“Rito di passaggio”: quando ci è ancora dato di scegliere

Tra nascita e morte, l’umanità ha distinto più o meno rigidamente una serie di fasi dell’esistenza segnalate da “riti di passaggio”. Una di queste è l’uscita dalla dimensione protetta e di dipendenza della famiglia. Essa sigilla la fase di autonomia decisionale e – talvolta – economica, riconosciuta all’interno del gruppo sociale: da giovani individui, si diventa adulti.

Solo che oggigiorno questo passaggio non è più ben segnalato e il confine tra la giovinezza e l’età della maturità è sempre più labile, persino in dissoluzione. Il carattere rituale dei riti di passaggio tra due momenti fondamentali dell’esistenza ne esce depotenziato. Così ci addormentiamo bambini e ci risvegliamo che siamo adulti quasi senza averne consapevolezza piena. Adulti impreparati e, anche, impauriti a rivestire il ruolo che la società – se non altro per questioni anagrafiche – ci assegna. 

Ecco, rivalutare i riti di passaggio è esattamente l’operazione letteraria che compie Alessio Pizzicannella nel suo romanzo d’esordio “Rito di passaggio” (Baldini e Castoldi), pubblicato poche settimane fa.

Quattro amici tra i dodici e i tredici anni, ospiti di un orfanotrofio, decidono di compiere una fuga “temporanea”. Non hanno intenzione di scappare, sanno che non possono fuggire per sempre – a certe tappe della vita non ci è dato di sottrarci. La loro fuga vuole durare trenta giorni e serve, simbolicamente, per suggellare quello che sono, la loro amicizia e il loro essere nel mondo liberi nel quale sono chiamati a sopravvivere – “è, in un certo senso, un atto politico: giovani che desiderano rimarcare un’ultima volta, e per sempre, la loro possibilità di scelta, pur sapendo che in futuro non potranno scegliere perché il loro destino di orfani è segnato”, spiega l’autore del libro.  

Così un giorno all’alba, in una calda estate del 1984, i quattro amici lasciano la località marittima dove trascorrono le vacanze con gli altri giovani dell’orfanotrofio e iniziano l’ascesa del monte che sorge lì vicino, ripercorrendo a ritroso il letto di un fiume, fino alla fonte. “Con il passaggio dalla località di vacanza vicino al mare, dove si va con la famiglia, ai sentieri impervi del paesaggio montano – chiarisce Pizzicannella – ho voluto evocare il passaggio dalla giovinezza all’età adulta, che investe, appunto, un arco temporale, carico di alti e bassi, che non si dà un giorno per l’altro”.

Nel tempo trascorso tra i boschi e là dove la vegetazione finisce, i tre ragazzini e una ragazza crescono e cambiano, confrontandosi con le proprie paure ma anche sogni e diversità. Nel cibo cucinato “alla meglio”, che si sono dovuti procurare da soli, perso ormai il pasto fumante servito all’orfanotrofio; nel giaciglio improvvisato che si costruiscono, lontani dalla comodità di un letto caldo; dandosi un nuovo nome: i giovani si scoprono capaci di vivere da soli e di scegliere, come fanno i grandi. 

E al pari degli adulti, perdono forse un po’ di quell’immaginazione e capacità di sognare che li aveva portati ad abbandonarsi all’avventura. Imparano a tacere e rendersi invisibili. Già invisibili, simili, in questo, a quelle figure – le suore – che li hanno sempre accuditi ma senza essere mai state davvero presenti. 

Alessio Pizzicannella, romano di origine e locarnese di adozione, riesce a descrivere questo percorso di formazione e trasformazione che è una dipartita dall’innocenza giovanile al mondo di responsabilità e gravosità degli adulti. Come in una sceneggiata di un film, senza cadere nel nostalgico, o addirittura nel sentimentalismo, “Rito di passaggio” mette il lettore di fronte ad azioni e scelte, talvolta impulsive, altre volte meglio argomentate e porta a riflettere su quella chiamata alla maturità che la nostra società occidentale richiede ai giovani senza, troppo di frequente, accompagnarli a diventare grandi.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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