Che fine fanno gli alberi di Natale, quelli “veri”, dopo che le feste sono finite? Me l’hanno chiesto i miei figli mentre stavamo percorrendo quegli oltre 900 chilometri che separano la cittadina italiana dove avevamo trascorso alcuni giorni durante le feste natalizie e la nostra casa in Belgio. In auto, avevamo da poco passato i castelli di Bellinzona: davanti a noi le montagne (poco innevate) che separano il Canton Ticino dalla “Svizzera interna”. Qualche chiazza bianca qua e là, alcuni rivoli d’acqua e poi tanti sempreverdi. Da anni possediamo un abete finto, che ogni anno e puntualmente decoriamo a inizio dicembre e poi, con l’Epifania, riponiamo in un angolo dimenticato della cantina. Non è una scelta, quella dell’abete sintetico, particolarmente enviromental friendly, ovvero attenta all’ambiente dato che per realizzarne uno di medie dimensioni si emettono nell’atmosfera ben35 kg di anidride carbonica – a nostra discolpa, il nostro abete ha la veneranda età di quasi due decenni e intendiamo tenerlo con noi almeno un’altra decina di anni o due, per renderlo quanto più eco-friendlypossibile…
Ma per tornare alla domanda emersa durante il viaggio tra le Alpi svizzere, cosa succede a tutti quegli abeti veri (ma senza radici) dopo Natale? Ci vogliono tra gli otto e i dieci anni affinché un albero cresca fino a raggiungere i 180 centimetri di altezza: non c’è allora per quegli abeti destino più “romantico” se non l’essere gettati e smaltiti come rifiuti verdi, come buccia di mela, come foglie secche?
A casa ho fatto un po’ di ricerca e ho scoperto che ci sono diverse città dove gli alberi invenduti trovano un nuovo utilizzo nei recinti degli animali degli zoo… Se gli alberi non sono stati trattati in alcun modo con prodotti per renderli più brillanti e scintillanti, ad esempio, essi possono essere destinati a varie specie di animali: elefanti, cammelli, alpaca e lama, come pure antilopi e altri ungulati. Gli aghi dei sempreverdi possono essere offerti come una gustosa merenda in aggiunta al cibo regolarmente distribuito agli animali; ai grandi felini piace annusare o strofinarsi contro i tronchi degli alberi di Natale; gli elefanti apprezzano “lanciarsi” sugli alberi con la schiena. Gli abeti sono entrati nel menù degli animali dello zoo di Berlino, Zurigo, Praga e della cittadina francese Thoiry.
Nelle zone costiere degli Stati Uniti, devastate dagli uragani e dall’erosione, invece, gli alberi di Natale avanzati possono essere fissati insieme, picchettati e utilizzati per intrappolare la sabbia, creando dune che sono proprio la prima linea di difesa durante le tempeste tropicali dal momento che sono in grado di assorbire l’impatto dei venti e delle onde distruttive. Anche riciclare gli abeti lasciandoli cadere sui fondali dei laghi aiuta la biodiversità locale: proprio in Canton Ticino, ad esempio, adagiati sui fondali del Ceresio gli alberi vanno a ricreare ambienti acquatici idonei alla riproduzione del pesce persico.
Ho cercato esempi recenti di posti che offrono una “nuova vita” agli abeti natalizi in Italia e in Belgio, paesi di inizio e arrivo del mio viaggio natalizio, ma non ne ho trovati. Ho cercato male io?