Troppo libera per piacere

Ho visto di recente il film pluripremiato e pluricandidato agli Oscar di cui tutti parlano: Poor things di Yorgos Lanthimos e non posso non spendere anch’io qualche parola su questa opera cinematografica magistralmente diretta e interpretata. 

Intanto un “Emma Stone, Oscar subito!” è doveroso e giusto, perché la sua interpretazione di Bella Baxter entrerà nella storia del cinema come uno di quei personaggi a sé, unici e inarrivabili, come Forrest Gump o Jack Torrance di Shining.

Premessa fatta, passiamo alle sensazioni che mi ha lasciato questo film appena uscita dalla sala: un’inquietudine fastidiosa giustificata dalla mancanza totale di empatia o coinvolgimento emotivo nei confronti della protagonista della storia. 

Mi ha sorpreso questa mia reazione e ho provato a ragionarci su, dopo essermi confrontata con altre persone che hanno provato lo stesso freddo distacco da Bella.

Sono arrivata alla conclusione che era proprio questo l’obiettivo del regista: metterci di fronte alla nostra stessa limitatezza di non poter empatizzare con una donna così libera. 

Non siamo culturalmente abituati a vedere o leggere di eroine che non siano anche vittime di qualcosa o qualcuno, donne che soffrono terribilmente ed è proprio da questa sofferenza che scaturisce la forza per emanciparsi. Solo a quel punto tutto ciò che l’eroina compie, per quanto crudele o contraddittorio, può essere accettato e compreso. Merita la sua rivalsa, sembrano raccortarci le storie a cui siamo abituati, la sua fetta di gioia, di libertà, di amore, quel che sia, perché ha pagato il prezzo.

Non è questo il caso di Bella Baxter, creatura che non strizza solo l’occhio all’opera di Mary Schelley, Frankestein, ma sembra quasi volerci suggerire una sorta di proseguo al femminile o piuttosto una versione parallela dell’altro sesso. 

Siamo nella Londra vittoriana e il medico e scienziato Godwin Baxter rimette in vita una giovane donna incinta che si era suicidata buttandosi nel Tamigi. Lo fa però impiantandogli il cervello del feto morto con lei. 

Seguiamo dunque la vita di Bella che si sviluppa come quella di una bambina piccola che deve imparare il linguaggio, la coordinazione dei movimenti e a gestire anche i suoi bisogni fisiologici, dentro però il corpo di una donna adulta. 

Il suo sviluppo sarà rapido e inesorabile come la percezione dello spazio, che tra le mura della casa “paterna” le appare sempre più stretto. Bella vuole conoscere il mondo e decide di partire con l’avvocato donnaiolo Duncan Wedderburn, dopo aver ricevuto il consenso di Godwin che non vuole privarla del libero arbitrio. 

Da qui parte il viaggio esterno ed interno di Bella che raggiungerà Lisbona e poi Parigi, per tornare infine a Londra richiamata dal suo creatore ormai in fin di vita. 

Durante questa lunga permanenza a fianco di Duncan Bella prenderà piena coscienza del suo corpo e dei piaceri del sesso, sul quale il film indugia molto, per poi passare alla scoperta dei libri e in particolare della filosofia, attraverso nuovi personaggi che entreranno come arcieri sulla sua scacchiera, per completare il suo percorso di comprensione di tutta la sfera delle emozioni umane, dalla compassione alla tristezza. 

Il messaggio dietro a questo cerchio che si richiude da dove tutto è partito appare molto chiaro: nessuna creatura ci appartiene e una volta data la vita non possiamo che scostarci e lasciargli varcare la soglia del mondo, unica via per trovare la propria strada. 

Il fatto che questo concetto sia stato messo in scena attraverso una creatura femmina, apparentemente incapace di affrontare la realtà da sola, perché troppo fragile e ingenua, proprio come un bambino, turba inizialmente ed è forse l’unico momento di tutto il film in cui si prova un po’ di apprensione per Bella. 

Ma non ci vuole molto per perderla di fronte alla sua meraviglia, prepotente e determinata, che vuole conoscere tutto, provare tutto, totalmente priva di qualunque retaggio sociale o inibizione. 

Lei non appartiene al mondo delle donne, non ne sa nulla, non ha subito nessuna educazione di genere, non è stata contaminata dalle etichette culturali né da nessuna discriminazione. 

È un essere puro, passato da un involucro neutro e protetto al mondo intero, con tutte le sue contraddizioni e meraviglie.

Persino nel capitolo in cui a Parigi, senza più un soldo, decide di intraprendere la strada della prostituzione, non appare mai una vittima. Tutto ciò che fa è frutto di una decisione cosciente, non influenzata da nessun altro ed è un pretesto per apprendere qualcosa, accostandosi con un occhio osservatore, quasi scientifico come quello del suo padre-creatore.

C’è una frase significativa che le dice la proprietaria del bordello in cui lavorerà che è: Bisogna sperimentare tutto del mondo, anche il degrado e l’orrore, solo così il mondo sarà tuo”.

Ed è proprio quello che fa Bella nel suo viaggio, a dispetto di tutti i personaggi maschili che ruotano intorno a lei e che, in modalità differenti vogliono tutti rinchiuderla: a partire dal padre che non vorrebbe farla uscire fuori dalla loro tenuta, a Max, l’assistente del medico, che innamorato di lei vorrebbe proteggerla sposandola, al donnaiolo Duncan che non appena comincia a percepire di non avere pieno controllo su di lei impazzisce letteralmente, fino al suo ex marito, che compare solo alla fine del film, avvisato da Duncan della “resurrezione” della moglie suicida. 

Serve tutta la parabola del suo percorso di apprendimento per capire che il titolo del film “Povere creature” non è riferito a lei ma a noi. Siamo noi esseri umani, tutti, povere creature, ai suoi occhi, quelli di Bella che ci osserva e cerca di comprenderci con il suo viso glaciale e inespressivo. 

Siamo evidentemente di fronte a un film che spinge il tema del femminismo su piani nuovi, cui non siamo ancora abituati, inserendolo in un contesto grottesco e visionario che è la cifra stilistica di Lanthimos. Il risultato è una figura femminile quasi mitologica, inquietante e seducente allo stesso tempo, incontrollabile e inafferrabile, che turba e diverte e che merita tutto il successo che sta raggiungendo.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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