In Europa stiamo distruggendo la democrazia a causa di una polarizzazione che non facilita il riconoscimento reciproco. È una wake-up call quella di Enrico Letta, lanciata pochi giorni fa (l’11 novembre) e pronunciata di fronte a stakeholders e rappresentanti di industria e istituzioni, riuniti a Bruxelles presso la Residenza dell’Ambasciatore d’Italia in Belgio dove il politico italiano ha ricevuto il Premio Italia-Europa 2024, consegnatogli da Gruppo di Iniziativa Italiana.
“Ora – ha precisato il Presidente dell’Istituto Jacques Delors, della IE University di Madrid ed ex Presidente del Consiglio italiano – con la vittoria e l’insediamento di Trump alla presidenza statunitense l’Europa non ha più scuse. Senza perdere tempo, è necessario essere pragmatici e completare quel progetto incompleto che è il mercato unico europeo, così intrinsecamente legato agli obiettivi strategici dell’UE.”
Facendo riferimento ai cardini principali contenuti nel documento MUCH MORE THAN A MARKET, Letta ha sottolineato come il mercato unico non sia unicamente un progetto di natura tecnica quanto piuttosto un progetto intrinsecamente politico – ed è per questo che “è necessario un impulso immediato per portare il mercato unico al passo con il contesto attuale e prepararlo a un’evoluzione continua in linea con le dinamiche del nostro tempo.”
Sono tre gli assi portanti su cui lavorare, ha chiarito Letta. “I’m referring to the three A” ha detto (“mi riferisco alle tre A”), ovvero Awarness, Alliances, Actions (Consapevolezza, Alleanze, Azioni): anzitutto, serve lavorare su una nuova consapevolezza del ruolo e della forza europea, in particolare dei benefici che una completa integrazione su settori come energia, telecomunicazioni e servizi finanziari può portare. In secondo luogo, va restituita centralità ad alleanze orizzontali – a diversi livelli e tra attori diversi – per arrivare, e qui il terzo punto, all’azione: “sfruttare la diversità degli europei è fondamentale per creare alleanze costruite su obiettivi condivisi, non sull’ideologia, alleanze che possano così guidare un cambiamento significativo”, ha dichiatato Letta, invitando tanto alla costruzione di partnership tra gli Stati membri quanto al dialogo con portatori di interessi dal mondo delle imprese e con rappresentanti dell’industria.
Insomma, l’Europa non ha più alibi. Più chiaro di così non poteva dirlo, Enrico Letta a Bruxelles. E come lui la pensano in tanti, tra le élite o portatori di interessi di grosse aziende italiane, che – lo ha ricordato lo stesso Letta – hanno contribuito alla stesura del documento “Much more than a market”.
C’è solo da sperare che il contenuto dello sforzo intelletuale e pratico di questa classe dirigente, politica e economica sia presentato non solo ad altre élite (italiane o europee) ma anche alle elettrici e agli elettori, che continuano a vedere l’Europa come un apparato burocratico, mangia-soldi, inutile, se non addirittura dannoso. Se no il rischio è l’acuirsi di quella polarizzazione paventata da Letta nel suo discorso. La recente campagna per la presidenza statunitense ce l’ha mostrato bene: sono stati molto più numerosi i miliardari che hanno dato il loro appoggio a Harris e alle sue politiche piuttosto che a Trump, il quale però ha sfondato tra le classi più povere, tra la gente che guadagnano meno di 100.000 dollari.
Insomma, come scrive Richard Seymour in un chiaro articolo su The Guardian, l’evidenza in giro per il mondo, dall’India all’Ungheria, all’Italia, alle Filippine, all’Argentina, ai Paesi Bassi e a Israele, suggerisce che le persone non votano sempre con il portafoglio: “l’economia conta, certo, ma non come semplice metro di misura del benessere aggregato. È uno spazio in cui le persone giudicano la loro posizione personale rispetto a come percepiscono lo stato della società. I problemi personali vengono generalmente politicizzati solo quando sono percepiti come parte di una crisi più ampia.” Perchè l’UE è “molto più di un mercato” va spiegato. Va spiegato perchè il progetto politico e economico europeo va desiderato e può entusiasmare addirittura.
La buona notizia è che in questo portare la buona novella c’è un vuoto che chiede di essere riempito! La destra, alimentata dal declino dei valori liberali e sempre più populista, sta trovando terreno fertile in un clima di disillusione generale. Eppure, come indicato da Letta e nel suo dossier, una via d’uscita pragmatica, che non sia la chiusura populista o nazionalista, c’è. Non rimane che una domanda: vorranno le forze di sinistra e progressiste darsi l’opportunità di rinnovarsi – a partire dal linguaggio usato – per rispondere ai problemi concreti che stanno a cuore alle persone?