Identità: l’inizio di una riflessione…

L’identità è una questione fondamentale nella vita dell’uomo. Tutti ci chiediamo chi siamo. Attraverso la domanda “chi sono?” ci poniamo nella realtà attraverso il riconoscimento di sé e dell’Altro. Questa domanda spesso ci mette in crisi. Chi tenta di rispondere a questa domanda fondamentale per la vita di ognuno lo fa in modo diverso proprio perché il concetto di identità può avere sguardi diversi.

Fu tra gli antropologi che lavoravano in Africa negli anni Cinquanta, che emerse una problematica critica dell’identità etnica. L’etnia era il riferimento identitario per eccellenza. L’identità etnica era posta come realtà fondamentale e universale della vita sociale. Era implicitamente accettato che il gruppo etnico fosse un’unità di natura biologica, d’ordine di specie. È stato nell’ambiente dello sfruttamento minerario e dei ghetti urbani che, ad esempio, si sono potute mostrare la diversità e la moltiplicazione delle costruzioni identitarie a base etnica come risposta alle violenze e ai conflitti esterni, la comparsa e il confronto di scommesse e strategie identitarie contraddittorie, nonché il ruolo del leader e dell’azione individuale nella visualizzazione dell’identità. Oggi la ricerca antropologica considera lo sviluppo delle comunicazioni, l’accresciuta mobilità, l’accellerazione e la moltiplicazione di scambi, i contatti e le diverse forme di meticciato, che confondono e interpellano i sistemi di riferiemnto identitari abituali, tutto questo conduce la ricerca a nuove interpretazioni dell’identità

Il tema psicologico dell’identità ha acquisito importanza, in anni recenti,  soprattutto nell’ambito della psicologia sociale e dinamica, in rapporto al tema esistenziale della coscienza di sé e della riconoscibilità personale. Il comune sentimento di identità si presenta modulato in due dimensioni diverse, ma connesse: da un lato, come l’esperienza individuale dell’esser persona dotata di una riconoscibilità ben differenziata da ogni altra possibile; dall’altro, invece, come appartenenza a una collettività omogenea dotata anch’essa di caratteri riconoscibili, i membri della quale costruiscono rassicuranti certezze di autodefinizione collettiva.

Se si esamina ciò che impegna gli individui ad agire, al di là delle spinte istintuali più elementari relative alla sopravvivenza (cibarsi, difendere il corpo) e alla riproduzione (la sessualità), è possibile rendersi conto che la ricerca di garanzie sociali di status, affermano gli psicologi, è inseparabile da un’esigenza, più intima, di immagini di sé non solo socialmente vantaggiose ma anche soggettivamente gratificanti.

Oltre all’ambito psicologico, il concetto di identità è stato esplorato anche in ambito sociologico. I sociologi non hanno posto attenzione sugli aspetti soggettivi dell’identità ma si focalizzano sul carattere relazionale, intersoggettivo e analizzano i fattori sociali e le dinamiche interattive che sono alla base della sua genesi e del suo mantenimento.

Identità è senza alcun dubbio una delle parole più usate nell’ambito delle scienze umane e sociali, dalla sociologia, alla linguistica, dall’antropologia culturale e sociale alla psicologia, dalla politologia alla storia, così afferma Francesco Remotti nel suo libro “L’ossessione identitaria” . Remotti analizza il concetto di identità da più punti vista e nell’invitare ad usare un atteggiamento critico quando si cerca di esplorare il concetto di identità ci invita a partire dall’uso filosofico: “Se risaliamo all’uso filosofico – logico e metafisico – del concetto di identità, vediamo che nella filosofia  classica esso è strettamente collegato al concetto di “Sostanza”. Infatti, che cos’è che fa sì che una cosa rimanga identica a se stessa nel tempo? La sua sostanza. E che cos’è che fa sì che due cose, apparentemente diverse, siano identiche tra loro? Il fatto di condividere la stessa sostanza. La sostanza è perfettamente identica a se stessa, e l’identità esprime la prerogativa della sostanza di perdurare nel tempo (nonostante le variazioni temporali) e di presentarsi intatta nello spazio. (…) Dire identità significa infatti sostenere che la sostanza di cui si parla non contiene entro di sé nulla di diverso da sé.

Nella lettura sul tema dell’identità si incrocia spesso anche il concetto di riconoscimento e in tal senso il filosofo Paul Ricoeur, afferma che: “è pur sempre di identità che si tratta a proposito del riconoscimento (…) è infatti proprio la nostra identità più autentica, quella che ci fa essere ciò che siamo, a chiedere di essere riconosciuta”. (…) Essere riconosciuti sarebbe per ciascuno ricevere la piena assicurazione della propria identità”.

Durante questo inizio di riflessione abbiamo incontrato anche il concetto di persona in riferimento all’identità, pertanto credo sia importante interrogarsi sulla sua origine e il suo significato. Come cercherò di spiegare nel mio prossimo contributo, cercare la radice di una realtà significa fissare dove sta la sua origine (la sua dimensione storica), ma anche chiedersi quale sia il principio che la costituisce, la sua fonte d’essere o, più precisamente, la causa del suo essere e in questo modo riuscire a darne una definizione: Qual è l’origine del concetto di persona? Ma innanzitutto chi è la persona? Quale è la radice etimologica di questo nome? 

Spunti per approfondire:

–       Dizionario di Antropologia e Etnologia, Einaudi 2006;

–       Dizionario storico di Psicologia, Psichiatria, Psicoanalisi, Neuroscienze, Einaudi 2006;

–       L’ossessione identitaria, francesco Remotti, Laterza 2010;

–       Percorsi del riconoscimento. Tre studi,  Paul Ricoeur, Cortina, Milano 2005.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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