Cittadine di serie B: cosa posso fare?

Le donne pagano di più per i beni di prima necessità rispetto agli uomini. Un esempio? Il fatto di non avere il ciclo mestruale permette alla popolazione maschile di risparmiare sino a 700 euro all’anno (già, gli assorbenti sono cari, lo sapevate?). Le donne guadagnano meno dei loro colleghi maschi. Per le donne nere e ispaniche, il divario salariale è ancora peggiore. Le donne sono sottorappresentate nel governo e capita ancora che non abbiano sedie d’onore ma vengano fatte accomodare sui divani come suppellettili.

Sono però fortunata, io, che scrivo da un Paese in cui posso denunciarle, le discriminazioni.

Purtroppo, altrove, questo diritto di espressione (anche fisica) non è evidente. Facciamo un giro in alcune parti del mondo.

In India. In alcune zone dell’India, le donne sono esentate dalle regole di sicurezza che impongono alle persone passeggere delle moto di indossare il casco: le ragioni di questa esenzione – a detta dei sostenitori  –  vanno cercate nel tentativo di preservare i capelli e il trucco accuratamente acconciati delle donne. Una risposta poco femminista e una pratica che uccide o ferisce migliaia di persone ogni anno.

In Yemen. Le donne sono considerate solo “mezze testimoni”: in generale, la testimonianza di un’individuo femmina non è presa sul serio, a meno che non sia sostenuta dalla testimonianza di un uomo. E comunque, le donne non possono testimoniare nei casi di adulterio, diffamazione, furto o sodomia.

In Arabia Saudita. Dal 2015 le donne hanno diritto di voto e dal 2017 non hanno più bisogno di un permesso per andare all’università, lavorare o sottoporsi a un intervento chirurgico. Tuttavia, è ancora estremamente difficile per le donne fare scelte politiche senza il permesso maschile perché la subordinazione tra i sessi è ancora molto radicata. (Nota: in base alla dottrina religiosa della Chiesa cattolica, la Città del Vaticano è l’unico posto al mondo dove oggi le donne non possono votare).

E poi, più vicino a noi… in Polonia. Da alcune settimane la Polonia ha reso a tutti gli effetti illegale l’aborto.  E così, come ci ricorda il The Economist, “girate per qualsiasi città polacca e lo stesso numero di telefono spunta su una serie di superfici improbabili. È scarabocchiato sulle fermate degli autobus e sui cartelloni pubblicitari. Può essere scritto sul lato di una chiesa. Vai online e lo stesso numero (+48 222 922 597) appare nei nomi utente delle persone. Chi lo compone viene messo in contatto con Kobiety w Sieci (“Donne in rete”), un gruppo che offre alle donne informazioni su come abortire.” Vicino a noi, anche Malta, San Marino e Città del Vaticano negano l’aborto alle donne senza eccezioni. In India e in Cina è diffuso l’aborto selettivo sui feti di sesso femminile, mentre in molti Paesi del Sud America, dell’Africa, del Medio Oriente e del sud-est asiatico l’aborto è strettamente limitato dalla legge.

Ci sarebbero altri esempi di Paesi e tipologie di discriminazione. Come donne, non è sempre possibile denunciare e indignarsi apertamente, senza rischiare conseguenze fisiche e esporsi a ritorsioni psicologiche gravi. A volte, invece, basta poco…

Qualche tempo fa, mio figlio ha insistito per prendermi la bambola di Wonderwoman così – diceva lui – “anche tu, mamma, potrai giocare ai supereroi. Perchè, sai, sei una femmina, non puoi essere Batman e neppure Black Panter”. L’ho lasciato fare. Ho preso per me stessa, su sua indicazione, la bambola. Sono passati due mesi. Ora, quando giochiamo, uso anche Batman, Black Panter, Hulk, Captain America, Flash, Spiderman…E lui Wonderwoman.

Seguici

Cerca nel blog

Cerca

Chi siamo

Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

Ultimi post