Bruxelles: ci rivediamo tra 10 anni

Era la fine degli anni ’60 late quando la Manhattan di Bruxelles prese forma. Progetto ambizioso, troppo forse. L’idea era semplice: creare un quartiere di uffici e attività di business nella parte nord della città. E farlo partendo “da zero”, nel senso di “radere al suolo” il vecchio per lasciare spazio al nuovo; il tutto costringendo migliaia di famiglie a lasciare le proprie abitazioni, che vennero poi demolite per fare spazio a un vasto perimetro necessario alla costruzione di due torri (28 piani) davvero gigantesche per una città come la capitale belga. Insomma, un World Trade Center nel cuore dell’Europa, pullulante di attività finanziarie. Un continuo via vai di manager, assistenti manager, portaborse dei manager. Ma solo durante il giorno.

Perché di sera, questo centro finanziario si svuota di gente in vestito giacca. E quelle vie (dove anche di giorno la luce naturale fatica ad arrivare per il cemento che sovrasta la terra) con il calar del sole diventano uno spazio abitato da ombre ben poco rassicuranti. Senzatetto disperati. Minori non accompagnati (se ne parla al GR dal Belgio, qui). Gente sfruttata dalla piccola criminalità organizzata.

Ma le cose stanno per cambiare.

Sul tavolo del governo ci sono piani concreti per ridare dignità e rivalutare il quartiere. L’esempio più virtuoso si chiama ZIN e ruota attorno proprio alle Torri 1 e 2 del World Trade Center, il complesso di uffici inaugurato nel 1972 e che necessita ora di manutenzione. Alla messa in sicurezza delle torri si procederà in modo assolutamente innovativo. Anzi, davvero unico al mondo. Insomma, le due torri non saranno demolite ma smontate e rimontate. Letteralmente. Così, tanto per dare qualche numero, alla fine dei lavori fino al 60% del materiale degli edifici sarà stato riutilizzato in loco. Inoltre, nel rispetto ambientale e per limitare l’inquinamento legato allo smaltimento dei materiali, si è scelto di trasportate e rimuovere calcestruzzo, travi, ferro e quant’altro dal cantiere per via fluviale, grazie al canale vicino al sito. Vedremo, entro il 2024, nascere uno spazio verde, con serre e giardini che si intersecano e alternano a hotel, ristoranti, bar, uffici e locali musicali.

Insomma, sta nascendo un nuovo quartiere all’insegna dell’economia circolare e di un nuovo concetto dell’abitare che rompe con la concezione di nuclei cittadini definiti da un dentro e un fuori; al posto delle da mura (che quelle delle case-dormitorio o degli uffici, poco importa) trova spazio un costruire dove i prodotti architettonici sono contestualizzati in nome del genius loci, evocando e rafforzando territorio e storia, ma anche nel rispetto ambientale. E della salute.

Infatti, c’è chi sottolinea il legame positivo e benefico tra il nostro benessere e questo nuovo pianificare architettonico. Il tutto ruota attorno a una parola. Salutogenesi, teoria che si occupa delle “fonti” della salute e con l’obiettivo di andare oltre il modello patogenetico, che pensa alla salute come assenza di malattia e che si concentrato sullo studio delle cura delle malattie. “Lo stress origina dalla qualità dell’ambiente fisico in cui viviamo e dagli stimoli psico-sociali ai quali ci espone. Pertanto è necessario progettare luoghi – non solo “di cura”, ma anche scuole e spazi pubblici, ad esempio – che siano rigeneranti, accoglienti e ristorativi, e che stimolino il cervello per affrontare le tensioni e pressioni del quotidiano”, spiega l’architetto Alan Dilani.

Oggi i quartiere Nord di Bruxelles è tra i meno invitanti per chi sceglie di trasferirsi nella città. Chissà se lo sarà ancora tra 10 anni…

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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