Italofoni oltre Gottardo: intervista a Salvo Buttitta, Presidente dei Com.It.Es. di Basilea

Italofoni oltre Gottardo. C’è chi nella Svizzera interna vi è nato e chi, lì, ci è arrivato. Qualcuno è partito dalla Svizzera italiana e si è ritrovato a Zurigo, Basilea o Neuchâtel – giusto per citare qualche città – seguendo percorsi di studio, perseguendo opportunità lavorative oppure, perché no, per amore. Per gli stessi motivi, c’è anche chi è arrivato oltralpe valicando una frontiera. Principalmente quella con l’Italia.

Già, i migranti dall’Italia. Chi sono? Cosa occupazioni svolgono in Svizzera? Chi li rappresenta? Sono integrati? E che ne è della “loro” lingua, l’italiano?

Nel 2019 gli iscritti all’AIRE in Svizzera sono 623’000: in numeri assoluti la maggior parte degli italiani risiedono in cantoni non italofoni; a livello di cantoni, il Ticino, Zurigo e Vaud insieme ospitano più della metà della popolazione di origine italiana. Inoltre, su 10.609 nuovi iscritti, il 53,6% appartiene alla classe di età 18-34 anni; il 26,5% a quella 35-49 anni; il 17,8% sono minori e il 3% ha più di 65 anni.  

I motivi per riflettere sulla triade migrazione-lingua-integrazione, al di là dei numeri (che pur sono determinanti) sono diversi – non da ultimo il fatto che come abbiamo già scritto, l’italianità è parte integrante della cultura Svizzera. Un’ulteriore e più contingente ragione per riflettere sul flusso migratorio dall’Italia è data dalle recenti elezioni che hanno riguardato i Com.It.Es., gli “organi elettivi che rappresentano le esigenze dei cittadini italiani residenti all’estero nei rapporti con gli Uffici consolari, con i quali collaborano per individuare le necessità di natura sociale, culturale e civile della collettività italiana”.

Tralasciando le – benché legittime – critiche legate alla bassa partecipazione e al significato odierno di tali organi (tema sul quale torneremo le prossime settimane!), rimane comunque verosimile che chi si è candidato (e chi è stato eletto) quale membro dei Com.It.Es., si sia fatto un’idea del suo interlocuotore e della sua interlocutrice. E della salute della lingua e cultura italiana in Svizzera.

A Basilea, ad esempio, il nuovo Presidente dei Com.It.Es. è Salvo Buttitta, non ancora quarantenne, imprenditore, originario della Sicilia, che – dichiara – “ho lasciato perché non riuscivo ad immaginarmi un futuro, il mio orizzonte era incerto e senza una direzione. Sentivo dentro di me la voglia di allargare i miei orizzonti e i miei confini. Non so se è stata la ricerca di opportunità o la voglia di cambiare che mi ha spinto ad emigrare ma una cosa è certa, questa esperienza mi ha fatto crescere in tutti i sensi: emozionalmente, socialmente e professionalmente”. Un sentimento condiviso da molti giovani connazionali.

Salvo Buttitta, Presidente dei Com.It.Es Basilea

Salvo, quando sei arrivato in Svizzere quale è stata la ragione principale che ti ha spinto a giungere qui?

Il mio arrivo in Svizzera è stato un caso. La scelta era tra la Germania e la Svizzera. Per alcune fortuite circostanze ho avuto modo di conoscere delle persone che vivevano in Svizzera che mi hanno aiutato nell’inserimento nel nuovo paese. La Svizzera mi offriva opportunità e condizioni migliori di lavoro, oltre che al fatto di potere sfruttare l’italiano. Infatti, ho avuto modo di terminare i miei studi in Ticino e continuare ad usufruire della formazione continua nella mia lingua madre.

Ritieni che il Paese in cui lavori ti offra un migliore contesto professionale e/o maggiori prospettive di carriera rispetto a quanto potrebbe offrirti l’Italia?

Lavorare e vivere in Svizzera ha i suoi pro e contro. Sicuramente a livello lavorativo la Svizzera ti offre molto di più rispetto all’Italia: paghe adeguate, orari di lavoro normali e possibilità di carriera. Ma è pur vero che tante volte manca quel tocco di italianità che fa la differenza nel posto di lavoro. 

Parliamo di emigrazione italiana: dal tuo osservatorio nei Com.It.Es. e nella tua carica di Presidente, come descriveresti l’immigrazione italiana nel Paese di questi anni e è stata accompagnata da un cambiamento della percezione che si ha dell’italianità – specificatamente nella regione svizzera in cui risiedi?

È un dato di fatto che l’emigrazione italiana negli ultimi anni sia cambiata. Oggi sono tantissimi i giovani che arrivano con carriere professionali avviate e che si inseriscono in contesto lavorativo (farmaceutico/chimico, informatico e finanziario) internazionale. Questo modifica sostanzialmente il tessuto sociale dell’emigrazione, perché questi giovani lavorando in un contesto internazionale sentono meno il bisogno di trovare punti di riferimenti italiani. Questo è uno dei tanti motivi che ha portato ad una crisi profonda dell’associazionismo all’estero. È pur vero che affianco a questa emigrazione qualificata continua ad avere un suo posto, con dei numeri non irrilevanti, una emigrazione di giovani e meno giovani non professionalmente qualificati che arrivano in Svizzera in cerca di condizioni di lavoro migliori. Credo che i Com.It.Es. e il mondo dell’associazionismo debba riformarsi totalmente per rispondere ai bisogni di tutti, individuando le esigenze e le domande degli uni e degli altri.

Nel contesto del plurilinguismo svizzero, credi che la lingua italiana sia usata sufficientemente e allo scoperto?

La lingua italiana sicuramente conserva un proprio ruolo in Svizzera, anche se spesso bistrattata e ultimamente posta in secondo piano rispetto le altre lingue federali. Comunque, grazie alla prima emigrazione e al lavoro degli enti di promozione della lingua e cultura italiana, credo che sia sufficientemente usata, anche se sicuramente si può fare di più per dare maggior valore e dignità alla nostra amata lingua.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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