Allevamenti intensivi? La Svizzera al voto

di Mauro Balboni (*)

Proprio mentre iniziavo ad informarmi sui temi delle prossime votazioni popolari, mi giunge richiesta – da parte dell’amico Alessandro di Sconfinamenti – di approfondirne uno in particolare, e cioè l’Iniziativa popolare «No all’allevamento intensivo in Svizzera (Iniziativa sull’allevamento intensivo)». Vediamo assieme di che si tratta.

In breve, la proposta si articola su due punti principali: per prima cosa il principio che la tutela degli animali da reddito sia espressamente sancita dalla Costituzione Federale: per secondo, l’adozione di requisiti minimi – più severi di quelli oggi vigenti – in materia di ricovero e cura rispettosi degli animali, di accesso a spazi esterni, di macellazione nonché relativi alle dimensioni massime del gruppo per stalla. Relativamente al “come” attuare i cambiamenti, in caso di vittoria dei “Sì” gli allevamenti dovranno essere adeguati, come minimo standard di riferimento alle attuali norme dell’associazione Bio Suisse (sia in territorio svizzero che per i prodotti animali o contenenti prodotti di origine animale importati in Svizzera). Per il testo esatto in votazione si rimanda al sito: https://www.admin.ch/gov/it/pagina-iniziale/documentazione/votazioni/20220925.html.

Come sempre, ci sono sia argomenti a favore dell’iniziativa, sia situazioni che danno adito a qualche perplessità. Vediamone alcuni. Preciso intanto che, dove non indicato diversamente, i dati e le informazioni riportati sono presi dal Rapporto Agricolo 2021 ( https://www.agrarbericht.ch/it).

A mio parere ci sono pochi dubbi che, nel complesso, il benessere degli animali verrebbe migliorato in caso di recepimento della proposta da parte della popolazione (vittoria del “Sì”). Questa è un’importante considerazione dal punto di vista etico (anche perché i dati degli ultimi 20 anni dimostrano che la concentrazione di animali per singolo allevamento è in crescita, soprattutto nel settore avicolo e suinicolo). Si può però anche affermare che l’iniziativa sia “estrema” nel caso di molti allevamenti (secondo il Consiglio Federale, che invita a votare “No”, addirittura per oltre il 90% di essi), nel senso che gli standard attuali sono già rispettosi del benessere animale. Certamente, nel corso degli anni le cose sono migliorate: per esempio, due terzi dei bovini in Svizzera sono oggi allevati in stabulazione libera (nel 2003 era il contrario, due terzi erano in stabulazione fissa, secondo l’Ufficio Federale di Statistica); credo che questo sia evidente a tutti intraprendendo un semplice giro con qualunque mezzo nelle regioni del Mittelland e delle Alpi. Anche per il pollame, l’allevamento all’aperto già assicura un elevato standard di benessere animale. Probabilmente, l’area che più necessita di modifiche è quella dell’allevamento suino, nel quale la stabulazione fissa è diffusa. Da notare che – relativamente alla % di animali che hanno già ora la possibilità di muoversi – esistono notevoli discrepanze tra i dati usati dal Consiglio Federale, e dalle categorie economiche sostenitrici del “No”, e quelli usati dal comitato promotore. In definitiva, per il generale benessere animale e da un punto di vista etico il voto da dare è chiaramente “Sì”. Veniamo alle perplessità (da parte di chi scrive, e non solo).

La prima è nell’inserimento nel testo  della Costituzione Federale del riferimento specifico all’associazione Bio Suisse. In caso di vittoria del “Sì”, infatti, l’articolo 197.13.2 reciterebbe testualmente: «La legislazione d’esecuzione deve stabilire requisiti relativi alla dignità dell’animale che corrispondono almeno a quelli delle direttive Bio Suisse 2018». Bio Suisse è l’associazione svizzera dei produttori di agricoltura biologica. Si tratta di un’associazione privata, detentrice del marchio registrato c.d. “Gemma”. Gli stessi promotori si incaricano di spiegare  (forse avendo essi stessi colto un potenziale problema?) che «I requisiti di Bio Suisse vanno intesi come guida per la messa in esecuzione minima dell’iniziativa e non come obiettivi concreti» (si veda a: https://allevamento-intensivo.ch/iniziativa/testo-dell-iniziativa/ in data 27/8/2022). Personalmente, io ritengo inopportuna (e lascio a esperti costituzionalisti una lettura più tecnica) l’inclusione nel testo costituzionale, a qualsivoglia titolo e anche solo come esempio, del riferimento specifico ad un’associazione privata che tutela un marchio commerciale. Che oltre a tutto andrebbe a rendere di fatto illegali altri sistemi di allevamento che, pur non corrispondendo esattamente a quelli dell’agricoltura biologica, non possono essere definiti “intensivi” e, peraltro, assicurano già standard di dignità e rispetto agli animali.

