Buongiorno come stai?
Spero che la domanda, con cui ci siamo salutati settimana scorsa, ti abbia fatto “bollire” almeno quanto ha fatto bollire me.
Sì, perché, devi sapere, che io faccio un sacco di domande alle quali per prima cerco una risposta, impegnandomi con te, settimana dopo settimana, a fornirti qualche suggerimento utile, o anche solo il mio punto di vista.
Tuttavia questa settimana, il vuoto…
Quindi, ho iniziato a girovagare per casa, pulire e riordinare tutto, mettermi a suonare, fare le lavatrici, stendere i panni.
Insomma, un gran viavai… Di me.
Ma zero idee.
Poi la vedo, piccola marmocchia che mi guarda con quegli occhietti neri a forma di oliva. Tira su la zampetta e si mette con la panciotta all’aria per farsi grattare.
Ecco perché ho voluto chiamare questa s-malattia, che parla di avere fiducia in se stessi, proprio come lei, Emy.
Te la voglio raccontare con una storia.
Estate 2016, vivevo da sola a Clivio, un bellissimo paesino sul confine con la Svizzera. Stavo bene e non mi mancava nulla, anche se, avrei tanto voluto prendere un cane.
Non ti sto a spiegare il mio amore folle per questi esserini pelosi. Nelle s-malattie animalite e truffaldina piattolosità ne ho parlato, più che a sufficienza.
Ciò che mi frenava, nell’adottare un cucciolo, era il terrore di non riuscire a gestirlo. Stavo fuori per lavoro dalle 9 alle 12 ore, temevo che gli avrei fatto fare una vita orrenda. Avrei dovuto lasciarla a casa da sola, insomma, un’innumerevole serie di apprensioni.
Detto tra noi, non ho mai pensato di avere figli, sennò, non oso immaginare quante preoccupazioni in più sarei riuscita a inventarmi.
Insomma, la mia testa continuava a dirmi “No, lascia stare, rischi che poi sta male la cagnolina e tu anche peggio”. Fatto sta che, dai che ti ridai, inizio a cercare su subito.it negli annunci per la ricerca di un cane…
Mi imbatto in un musetto meraviglioso, un maschietto. Vedo il numero e scrivo.
(Sì sì, quando si tratta di code scodinzolanti la mia razionalità fa come Tina nei programmi della De Filippi “No Maria, io esco”)
Mi risponde un ragazzo raccontandomi che il cagnolino era suo e della sua ragazza. Si sentivano male a lasciarlo, ma lavorando entrambi un sacco di ore, non riuscivano a gestirlo e il cucciolo, giustamente, faceva guai in casa perché da solo si annoiava.
In teoria, siccome il ragazzo ha espresso uno scenario, che era esattamente quello che mi terrorizzava e per cui non avevo preso un cane fino ad allora, mi sarei dovuta convincere, a lasciar perdere una volta per tutte, giusto?
E INVECE NO.
Ho iniziato a parlargli di vari giochetti che si possono lasciare al cane quando rimane solo in casa. Di come organizzarsi per farlo sfogare prima di uscire e gli ho consigliato dei libri, che spiegavano bene e in maniera semplice come educarlo.
SBBADDABBUUMMBAAMMBASSHH
Una parte di me, che “guardava” la scena quasi dall’esterno, si chiedeva “E tu da dove diavolo le hai tirate fuori tutte queste informazioni? Ma davvero, sei disposta a rinunciare a una cosa così importante per le tue mille paranoie?”
Lo ammetto, la paura ha una creatività davvero fervida e arcigna. Terribile.
Tuttavia, da quel momento, ho capito che IO sarei stata in grado di prendermi cura di un cane. Anzi no, di Emy. Se mai avessi avuto una figlia femmina, l’avrei voluta chiamare Emily. Quel nome mi è sempre piaciuto, fin da quando ero bambina.
Solo in età adulta qualcuno mi ha fatto notare “Come Emilio, tuo padre”. Giuro, non ci avevo mai pensato.
Fatto sta che poco tempo dopo, tornata da una settimana di mare, ero a Verbania sul divano dei miei genitori. Mi rimetto a cercare dei cagnolini sempre su Subito.
Guarda caso, quel maledetto caso che non è mai un caso, mannaggia a lui, c’è proprio una cucciolata di Pinscher a neanche un chilometro da casa dei miei.
Decido di contattare la persona, così, pensando che probabilmente, non ne aveva più di disponibili.
Invece, sempre grazie al caso citato sopra, era rimasta una femminuccia. L’ultima della cucciolata, proprio come me… .
Ma sì, dai vado a fare un giro. Contatto il signore che li accudiva dicendogli che passavo a vedere la cucciola solo per curiosità.
(Si, lo ammetto, la paura mista a desiderio racconta anche un sacco di favole spassosissime e ridicole).
Arrivo, e vedo un culetto marroncino, tutto intento a rompere letteralmente le scatole, a mo’ di teppista, a tutti i suoi fratellini.
Andiamo bene, ho pensato.
L’uomo acchiappa la piccola canaglia e in men che non si dica me la mette in braccio.
ADDIO
Se prima di incrociare il suo sguardo, sapevo di avere un cuore, da quel preciso istante, ho capito che non era più mio.

In men che non si dica ho preso accordi su quando sarei tornata a prenderla. Sono tornata a casa e poi sono corsa a comprare cuccia, giochi, ciotole, guinzagli. Insomma, una pazza furiosa.
Il 12 agosto, è iniziata la nostra bellissima avventura insieme.
Cosa voglio dirti con questa storia?
Che per avere fiducia in se stessi, a volte, basta lasciarsi andare. Avere il coraggio di mollare gli ormeggi e farsi trasportare in acque inesplorate.
È un atto di coraggio mi chiederai? Sì, è un atto di coraggio e a volte, di pura follia.
Mi chiedi se è un rischio? Sì, lo è senza alcun dubbio.
Ma se non rischiamo nella vita, per ciò che per noi è realmente importante, che cavolo viviamo a fare?
Per timbrare il cartellino del lavoro alle 8:00?
Dai, su!
Sì ma, mettiamo il caso, che una persona, quel coraggio di saltare non ce l’ha… Che deve fare allora?
“Elementare, Watson!”, direbbe il nostro caro Sherlock.
Si potrebbe imparare a ingannare il nostro cervello e le sue stesse paure, se necessario.
Vuoi sapere come? Sicuro?
Sei consapevole vero, che non lo saprai prima della prossima s-malattia, giusto?
Ti auguro una strepitosa settimana e come dico sempre…
A volte basta solo un primo passo per cambiare il mondo,
ma per rivoluzionarlo davvero, non può restare il solo.
Ps: Ci tenevo a ringraziare gli editori e i lettori, che mi hanno accompagnato fin qui. Quando ho iniziato a scrivere questa rubrica a febbraio, con la mia prima s-malattia, librite, non sapevo né se gli editor mi avrebbero appoggiato, nel mio strano modo di scrivere, né come sarei riuscita ad inventarmi un argomento a settimana.
Tuttavia questo è il ventiseiesimo articolo che scrivo. Considerando che un anno ha cinquantadue settimane, posso dire di essere giunta al mio “giro di boa”.
Sono felice di aver parlato di “fiducia in se stessi” in questo articolo e di averlo dedicato ad Emy, la mia piccola e fedele compagna che ha vissuto tutto il mio cambiamento in questi ultimi 5 anni insieme.