Straniera nella mia terra

Questo è la condizione che Fida Jiiryis, scrittrice palestinese con cittadinanza israeliana, lamenta per se stessa e per il suo popolo in una lunga intervista rilasciata alla radio della Svizzera tedesca in cui ripercorre la storia emblematica della sua famiglia dalla fondazione dello Stato di Israele ai giorni nostri. Al momento dell’intervista Fida si trova nel villaggio israeliano di Fassuta, nel nord della Galilea, e, come tutti gli israeliani, è costretta   costantemente a ripararsi in un rifugio antiaereo per sfuggire ai razzi lanciati dai militanti islamisti di Hezbollah dal vicino confine libanese.

“Siedo qui e rivivo il trauma che dalla mia infanzia si ripete continuamente” confessa nel corso dell’intervista Se la tensione fra israeliani e palestinesi faceva presagire un acuirsi della violenza mai sopita, aggiunge Fida, nessuno immaginava che essa sarebbe esplosa in modo così estremo   da entrambe le parti in conflitto a partire dall’eccidio del 7 ottobre.

Sabri e Hanneh, i genitori di Fida sono originari di Fassuta, un villaggio palestinese abitato prevalentemente da palestinesi cristiani che fu risparmiato dalla distruzione durante la guerra del 1948 anche se molti dei suoi abitanti furono costretti ad abbandonarlo mentre quelli che decisero di rimanere furono sottoposti a un duro regime di occupazione militare protrattosi fino al 1966. Nonostante le promesse di Ben Gurion, i palestinesi rimasti nel nuovo Stato non hanno mai visto riconosciuti gli stessi diritti degli ebrei israeliani nemmeno in seguito all’acquisizione della cittadinanza israeliana.

 Il padre di Fida cercò di adattarsi    a vivere in Israele e fu fra i primi palestinesi a laurearsi all’ Università ebraica. Divenuto avvocato, si dedicò alla difesa dei diritti dei palestinesi che vivevano all’interno dello Stato di Israele, soprattutto in materia di diritto di proprietà. Verso la fine degli anni ’50 emerse la figura di Yasser Arafat che alla guida del partito di Al Fatah prometteva la creazione di uno stato laico e democratico che garantisse a tutti una civile convivenza pacifica.

Arafat, dapprima capo guerrigliero e poi Presidente dell’Autorità nazionale palestinese, rifiutava a quei tempi la divisione della Palestina e non riconosceva quindi neppure la legittimità della Stato di Israele

Egli  riteneva necessaria, per il raggiungimento degli obiettivi del suo movimento, la lotta armata, giustificando anche il ricorso ad attentati terroristici, considerati una forma legittima di resistenza. Lo zio ha confessato a Fida di essersi chiesto da giovane la causa delle continue aggressioni e della privazione della libertà subite nella propria terra e di essere giunto alla conclusione che la sua unica colpa era di essere palestinese. Questo lo portò a maturare la convinzione  che l’unica soluzione possibile per lui e per il suo popolo   fosse la lotta armata e l’adesione all’Olp. Anche il padre di Fida, dopo essere entrato in contrasto con le autorità israeliane e avere trascorso diversi mesi in carcere, aderì alla lotta armata e nel 1970 si trasferì in Libano in cui Arafat aveva stabilito la sua base operativa e ne divenne consigliere.

Fida è nata a Beirut nel 1973 e da bambina ha vissuto gli orrori della guerra civile libanese  e dell’occupazione israeliana del 1982, eventi nel corso dei quali   sua madre viene uccisa da un bombardamento israeliano.

In seguito alle prospettive che gli accordi di Oslo del 1993 sembravano aprire Fida ottiene di poter tornare insieme al padre e al fratello minore a Fassuta, che conosceva solo dai racconti dei genitori. https://www.rsi.ch/info/mondo/Accordi-di-Oslo-la-pace-mancata–1907248.html

OggI Fida vorrebbe che suo padre non avesse mai aderito alla lotta armata prima di tutto per   le tragiche conseguenze che questo ha avuto per la sua famiglia e per il fatto che dopo decenni, e nonostante guerre e migliaia di morti, i palestinesi non hanno raggiunto i loro obiettivi.

Tuttavia,  mostra comprensione per le circostanze che hanno condotto il padre alla sua scelta anche per la sua pluriennale esperienza   in Cisgiordania dove la condizione di molti bambini è analoga a quella vissuta da suo padre nei primi anni della sua esistenza. Quale prospettiva di futuro può avere ad esempio un bambino come Jahid che   all’età di dieci anni vive nel campo profughi di Jenin e che nella sua breve esistenza ha conosciuto solo violenza fra gruppi palestinesi e soldati israeliani?

Sulla sua esperienza esistenziale Fida Jiirys ha pubblicato ne 2022   Stranger in  my own Land, disponibile per ora solo nella versione originale in inglese  (traduzione urgente e necessaria!), che è in effetti il risultato di dieci anni di rielaborazione  della propria esistenza e di lunghi colloqui con il padre e con lo zio oltre che di lunghe ricerche d’archivio.  https://www.hurstpublishers.com/book/stranger-in-my-own-land/.

La scrittrice palestinese con cittadinanza israeliana riconosce naturalmente le gravissime responsabilità israeliane nella situazione apparentemente senza sbocchi che il popolo palestinese è costretto a subire ma è anche una delle poche voci critiche che si levano in campo palestinese verso i dirigenti palestinesi passati e presenti.

La sua testimonianza getta una luce anche sulla condizione dei palestinesi che vivono all’interno di Israele di cui hanno ottenuto la cittadinanza che, pur godendo di una condizione migliore di chi vive a Gaza e in Cisgiordania, sono pur sempre considerati e trattati come cittadini di serie B

La scrittrice  fornisce anche  un contributo prezioso a tutti coloro che condividono la lotta dei palestinesi per i loro diritti ma individuano anche nell’azione di chi  li ha guidati e li guida  precise responsabilità nella mancata individuazione di forme di lotta efficaci.

Il fatto che questa critica venga dall’interno del popolo palestinese, da chi condivide le sue sofferenze e le sue lotte, rende naturalmente pienamente credibile questa riflessione, tanto più necessaria in un momento in cui il conflitto israelo-palestinese sembra inesorabilmente avviato verso sbocchi distruttivi per tutti.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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