Il mio buon proposito più grande per il 2024 è riuscire ad acquistare una piccola poltrona da lettura, che sistemerei in uno specifico angolino in camera da letto, tra la finestra e la cassettiera.
La vorrei comoda, ma soprattutto in uno stile e di un colore che non necessariamente si abbinino al resto dell’arredamento.
Vorrei trovare il coraggio di non sentirmi in colpa se piacerà solo a me, se stonerà con il resto e non troverà una collocazione chiara nell’equilibrio studiato di tutto ciò che ha trovato posto nella nostra casa prima di lei.
Perché l’obiettivo di questa poltroncina non è uniformarsi al resto, armonizzando lo spazio, ma prenderselo, definendolo solo come “il suo spazio”.
Ho bisogno di un oggetto che mi ospiti, diventando un luogo intoccabile; un oggetto simbolico che per chi mi vedrà lì seduta significherà: sta leggendo, sta scrivendo, sta pensando, non va disturbata.
C’è già una sedia in quell’angolo, dove spesso mi rifugio a cercare silenzio per leggere quando tutte le altre stanze della casa sono occupate da attività ben più prioritarie delle mie; ma viene spesso ricoperta di vestiti che non si ha voglia di risistemare negli armadi, perdendo così tutta la dignità del suo ruolo: sottrarmi dai miei ruoli, chiuderli fuori e lasciarmi solo me.
Certo una stanza, come quella entrata nella storia della letteratura grazie a Virginia Woolf, non verrebbe disdegnata, ma i buoni propositi credo debbano essere anche realistici. Sarà più arduo, senza porte, far comprendere i confini.
All’inizio verrò chiamata dai miei bambini a oltranza, dalle altre stanze, finché non ricevendo risposta, spunteranno le loro testoline curiose e probabilmente anche un po’ seccate per essere stati ignorati. A quel punto dovrò mostrarmi estremamente determinata, definendo quella porta invisibile che separa il mio restare seduta, che significa non raggiungibile, e il mio alzarmi, che significherà: ora ti sento.
È più facile nascondersi in bagno, scappare alla vista con la scusa di dover buttare la spazzatura, sognare fughe lunghe, in luoghi remoti e molto silenziosi. Ma non possiamo scappare, o meglio non è così che ci riapproprieremo di noi. Perché lo faremmo con la costante paura del ritorno e della certezza che tutto è solo parzialmente sospeso, in attesa del nostro pentimento, del nostro tornare esattamente nello stesso mondo che abbiamo lasciato.
Non è scappando che percepiranno la nostra voce di protesta, solo la nostra fragilità, flagellata sotto i sensi di colpa.
È restando e conquistando un angolino per volta che saremo viste con occhi nuovi, riconosciute nella nostra determinazione a esigere ciò che ci spetta, a non soprassedere su una “stupida poltrona” perché ci sono cose più importanti o più urgenti di cui occuparsi.
Ci sono ovunque, in ogni spazio vissuto dalle donne poltroncine da collocare, confini da ridefinire, tempo legittimato e azioni importanti che vanno riconosciute.
Vorrei quindi che questo mio buon proposito si faccia augurio per tutte voi, per le vostre battaglie silenziose o rumorose che state combattendo.
Vi auguro una poltrona fluorescente, verde mela, glitterata, fuxia o maculata, perché no? Sceglietela perché vi piace, solo per questo, senza pensare a chi debba approvarla, se starà bene dove deve stare, se non sarà troppo, forse.
Sceglietevela e portatevela a casa, al lavoro, all’università, per strada.
Non sarà facile all’inizio, nessuno capirà perché ve ne state lì sedute senza rispondere, ma poi quella determinazione a continuare a occupare quello spazio, verrà sempre più notata e riconosciuta, fino a diventare legittima.
E non sarà più solo una appariscente poltrona ma la vostra persona a essere vista e rispettata, come tutte meritiamo.
Più poltrone per tutte, allora! No, non ho ricevuto proposte pubblicitarie da parte di nessun mobilificio per scrivere questo articolo, ma spero di vedervi in tante nel 2024, a scegliere divertite il vostro spazio e ad arredarlo come meglio credete, per voi.