Sanremo 50 anni dopo

Quest’anno ricorre un importante anniversario per la comunità LGBT italiana. Era il 5 aprile 1972 quanto circa 40 tra uomini e donne si presentarono davanti al Casinò di Sanremo, sede del Congresso internazionale di sessuologia con cartelli (tra cui «Psichiatri, siamo venuti a curarvi», «Normali, normali» e «Primo e ultimo congresso di sessuofobia») e gridando slogan. Fu la Stonewall italiana, come diversi osservatori la definirono e in ricordo ai moti di Stonewall a New York nel 1969. Motivo? Il Centro Italiano di Sessuologia, di ispirazione cattolica, aveva organizzato nella città ligure un convegno su omosessualità e terapie riparative per “curarla” e debellare un orientamento sessuale dalla società ritenuto ancora una malattia psichiatrica. Era l’epoca post-sessantottina e della contestazione collettiva e le associazioni gay e lesbiche italiane non stettero a guardare: l’ennesimo gruppo che vedeva l’essere omosessuali come una malattia da curare doveva ricevere un segnale forte, eclatante. Arrivarono anche associazioni e attivisti da tutta Europa sulla Riviera ligure per far sentire la propria voce. Pride o rivolta, fu certamente la prima manifestazione contemporanea in Italia contro l’omofobia. Altri lo ritennero il primo «Gay pride» nazionale, per manifestare l’orgoglio omosessuale. In primo piano Mario Mieli, intellettuale e scrittore milanese di origini ebraiche, controverso e ispirante attivista omosessuale nell’Italia degli anni ’70, tra i fondatori del movimento omosessuale marxista FUORI! (Fronte unitario omosessuale rivoluzionario italiano). Erano presenti l’attivista lesbica Mariasilvia Spolato e Angelo Pezzana, altro fondatore del Fuori!, che riuscì ad entrare nella sala congressuale ed intervenire: «Sono un omosessuale e sono felice di esserlo» davanti al pubblico sbigottito. Tra questi lo psichiatra inglese Philip Feldmann, alla ribalta delle cronache di allora per le sue terapie con elettroshock sulle persone omosessuali, da lui stesso descritte così:

«Si proietta una diapositiva di un uomo nudo visto di spalle davanti ad un omosessuale. Se questi indugia più di otto secondi ad ammirarla riceve una scossa, un piccolo shock, attraverso gli elettrodi applicati ai polpastrelli. Poi la diapositiva dell’uomo scompare sostituita da quella di una bella donna anch’essa nuda. In questo caso l’omosessuale non riceva alcuna scossa.»

I congressisti decisero di chiamare la polizia, rendendo così memorabile l’evento. Le forze dell’ordine sequestrarono i cartelli ai militanti e una decina di essi furono identificati, portati in commissariato e denunciati per manifestazione non autorizzata. L’effetto della contestazione fu enorme. I grandi quotidiani nazionali riportarono la notizia corredata dalle immagini all’opinione pubblica italiana che, per la prima volta, si interrogò sul significato delle richieste e delle proteste di quei manifestanti. La stessa RAI riprese la manifestazione ed inserì il servizio in una puntata speciale. Dopo questo successo il Fuori! sarebbe cresciuto per numero di militanti, trovando spazio per esprimersi nella rivista del gruppo intitolata “FUORI!” il cui primo numero uscì nel giugno 1972. In quell’occasione purtroppo l’attivista Spolato fu intervistata, dando il proprio nome e cognome, al Corriere della Sera, dopo che aveva partecipato ad alcune manifestazioni a Roma e dove era stata ripresa dalla televisione. Questo portò il Ministero dell’Istruzione italiano a licenziarla con la motivazione di essere “indegna” all’insegnamento universitario per il suo orientamento sessuale.

Quella data fu l’inizio dell’attivismo LGBT italiano contemporaneo e della lotta per il riconoscimento dei diritti civili.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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