Martin Buber: invito alla lettura

Martin Buber (1878 -1965) intraprende a Vienna gli studi universitari per poi proseguire a Lipsia, Zurigo e Berlino. Tra i suoi maestri vi furono pensatori come Simmel e Dilthey. Fu docente di religione ed etica ebraica a Francoforte, dopo l’avvento del nazismo perse la sua cattedra, a Gerusalemme ricoprì la cattedra di Filosofia sociale e difese l’ideale di una pacifica convivenza fra Arabi ed Ebrei. Per Buber il sionismo è ansia di conoscenza delle proprie radici, consapevolezza di una profonda identità ebraica in grado di aprire l’ebreo all’impegno e al confronto nel mondo. Per circa quarant’anni lavora alla traduzione della Bibbia in tedesco. 

I due nuclei centrali del pensiero di Buber sono il chassiddismo e la concezione dialogica come essenza dell’essere umano. Il chassiddismo è concepito come dialogo tra cielo e terra, come espressione di fede vissuta non intellettualisticamente ma come santificazione del quotidiano. Buber distingue due dimensioni della sfera relazionale: quella dell’Esso e quella del Tu; la prima appartiene all’esperienza, al mondo dell’oggetto, delle scienze; la seconda appartiene alla vita dello spirito: “Il mondo come esperienza appartiene alla parola- base Io-Esso. La parola-base Io-Tu produce il mondo della relazione”. 

In “Il Principio dialogico e altri saggi” Buber formula e sviluppa le tesi principali della sua filosofia. Nella parte prima, Buber espone i principi fondamentali e definisce i caratteri antropologici delle due parole fondamentali: “Io-Tu” “Io-Esso”. Nella parte seconda analizza la dinamica delle parole fondamentali nell’uomo, nella società e nella storia. La parte terza è dedicata alla relazione con il “Tu eterno”, ovvero con Dio. La postfazione, scritta nel 1957, ha il fine di chiarire e precisare ulteriormente le teorie esposte nel saggio. L’uomo autentico, secondo Buber, si definisce come persona che nella relazione Io-Tu prende coscienza di sé come soggettività. Il filosofo elabora una prospettiva di pensiero il cui cardine sono i temi del dialogo e della relazione.

Secondo Buber il mondo è duplice, giacché l’uomo può porsi dinanzi all’essere in due modi distinti, richiamati dalle due parole-base che può pronunciare al suo cospetto: Io-Tu e Io-Esso. Si potrebbe essere indotti a pensare che la parola Io-Tu alluda ai rapporti con gli altri uomini e la parola Io-Esso si riferisca invece a quelli con le cose inanimate. In realtà la questione è più complessa, in quanto l’Esso può comprendere anche Lui o Lei. L’Io-Esso finisce per coincidere con l’esperienza, concepita come l’ambito dei rapporti impersonali, strumentali e superficiali con l’alterità, sia umana sia extraumana. Questo schema dualistico presuppone che l’Io dell’Io-Esso sia l’individuo, mentre l’Io dell’Io-Tu sia la persona, precisando che “nessun uomo è pura persona, nessun individuo è pura individualità”. Secondo Buber l’Io autentico si costituisce unicamente rapportandosi con le altre persone. Per Buber relazione è reciprocità ed essa si dà per grazia nella concretezza dell’incontro. La relazione del tu è immediata. Siamo in un legame di attività-passività, inerzia e azione, come la mano che è toccata e che tocca, lo sguardo che vede ed è al contempo guardato. Relazione è certamente reciprocità ma non reversibilità. Per il filosofo tra l’Io e il Tu deve esistere un intervallo che nel separare distingua ma che nel distinguere sia anche area di contatto.

“…Il tu mi incontra. Ma io entro con lui nella relazione immediata. Così la relazione è al tempo stesso essere scelti e scegliere, patire e agire…”.

Nella riflessione di Buber la relazione resta il punto di riferimento per misurare il grado di umanità che una civiltà ha in sé o di disumanizzazione che ha prodotto nel suo processo di accrescimento.

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