Tra scetticismi e paure l’Intelligenza Artificiale intanto salva vite umane

“I carri a motore spaventano i cavalli”, “la radio ammorbidisce il cervello”, “Gli aeroplani? Non scalzeranno mai i dirigibili”. Queste sono solo alcune delle critiche e previsioni che si possono trovare sul sito Pessimists Archive (https://pessimistsarchive.org/) in cui sono state raccolte tutte le “paure per le cose vecchie quando erano nuove”. Una sorta di rassegna stampa di giornali che registravano le prime reazioni della società rispetto alle innovazioni che ora diamo per scontate.

Come il fondatore Louis Anslow conferma. “La nuova tecnologia si manifesta la prima volta come tragedia e la seconda, se non proprio come farsa, almeno come commedia. Col tempo ciò che atterriva finisce per tranquillizzare.”

Naturalmente l’ Intelligenza Artificiale, di cui l’archivio dei pessimisti non si occupa ancora, è il nuovo terreno di battaglia. Anslow interpellato su questo argomento risponde: “Mi definisco un accelerazionista difensivo, nel senso che i danni che avremo nel limitare la ricerca sarebbero maggiori dei vantaggi. Quante persone potremmo salvare con l’IA? Nessuno ne parla e tutti si concentrano sui rischi tipo Terminator”.

Ed è a questo proposito che riporto una storia che ha del sorprendente e che penso possa aiutare a dare un quadro più vasto e sfaccettato dell’impatto migliorativo che l’IA potrà avere sulle nostre vite.

Joseph Coates ha 37 anni e una malattia rara che si chiama “Poems” , come “poesie” in inglese. È una patologia del sangue che gli ha provocato diversi problemi tra i quali l’ingrossamento del cuore e insufficienza renale. Ogni giorno viene sottoposto a drenaggi di litri di liquido dal suo addome. È troppo malato per tentare con l’intervento delle cellule staminali che, in ogni caso, non lo guarirebbero, mantenendo solo in remissione la malattia. Finché un giorno i medici pongono a Coates un’ultima opzione: morire in ospedale o morire a casa propria.

La sua fidanzata decide di tentare ancora un’ultima strada e manda una mail alla persona giusta che interpella l’Intelligenza Artificiale e in poche ore trova la soluzione e salva la vita di Joseph.

Questo è potuto avvenire grazie a un “riposizionamento” che in gergo medico significa utilizzare un farmaco che ufficialmente è stato studiato per una patologia specifica, per curare un’altra patologia.

Ma prima di qualsiasi strumento tecnologico il merito di questa vita salvata va sicuramente a Tara, la fidanzata di Joseph, che tra le varie mail inviate ha contattato anche il dottor David Fajgenbaum, un esperto di riposizionamenti di farmaci che anni prima aveva sperimentato anche su se stesso. All’età di 25 anni infatti, mentre era ricercatore al Penn Medicine, uno dei principali centri  medici accademici al mondo, gli era stata diagnosticata una malattia rara chiamata Castleman. Nel 2014 non c’era ancora l’IA, ma Fajgenbaum tentò comunque su se stesso un trattamento sperimentale con un farmaco inibitore, utilizzato per prevenire il rigetto dopo un trapianto di rene e funzionò. Da allora la sua malattia è in remissione.

Nel 2022 Fajgenbaum ha fondato una no-profit chiamata Every Cure, volta a utilizzare l’apprendimento automatico per confrontare migliaia di farmaci e malattie contemporaneamente. Ora presso il laboratorio in cui opera il suo team vengono esaminati 4.000 farmaci con 18.500 malattie.

Per ogni malattia i farmaci ottengono un punteggio basato sulla probabilità di efficacia. Una volta fatte le previsioni un team di ricercatori le esamina per trovare possibili terapie, esegue test di laboratorio oppure contatta medici disposti a provare i farmaci sui pazienti che spesso, come Coates, non hanno altre alternative. Ricerche simili sono effettuate in altre Università, non solo statunitensi, ma anche in Giappone e Cina

Il motto della fondazione è: “Sbloccare il potenziale nascosto dei farmaci esistenti per salvare vite umane”. Per fare questo però è necessario tempo, troppo per delle modeste menti umane. La comparazione dei principi attivi con tutti i dati a disposizione sui loro effetti, combinati insieme richiederebbe decenni di studio e ricerca. Serve qualcosa con una capacità di analisi e calcolo sovrumana. Qui entra in scena lei: L’Intelligenza Artificiale.

 In pratica setaccia tutto ciò che esiste: medicine, malattie, rimedi, terapie e disturbi e tira fuori le correlazioni, in modi molto più brevi ed efficaci di quanto potrebbe fare un team di esperti.

Ed è quello che è successo con Joseph Coates. Il dottore ha risposto la mattina seguente suggerendo una combinazione non convenzionale di chemioterapia, immunoterapia e steroidi, mai testata come trattamento per la sindrome di Poems. Naturalmente, non è stato lui a generare quella combinazione. Il paziente non soltanto è uscito dal rischio imminente di morte ma a comparare le foto un anno dopo, quando con la fidanzata è andato a trovare e a ringraziare il dottor Fajgenbaum a Filadelfia sembrava rinvigorito e in perfetta salute.

“Questo è un esempio di IA di cui non dobbiamo avere paura, di cui possiamo essere davvero entusiasti”, ha affermato il dott. Grant Mitchell, un altro co-fondatore di Every Cure e compagno di corso di medicina del dott. Fajgenbaum. 
Il problema? Stando a quanto affermato dallo stesso dottor Fajgenbaum, c’è un tema industriale ed economico: “Se usi l’IA per creare un nuovo farmaco, puoi guadagnare un sacco di soldi da quel nuovo farmaco. Se usi l’IA per trovare un nuovo uso per un vecchio farmaco poco costoso, nessuno ci guadagna niente.”
Questo credo sia l’aspetto più problematico e inquietante di cui facciamo bene a preoccuparci: il binomio IA e profitto, che naturalmente è estendibile a qualunque ambito, da quello culturale e creativo che spaventa tanto a quello medico, per non parlare di quello bellico e geopolitico.

Ma questo non dipende dal singolo consumatore di servizi tecnologici e sarà solo il tempo a mostrarci quanto i sistemi saranno stati bravi a regolamentare e introdurre controlli nell’utilizzo di questa potentissima e potenzialmente inarrestabile innovazione.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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