Tesla: da icona ecologista a simbolo del neonazismo

Possedere una Tesla, sfoggiarla per strada e davanti agli amici, ancora incerti sul compiere il grande salto verso la motorizzazione elettrica, è stato per un certo periodo piuttosto “cool”.

La linea sinuosa e inconfondibile, il loro sostare pazientemente lungo le colonnine di ricarica di quasi ogni stazione di servizio, sono certa che, per un po’, ha fatto provare ai proprietari quel solletichino interiore tra l’orgoglio e la presunzione di essere quelli “giusti”, che hanno manifestato il loro contributo all’ambiente con un atto pratico e ben ostentato.

Anche noi, ammetto, siamo stati tentati quasi fino all’ultimo all’acquisto. Tutto, nel nostro bilancio di pro e contro, pendeva a favore di quel mezzo visionario, efficiente, con l’autonomia più lunga tra le varie alternative analizzate. Fondamentalmente la lista dei contro era vuota, se non per un dettaglio: il nome del fondatore del marchio.

Era circa un anno fa, quando ancora Biden sembrava intenzionato a riproporsi per il nuovo mandato alla Casa Bianca e quasi nessuno credeva realmente che il futuro distopico, che in pochi vagheggiavano tanto per ridere, potesse diventare l’attuale governo degli Stati Uniti. Eppure già qualcosa stonava, portandoci a procrastinare la scelta, nonostante offerte sempre più allettanti, fino a desistere. Non ci sentivamo a nostro agio all’idea di associare il nostro veicolo al nome di Elon Musk.

Neanche un anno dopo la situazione si è completamente ribaltata. Negli Stati Uniti, se hai una Tesla, ora hai un problema. La maggior parte dei proprietari che non appoggiano il governo di Trump e del “Presidente Musk”, come viene sempre più spesso chiamato, è costretto a correre ai ripari con adesivi che portano le scritte: “Ho acquistato una Tesla prima di sapere che Elon fosse pazzo”, oppure “Anti Elon, Tesla club”. Questo per evitare di incorrere in atti vandalici, sempre più frequenti ai danni dei vari modelli e in certi casi delle stesse sedi dell’azienda, come è successo anche in Europa.

Il creatore di questi adesivi per auto dice che ne vende fino a duecento al giorno. Su Amazon è diventato il quarto adesivo più venduto, battendo anche quelli della campagna elettorale di supporto a Harris o a Trump.

Fino a poco prima dell’amicizia con Donald Trump i progressisti adoravano Musk. Lo vedevano come l’uomo che aveva sdoganato e reso “cool” le auto elettriche, facendo un gran favore all’ambiente, una sorta di eroe ecologista. Dove poi lo abbia portato la sua progressiva radicalizzazione a destra con conseguente deriva politica è già storia.

E ora neanche gli adesivi bastano più. In California, per esempio, la frustrazione anti Musk si è incattivita, con proteste sempre più aggressive. Le Tesle parcheggiate vengono vandalizzate e sul parabrezza si trovano volantini con su scritto: Vendila subito o te la distruggiamo. Non c’è spazio qui per le auto naziste.

Per anni la Tesla è stata un must, soprattutto nella Silicon Valley. Era l’auto da avere se volevi mostrare che ti stava a cuore il cambiamento climatico, il mezzo di trasporto simbolo dei progressisti statunitensi. Poi è cominciato il processo di radicalizzazione del patron di Tesla che lo ha portato fino al punto di donare, come ben sappiamo, 280 milioni di dollari alla campagna repubblicana di Donald Trump, ricevendo in cambio una “speciale poltrona” nello studio ovale a controllo di un finto dipartimento col nome di un meme.

Quel che è seguito alle elezioni americane ha soltanto consolidato gli intenti anti ecologisti e negazionisti che Trump aveva cominciato ad accennare nel suo precedente mandato e che ora sembra fortemente motivato a mettere in pratica il prima possibile: dall’uscita dall’ Accordo di Parigi al tanto menzionato “oro nero” , declamato nei comizi in pieno stile far west.

La reazione non si è lasciata attendere troppo. La celebre cantante americana Sheryl Crow, per esempio, ha postato un video in cui documenta l’addio alla sua Tesla, mentre il carro attrezzi se la porta via sulle note di “Con te partirò” di Andrea Bocelli.

“Ormai avere questa macchina” ha detto un intervistato, “È come avere un cappello Make American great again con le ruote”.

Nel 2024 Tesla ha avuto il primo declino di vendite da dieci anni. A gennaio le vendite in Germania sono scese del 59%, in Francia del 63%.

È interessante osservare l’evoluzione semiotica che può subire un oggetto: da icona ecologista e radical chic a mezzo del diavolo neo nazista.

Ora che i progressisti hanno perso totalmente interesse verso il veicolo e i repubblicani tanto amici di Musk continuano evidentemente a preferire i ruggiti dei Pick up a gasolio, a chi si rivolgerà l’uomo più ricco del mondo per convincerli a convertirsi all’elettrico?

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