Pregiudizi inconsapevoli

“Mamma, ma quando è arrivata la donna sulla terra?”

La figlia di 7 anni di Francesca Vecchioni rivolge questa domanda alla mamma , sfogliando un librone che illustra lo schema del    passaggio dalla scimmia all’homo sapiens in cui si usa sempre il termine uomo corredando il tutto  con  immagini palesemente maschili.

La bambina indica chiaramente in questo modo uno dei tanti pregiudizi in cui siamo immersi e che noi stessi ogni giorno produciamo.

Qui non si parla dell’esplicito e consapevole razzismo, del sessismo ecc.  ma di quei pregiudizi, più o meno gravi, che riguardano e interrogano tutti, anche coloro che ritengono di esserne immuni.

Francesca Vecchioni ha scritto un brioso ma ben documentato saggio   che illustra efficacemente i meccanismi che producono questo tipo di pregiudizi.

Alla base di tutto c’è il nostro modo di percepire la realtà che è già di per sé un’interpretazione di essa compiuta secondo schemi mentali con una forte impronta soggettiva e con evidenti condizionamenti culturali.

La nostra mentre elabora infatti, in modo del tutto inconscio, la maggior parte dei dati della realtà che ci circonda, mettendo in atto dei meccanismi istintivi del tutto automatici, mentre il vaglio razionale di essi avviene successivamente in modo tardivo e parziale.

La psicologia cognitivista ha analizzato le dinamiche cognitive che utilizziamo per interpretare la realtà individuando “300 di questi automatismi che si trasformano in errori sistematici”.

Si tratta di vere “scorciatoie cognitive” che impediscono o almeno rendono difficile esprimere giudizi razionali.

La comprensione di questi meccanismi può essere utile anche nella lotta contro il razzismo e il sessismo in quanto i portatori inconsapevoli di questi pregiudizi possono essere indotti a una presa di coscienza per il loro superamento.

Date queste premesse è evidente che nessuno può sfuggire completamente a continui   pregiudizi inconsapevoli il cui diverso grado di gravità dipende da svariati fattori soggettivi, sociali, culturali.

Si può creare una casistica che comprende ad esempio stereotipi generalizzanti come la taccagneria dei genovesi, la simpatica inaffidabilità dei meridionali, o, si potrebbe aggiungere in chiave elvetica, l’arroganza degli zurighesi o l’esasperata lentezza dei bernesi.

Si potrebbe continuare in crescendo con le donne che non sanno guidare, con i giovani che non leggono, con gli anziani che sono tutti brontoloni  e via  generalizzando.

“Gli zingari vivono rubacchiando, quella ragazza che ha subito violenza un po’ se l’è cercata, i tunisini vengono da noi per spacciare”; tutti abbiamo sentito frasi di questo tipo, pronunciate magari inconsapevolmente da chi non si ritiene razzista o sessista ma al contrario è convinto di esprimere una realtà oggettiva.

È chiaro che fra i pregiudizi inconsapevoli che abbiamo citato esiste un diverso grado di gravità e di diversa incidenza negativa sulla realtà ma tutti trasmettono   una visione pericolosamente pigra e gretta della realtà.

Molti pregiudizi inconsapevoli sono annoverabili fra quelli che l’autrice definisce spiritosamente “luoghi comuni ben frequentati”.

Un esilarante capitolo del libro è dedicato a un intreccio di questo tipo di luoghi comuni che, presi nel loro complesso, sembrano formare un discorso coerente ma che a una più attenta osservazione appaiono del tutto privi di un qualsiasi reale contenuto comunicativo.

Eppure circolano e contribuiscono a costruire la realtà come tutte le parole che pronunciamo.

Capita a volte che anche chi è mosso da intenzioni benevole incorra in pregiudizi anche pesantemente offensivi: un esempio classico è il “complimento” fatto a una donna che dimostri un’ammirevole grinta, a cui vengono attribuiti in senso figurato attributi maschili, sottittendendo con questo che “per natura”  le donne non possono essere grintose quanto gli uomini.

A questo punto  il lettore potrebbe essere preso dallo scoraggiamento e pensare che non sia possibile evitare pregiudizi inconsapevoli e in effetti questo corrisponde in parte a verità

Un vaccino contro tutti i pregiudizi, infatti, non è stato ancora messo in commercio ma una buona cura può essere la consapevolezza dei meccanismi che ci spingono verso i pregiudizi; questo non servirà a evitarli completamente ma almeno ad attivare maggiormente il nostro spirito critico anche verso noi stessi, a riconoscerli e a prenderne il più possibile le distanze.

Francesca Vecchioni, Pregiudizi inconsapevoli Mondadori 2020

Seguici

Cerca nel blog

Cerca

Chi siamo

Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

Ultimi post

Terrorismo

Il termine terrorismo deriva dal verbo latino terrere che significa “intimorire, incutere paura”. Nel linguaggio politico moderno entrò in uso per indicare una determinata fase della Rivoluzione francese.

Leggi Tutto »