La povertà non è un reato:la mobilitazione continua

Questo blog ha già informato i lettori sulla campagna in atto in Svizzera a sostegno della petizione contro le modifiche alla legge federale sugli stranieri entrate in vigore in data

1.1.2019; tali modifiche prevedono la possibilità di revoca del permesso di domicilio, il cosiddetto permesso C, nel caso che la persona straniera che ne usufruisce o una persona a suo carico sia costretta a ricorrere all’aiuto sociale in maniera durevole e considerevole”.

https://sconfinamenti.info/la-poverta-non-e-un-reato/

In pratica l’applicazione della legge potrebbe comportare il rischio, per una persona domiciliata in Svizzera magari da decenni e caduta in una condizione di povertà per sfortunate vicissitudini esistenziali, di vedere trasformato il permesso di domicilio in un permesso di soggiorno temporaneo con il rischio conseguente di espulsione dal Paese qualora non sia in grado di trovare, in genere entro un anno, una nuova occupazione.

La petizione presentata dalla parlamentare socialdemocratica Samira Marti nel giugno del 2020 e appoggiata da un’ampia coalizione di associazioni riunite nell’Alleanza la povertà non è un reato ha compiuto nel frattempo una parte del proprio percorso parlamentare nei due rami del Parlamento nazionale.

Dopo la sua approvazione da parte del Consiglio nazionale avvenuta nel settembre scorso, la petizione è passata all’esame della Commissione del Consiglio degli Stati che purtroppo, il 22 febbraio scorso, l’ha respinta sia pure con un solo voto di differenza.

Questa battuta d’arresto è un fatto molto grave ma non è ancora una bocciatura definitiva   della petizione.

Eleonora Guido, che coordina l’Alleanza, annuncia una forte mobilitazione in vista della sessione estiva del Consiglio degli Stati, che, in una data ancora da definire, dovrà esprimere il proprio voto definitivo al riguardo.

A metà marzo si riuniranno i rappresentati delle principali organizzazioni che aderiscono all’Alleanza per definire le iniziative politiche da intraprendere in vista del decisivo voto parlamentare.  Come gesto simbolico e di pressione democratica sull’Assemblea legislativa   saranno presentate le firme raccolte a sostegno della petizione. Si spera in un esito positivo della vicenda, tenendo conto che   il Consiglio degli Stati si era già espresso a favore della petizione; il complesso iter legislativo ne ha imposto il ritorno nelle Commissioni dei due rami del Parlamento e solo ora verrà presa una decisione definitiva.

Il clima preelettorale che precede le elezioni del prossimo autunno per il rinnovo dei due rami del Parlamento nazionale impone di agire in modo tale da non creare polarizzazioni che potrebbero pregiudicare l’esito positivo del voto parlamentare.

Importante sarà anche il coinvolgimento dei media per dare risalto all’intera questione.

La coordinatrice dell’Alleanza lamenta che né i cantoni né la Confederazione abbiano finora fornito dati che permettano di valutare quale sia l’impatto effettivo della legge emanata nel 2019.

Ci si deve perciò limitare alla casistica fornita   dall’Osservatorio svizzero sul diritto d’asilo e degli stranieri, una delle organizzazioni aderenti all’Alleanza.

Le testimonianze pubblicate dall’Osservatorio rivelano   un quadro parziale ma inquietante della situazione che riguarda ovviamente solo le persone che si sono rivolte a questa organizzazione.  Per fornire un’idea del problema riportiamo di seguito alcune delle testimonianze raccolte.

Il Signor A. è arrivato in Svizzera nel 1997 e dopo alcuni anni di lavoro riceve il permesso C che sembrerebbe consentirgli una maggiore stabilità. Per motivi di salute certificati è costretto a lasciare il lavoro in cantiere ma non riesce a ottenere una pensione di invalidità. Secondo le autorità cantonali competenti sarebbe in grado di svolgere un lavoro non troppo faticoso fisicamente, la cui lunga ricerca   si rivela vana; A. è costretto quindi a ricorrere all’assistenza sociale, fatto questo che induce l’Ufficio immigrazione a trasformare il suo permesso stabile in un permesso provvisorio ed espone   A. al rischio di espulsione.

La Signora F. è madre single di due figli e vive in Svizzera da 22 anni. Per motivi di salute deve abbandonare il lavoro. L’Ufficio Immigrazione l’avverte che, se entro un anno non troverà un lavoro, dovrà ritornare nella sua terra di origine, con cui non ha alcun legame, lasciando i suoi figli ormai stabilizzati in Svizzera.

L’Osservatorio documenta poi casi analoghi che hanno indotto le competenti autorità cantonali a emettere addirittura provvedimenti di espulsione dalla Svizzera, poi per fortuna revocati in seguito a ricorsi che hanno avuto esito positivo. L’Osservatorio lamenta comunque in generale l’arbitrarietà di questi provvedimenti che di fatto trasformano dolorose situazioni di precarietà in veri e propri drammi esistenziali che in un Paese ricco e civile come la Svizzera appaiono del tutto inconcepibili.

Su un piano politico generale rimane da osservare che le forze democratiche sono sollecitate in modo particolare a proporre incisive politiche di inclusione verso gli stranieri residenti in Svizzera e verso i migranti in genere, respingendo le strumentalizzazioni xenofobe che la destra tende ad accentuare in vista delle elezioni politiche nazionali del prossimo autunno.

 

Seguici

Cerca nel blog

Cerca

Chi siamo

Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

Ultimi post

Terrorismo

Il termine terrorismo deriva dal verbo latino terrere che significa “intimorire, incutere paura”. Nel linguaggio politico moderno entrò in uso per indicare una determinata fase della Rivoluzione francese.

Leggi Tutto »