra i non-vaccinati non troviamo solo chi “non vuole” ricevere il vaccino, ma anche chi non è a conoscenza dell’esistenza stessa dei vaccini in età adulta. Negli Stati Uniti soltanto il 25% degli adulti conosce quali vaccino sono raccomandati, si legge su immunize.org

Come è stato fatto notare recentemente durante il dibattito pubblico PUBLIC HEALTH AND DISEASE PREVENTION – WHAT BENEFITS FOR AN ADULT IMMUNISATION POLICY IN EUROPE?, la mancanza di una raccomandazione “globale” condivisa, forte, inequivocabile e standardizzata, unitamente a una chiara risposta alle domande e ai dubbi dei pazienti all’interno dello stesso paese e tra nazioni diverse è problematica, ha precisato Pierre van Domme, professore di vaccinology and infectious diseases all’Università di Antwerp. Ci sono almeno tre grandi questioni.

Anzitutto, guardando ai paesi membri dell’Ue si nota che il sistema sanitario non è ancora sviluppato sufficientemente per raggiungere in modo efficace la popolazione adulta sulla questione vaccini: mancano ad esempio campagne specifiche e informazioni capillari.

Inoltre, il fatto che tra diversi paesi le raccomandazioni per farsi immunizzare differiscono, anche in modo sostanziale, non aiuta gli indecisi: perché mai dovrebbero farsi vaccinare, se passata la frontiera l’immunizzazione non è raccomandata?

Non da ultimo, c’è una generalizzata impreparazione anche da parte del personale medico, farmacisti, assistenti sanitari che non sono “istruiti” su come comunicare e diffondere l’informazione relativa alle malattie prevedibili con i vaccini. Dunque, sottolinea van Domme, è necessaria una maggiore enfasi sull’educazione del pubblico ma anche degli operatori sanitari, basata su analisi economiche appropriate che dimostrino il valore complessivo della vaccinazione. La vera sfida per le vaccinazioni, insomma, è aumentare la consapevolezza dei rischi determinati dal contrarre le malattie per le quali esiste un vaccino e promuovere la conoscenza che tutti possano usufruire del proprio diritto a essere vaccinati.

Questo anche perché, nella società contemporanea, gli interventi di prevenzione primaria che iniziano e proseguono per tutta la vita dell’individuo sono sempre più considerati la chiave per affrontare le sfide sanitarie globali che accompagnano i cambiamenti demografici. Posto l’obiettivo di un “invecchiamento sano”, le vaccinazioni svolgono un ruolo centrale al suo conseguimento, insieme a una dieta sana e all’esercizio fisico. Esse rappresentano altresì uno strumento per contrastare malattie prevenibili che continuano a essere un onere sostanziale per la salute e le risorse sanitarie, precisa Joe Schmitt, professore e Board Member, CLCI: se guardiamo la curva dei vaccini, notiamo che ha la forma di una U. Si vaccinano i bambini e gli anziani, entrambe le categorie più esposte alle malattie, sebbene con effetti diversi. In mezzo ci sono “gli altri”, gli adulti, che si ammalano con malattie croniche per le quali sono oggi a disposizione cure mediche, ma costose per i sistemi sanitari. Per questo è auspicabile un approccio all’immunizzazione lungo tutto l’arco della vita, che garantisca un’assunzione ottimale dei vaccini negli adulti di tutte le età e che posa ridurre la morbilità e la mortalità in età avanzata.

Purtroppo, oggi meno di 5 euro pro capite viene investito dai paesi membri dell’Ue nella promozione delle immunizzazioni disponibili e dunque, come precisato da Sibilia Quilici, Executive Director di Vaccines Europe, sono necessari maggiori sforzi e investimenti a livello nazionale e europeo. Di un piano vaccinale europeo (e addirittura su larga scala) se ne era parlato nel 2019…poi è arrivata la pandemia, che a ben vedere, però, ha costretto le nazioni europee a uniformarsi (con il Covid Pass) per gestire il virus. Un segnale che lavorare “insieme” in tema di immunizzazione e vaccini è possibile e si potrà continuare a fare?

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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