Scritti dal carcere: l’anelito verso la libertà di Bobby Sands

Non ero ancora nata, quando Bobby Sands si lasciò morire, portando il digiuno della fame alle estreme conseguenze. Era il 5 maggio del 1981. Non aveva ancora trent’anni.

Voi sapete di cosa sto parlando e chi era Bobby Sands? Io non lo sapevo. Lo ammetto. Shame on me! Nei libri di scuola, il suo nome non c’era.. Il fatto è che questa ignoranza non era solo mia. Non credo di sbagliare, nel definirla generazionale. Perché nei libri di scuola la storia contemporanea non ci entra e la questione dell’Irlanda del Nord è semplificata e ridotta come “l’epoca dell’IRA”.

E così, gli H Blocks dove Sands fu rinchiuso, le ragioni che lo indussero a smettere di nutrirsi e il suo lascito avrebbero rischiato di andare perduti nell’oblio storico e forse non avrei avuto occasione di conoscerli, se non fosse stato per il fatto che mi sono imbattuta in un libro…

“La mia mente evoca immagini colorate di ragazze sorridenti e bambini che ridono, giorni di sole e sere d’estate e, Signore, desidero tanto essere libero, accanto alla mia famiglia. Non vedo l’ora di essere lontano dai mali che affronto ogni giorno. Il mio corpo sta morendo prima del tempo e le mie membra sono rimaste inattive così a lungo che il corpo mi duole. Vorrei tanto fare una passeggiata, toccare l’erba verde lussureggiante, ascoltare il canto degli uccelli all’aperto respirare aria fresca e pulita. Vivere di nuovo, tutto qui, vivere di nuovo”

Per ricordarci una delle figure simbolo della lotta fratricida, che ha lasciato più di un segno negli irlandesi (sia della Repubblica sia dell’Ulster) senza vinti né vincitori ma tanto sangue, dolore e sofferenza, Paginauno Editore ha pubblicato recentemente Scritti dal carcere di Bobby Sands, con la traduzione di Enrico Terrinoni e Riccardo Michelucci.

Si tratta della raccolta di poesie e testi in prosa scritti durante la prigionia dal giovane irlandese, che si era offerto volontario per l’IRA nel 1972, diventando poi un comandante dei membri dell’IRA a Long Kesh. Noto per la sua prolifica conoscenza di autori politici di sinistra, come George Jackson, Frantz Fanon e Che Guevara, così come di diversi socialisti irlandesi, come James Connolly, Bobby Sands fece conoscere al mondo le condizioni di vita e soprattutto i pensieri dei detenuti irlandesi dell’IRA, lasciati nudi, al freddo invernale, in celle poco più grandi di un ripostiglio, spesso in condizioni igieniche bassissime o assenti. Sono pagine della storia recente inglese che fanno rabbrividire: è sconcertante leggere, nella testimonianza di Sands, la disumanizzazione dei prigionieri, trattati alla stregua di animali, verso i quali il governo inglese creava leggi ad hoc e attuava torture disumane per impedire ogni speranza di insorgenza. Anche Amnesty International, tra l’altro, nel giugno 1978 aveva espresso preoccupazione per le condizioni di vita dei prigionieri nei così detti blocchi H (gli H Blocks, che costituivano una prigione di massima sicurezza progettata per massimizzare il controllo dei prigionieri in quattro piccole ali di 25 celle singole): “Il maltrattamento di sospetti terroristi da parte della RUC ha avuto luogo con una frequenza tale da giustificare l’istituzione di un’inchiesta pubblica per indagare su di esso”.

Al di là dell’ideologia – non è questo blog il luogo né per condannarla né assolverla – le poesie e i pensieri di Sands, che scriveva su pezzi di carta igienica e cartine per sigarette (utilizzando una ricarica di una penna a biro che nascondeva fino nei suoi orifizi per non farsi scoprire dalle guardie carcerarie) testimoniano la potente volontà di combattere e di vincere la battaglia per trattamenti più umani per sé ma, prima ancora, per i suoi compagni.

Scritti dal carcere non è un libro di facile lettura, perché molto forte e umanamente toccante. Ogni poesia e ogni brano in prosa sono una finestra spalancata sull’Io di Sands che, “cantando” il proprio amore per la libertà, l’attaccamento alla propria terra e l’attenzione per i compagni, arriva a scegliere, in assoluta consapevolezza, di morire.

Oh! Vorrei stare tra persone cordiali,
Attorno a un focolare coi folletti a danzare,
Via dai diavoli neri nell’inferno dei Blocchi H,
Che torturano il mio cuore e infestano i miei sogni.
Riposerei lì dove crescono cespugli di ginestra,
Sotto le rocce dove cantano fanelli,
Nel cimitero di Carnmoney sotto la collina,
Senza paura di quel che il giorno può portare!

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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