Termine inglese che designa una strategia comunicativa basata su una “narrazione della realtà” persuasiva e accattivante che fa leva anche sulle emozioni dell’interlocutore. Il suo campo di applicazione spazia dal marketing ai vari campi della comunicazione sociale.
Spesso si sente dire che una certa corrente politica o il tal leader incontrano i favori dell’opinione pubblica perché hanno saputo imporre la loro “narrazione”, come in genere il termine viene reso in italiano.
Lo storytelling può essere un mezzo efficace di informazione e mobilitazione su temi importanti o, al contrario, uno strumento di mistificazione della realtà.
Un giornalista, ad esempio, può creare una narrazione efficace e produttiva a partire da un’esplorazione approfondita della realtà oppure può costruire, con la sua narrazione, una realtà fittizia, priva di riscontri oggettivi o basata su generalizzazioni arbitrarie di aspetti parziali della realtà stessa.
Resta il fatto che anche chi si propone un’opera di sensibilizzazione e di mobilitazione su temi socialmente rilevanti basata su una comunicazione corretta e responsabile, ha comunque interesse che essa sia anche efficace e coinvolgente.
Non basta infatti sciorinare ineccepibili dati scientifici per persuadere le persone e convincerle ad attivarsi; bisogna che ciascuno prenda coscienza che il problema lo riguarda personalmente e che ognuno può incidere sulla realtà e questo può avvenire solo attraverso un coinvolgimento anche emotivo.
Sulla crisi climatica, per esempio, Greta Thunberg, partendo sempre da dati scientifici ineccepibili, ha saputo creare una narrazione vincente, indicando, soprattutto ai giovani di tutto il mondo, che il futuro in gioco non è una lontana astrazione ma proprio il futuro di ognuno di loro, la loro esistenza nei prossimi decenni; in tal modo ha avviato su questa tematica una mobilitazione altrimenti impensabile.
Sul versante opposto anche i negazionisti climatici hanno saputo costruire una narrazione convincente per chi era predisposto ad ascoltarla, basata spesso su cosiddetti “fatti alternativi” cioè su bugie ben costruite.
Anche sullo scottante tema dei fenomeni migratori è possibile creare narrazioni contrastanti basandosi da un lato sulla necessità di saperli gestire in modo umano e razionale, dall’altro sulla paura di una presunta invasione in atto.
Naturalmente non esiste nessuna garanzia che uno storytelling coinvolgente ma basato su un rapporto corretto con la realtà, alla fine risulti vincente ma almeno il terreno di gioco non verrà lasciato esclusivamente a chi costruisce le proprie fortune politiche su realtà fittizie e demagogiche.
Insomma, parafrasando John Belushi, quando il gioco si fa duro, i “buonisti” cominciano a giocare.