Se la città e le sue vie parlano al maschile

Che impatto ha sul nostro immaginario il fatto che tanti (troppi) luoghi in così tante (troppe) città siano intitolati a uomini e quasi niente a donne? La domanda è retorica. L’assenza/presenza di nomi femminili a marcare spazi pubblici non è una questione secondaria, e non dovrebbe esserlo, per chi lotta per la parità di genere. Solo che la parità nella toponomastica è ancora molto lontana: strade, piazze e parchi continuano a riflettono una cultura e una dimensione sociale e storico-culturale ancora molto maschiliste così radicata che capita di non rendercene conto. Le discriminazioni passano spesso inosservate. E nuove vie dedicate alle donne fanno notizia.

Un esempio? Ha creato un certo movimento sui media locali il fatto che la scorsa primavera in Svizzera, a Mendrisio, nel Canton Ticino – grazie anche al lavoro di associazioni femminili tra cui gli Archivi Riuniti delle Donne Ticino (AARDT) – si è arrivati a rinominare la piazza del Municipio in onore di una donna, Linda Brenni, che fu prima municipale della città. Attualmente si contano sette spazi (tra piazze e vie) a Mendrisio dedicate a figure femminili, mentre Alto Malcantone, un parco giochi sarà intitolato alla prima sindaca di Vezio, Lidia Rosa Cremona-Boschetti, nei prossimi mesi. Altre iniziative potrebbero maturare a breve, ma rimangono comunque poche. In Ticino sono una quindicina le vie che portano nomi di donna! Oltre il Gottardo solo 43 delle circa 600 strade e piazze di Ginevra sono intitolate a donne e a Zurigo, le strade con nomi femminili sono 68 su un totale di 516.

Nella vicina Italia, non si respira aria diversa. A Milano, ad esempio, su 4250 strade, sono 141 quelle dedicate alle donne, tra cui 20 alla Madonna e 23 a sante, beate e martini – a riproporre, tra l’altro, un’immagine di donne vittime. A Roma, la situazione è ugualmente impietosa: ogni 100 vie e piazze dedicate a uomini poco più di sette sono intitolate a protagoniste femminili, e oltre la metà sono figure femminili legate al mondo ecclesiastico.

In Europa, a Brussels, cuore delle istituzioni europee, sono pochissime le strade che portano nomi di donne: oltre il 95% delle vie è dedicato a uomini. Anche in Germania i nomi femminili sono in minoranza, come ha riportato qualche tempo fa il quotidiano Die Zeit, mentre a Londra, la proporzione tocca il 27,5% ma rimane comunque inferiore a quella degli uomini e la parità è lontana. Un team di Mapbox, che ha svolto lo stesso esercizio già nel 2015 per San Francisco, Mumbai, Nuova Delhi, Chennai (vedi mappa sotto), ha trovato risultati scoraggianti pressoché ovunque.

Per una società civile che si proclama sempre più attenta alle questioni di genere, la sottorappresentanza femminile nella toponomastica è, chiaramente, un problema e combattere l’invisibilità delle donne nello spazio fisico delle nostre città è una questione politica, una (consapevole o meno) scelta ideologica. Ma non solo. Perché spesso il problema è trovarle, le donne, alle quali dedicare piazze, strade e vie. Le donne non ci sono nei libri di storia e nelle ricerche storiche. Solo che non vuol dire che non siano esistite. Come ha ricordato Maria Pia Ercolini, presidente dell’associazione Toponomastica, bisogna lavorare già a partire dal mondo scolastico e con le scuole, cercando le tracce della presenza femminile nella Storia. Denunciando le discriminazioni delle donne tanto quanto celebrando il genio femminile. Lo ha fatto, alcuni anni fa, Rebecca Solnit – scrittrice americana alla quale si attribuisce il merito di aver ispirato la parola ‘mansplaining’ con il suo libro Men Explain Things to Me. Assieme al geografo Joshua Jelly-Schapiro, Solnit nel 2016 ha creato la mappa “City of Women”, immaginando il sistema della metropolitana di New York con le sue fermate nominate in onore delle donne che hanno plasmato la storia della città. Un bel progetto. Ripreso recentemente anche a Brussels. Speriamo di allungare la lista quanto prima.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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