La seconda perplessità riguarda un possibile aumento delle importazioni di prodotti animali. La vittoria del “Sì” comporterebbe quasi per default una diminuzione del numero di animali allevati in Svizzera. Ma il consumo di carne o prodotti animali in genere si adeguerà automaticamente? In realtà, prendendo ad esempio la carne, nonostante esista nella società un dibattito sul consumo eccesivo di proteine animali e sul loro costo ambientale, il consumo pro capite è rimasto stabile dall’anno 2000 in poi, con modeste oscillazioni (nel 2021 è sui 51 kg a testa; come riferimento, si tratta del doppio di quanto le raccomandazioni nutrizionali consiglierebbero di mangiare). Dal 2000 ad oggi, il consumo di cane di pollo è aumentato del 50%. In questo contesto, è perfettamente possibile che la Svizzera dovrà importare più prodotti animali di quanto faccia oggi (la quota attuale è sul 26% del totale; in generale, la Svizzera importa quasi il 50% di quello che mangia).

Questo argomento si collega con un’altra perplessità: l’esecuzione dei controlli sui prodotti importati (sia in caso di importazioni commerciali che di “turismo degli acquisti”). In caso di vittoria dei “Sì”, i prodotti animali importati (come tali o come componenti di prodotti trasformati, ad esempio yogurt o cioccolata) dovranno corrispondere ai sistemi di allevamento vigenti in Svizzera e quindi almeno ai criteri di Bio Suisse. Le autorità preposte controlleranno davvero gli standard di allevamento nei siti di produzione in altri paesi? O si limiteranno a verificare all’importazione, con controlli campione, che le importazioni siano in qualche modo certificate secondo criteri “analoghi” o “simili” a quelli di Bio Suisse? Tutto questo in un contesto nel quale i prodotti di importazione potrebbero rimanere comunque concorrenziali (per esempio, gli alimentari bio in Germania e Austria sono molto meno costosi che in Svizzera – si veda Bio-Produkte-für Schweizer ein Luxus, NZZ, 19 maggio 2021). In altre parole, ci stiamo forse illudendo di risolvere il problema esternalizzandolo, almeno in parte, fuori dalla Confederazione senza tenere conto della difficoltàdi implementazione dei controlli?

In definitiva, alla estrema semplificazione sempre insita in un quesito referendario rispetto a temi così complessi sarebbe stata preferibile, a mio avviso, un’iniziativa legislativa parlamentare atta a risolvere le criticità indubbiamente ancora esistenti (ho menzionato l’allevamento suino a stabulazione fissa, come esempio di un’area in cui i criteri di benessere animale possono essere migliorati). Vale la pena ricordare come ormai praticamente ogni anno si vota su temi che riguardano alimentazione e produzione del cibo. In un contesto nel quale due terzi della superficie utilizzabile svizzera sono comunque utilizzati per la produzione di proteine animali, ci si chiede se, invece che iniziative scollegate tra loro, non sia arrivato il momento per definire un piano complessivo – diciamo un’agenda per il futuro del cibo e dell’utilizzo del territorio e delle risorse – che stabilisca un indirizzo comprensivo e condiviso (certamente recependo anche le istanze di benessere animale) per affrontare le sfide che, inter alia, l’evoluzione dei mercati agroalimentari globali e il cambiamento climatico porranno alla sicurezza alimentare anche in Svizzera.

(*) Mauro Balboni è un esperto internazionale nel settore dell’agroindustria. I lettori di Sconfinamenti hanno già potuto leggere e apprezzare la presentazione della sua recente pubblicazione “Il pianeta dei frigoriferi e il futuro del cibo” (https://sconfinamenti.info/il-pianeta-dei-frigoriferi-e-il-futuro-del-cibo/) Sconfinamenti gli ha chiesto una riflessione sulla prossima iniziativa popolare in votazione in Svizzera e lo ringrazia per il suo contributo.

 

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