“A volte, per le vicende che ho vissuto, mi sembra di aver più anni di quelli dichiarati dal certificato di nascita, ma mi sveglio ogni giorno pensando a cosa faremo domani e quel pensiero mi tiene vivo, sperando in un futuro migliore”.
“Cile, Italia, sola andata” è il viaggio fisico (“Dalle Ade agli Appennini” dice scherzosamente l’autore) ma anche esistenziale compiuto da Hector “Mono” Carrasco che con questo testo aggiunge un prezioso tassello al racconto della sua ricchissima esperienza umana, artistica e politica. Nulla meglio delle parole citate all’inizio riflette lo spirito di quest’ultima fatica letteraria e la visione del mondo dell’Autore.
Non si tratta di un’autobiografia in senso stretto ma di un insieme di riflessioni che mettono in luce vari momenti dell’esistenza di Carrasco.
Hector è nato a Santiago del Cile nel 1954, da genitori di diversa estrazione sociale e “fratello di latte” di un bambino mapuche, un’etnia autoctona del Cile che tuttora lotta per il pieno riconoscimento dei propri diritti a cui l’Autore si sente profondamento legato.
Un senso di rivolta morale contro le ingiustizie lo avvicina alle idee della sinistra; nel 1968 aderisce alla Gioventù comunista del Cile e con altri giovani della stessa organizzazione percorre il Paese a bordo di una jeep scassata, iniziando in forma rudimentale la sua attività di muralista che caratterizzerà poi tutta la sua vita e la sua attività artistica.
Questo gruppo di giovani comunisti dà vita alle Brigate muraliste Ramona Parra, create dal Partito comunista con intenti propagandistici legati alla protesta contro la guerra Usa in Vietnam e all’appoggio, prima alla campagna elettorale, poi all’attività del governo di Unità popolare di Salvador Allende, eletto Presidente nel 1970.
Nel corso della loro attività i membri della Brigata affinano le loro capacità artistiche, approfondendo i propri legami con la tradizione culturale e al tempo stesso con le istanze delle masse popolari del Paese a cui intendono dar voce
Nel 1973, con il golpe capeggiato da Pinochet, le attività della Brigata vengono dichiarate illegali e i suoi membri divengono oggetto della repressione fascista e i superstiti potranno riprendere la loro attività alla luce del sole solo con la fine del regime di Pinochet.
Dopo il golpe Carrasco, che assume il nome clandestino di Eduardo “Mono” con cui ancora oggi è spesso chiamato, continua il proprio studio per il conseguimento del diploma di grafico pubblicitario e partecipa ai primi tentativi di organizzazione clandestina della resistenza.
Un giorno però, fortunatamente durante una sua momentanea assenza, la sua casa viene perquisita e messa a soqquadro da membri della polizia segreta cilena. In seguito a una fortuita telefonata “mio zio (…) mi disse di non ritornare a casa. Ritornai solo dopo quattordici anni, cinque mesi e ventinove giorni”.
Il 5 ottobre 1988 un plebiscito popolare negherà al dittatore cileno la possibilità di protrarre il suo potere dispotico e segnerà l’inizio della fine del regime e il ritorno alla democrazia.
Un giorno indimenticabile per Carrasco che lo ricorda con commozione nel suo libro, sottolineando come anche un segno su una scheda possa essere un atto rivoluzionario.
Hector si rifugia nell’Ambasciata italiana dove la generosa e instancabile attività di alcuni diplomatici italiani allora in servizio, protrattasi fino al 1975 quando i golpisti ne imposero la cessazione, salvò la vita a molti oppositori del regime; il film documentario di Nanni Moretti Santiago Italia del 2018, che contiene anche un’intervista con Carrasco, ha ricordato questa esperienza.
https://www.mymovies.it/film/2018/santiago-italia/
Questo episodio e l’accoglienza che Hector e gli altri riceveranno successivamente in Italia inducono a qualche riflessione sull’Italia di oggi, in cui la situazione in materia di accoglienza e di solidarietà risulta radicalmente peggiorata per chi cerca protezione in Italia.
Hector ammette questa differenza che attribuisce in gran parte a un contesto storico profondamente cambiato da allora ma ritiene con ottimismo che il popolo italiano, nel suo insieme, non abbia perso quei preziosi valori umani che molti cileni hanno conosciuto.
Il 4 ottobre del 1974 Mono, ottenuto il visto per l’Italia, arriva a Roma, sotto la protezione dell’Onu e successivamente gli viene riconosciuto lo statuto di profugo, apolide ma libero di muoversi liberamente per la Penisola. Dopo poco tempo si sposta a Bologna, dove si occupa dell’accoglienza e dell’assistenza ai suoi connazionali ma al tempo stesso può riprendere la sua attività di muralista.
Si trasferisce in seguito a Milano dove dalla sua relazione con Mariella nasce la figlia Tamara che ha a suo tempo raccontato a Sconfinamenti la sua ricca e complessa esperienza migratoria.
https://sconfinamenti.info/tamara-carrasco-un-viaggio-nello-spazio-e-nel-tempo/
Conciliando con fatica lo studio con il l lavoro, consegue nuovamente il diploma di maturità che aveva già ottenuto in Cile e inizia a frequentare la facoltà di Architettura al Politecnico di Milano.
A ventidue anni ottiene un impiego stabile in un’azienda grafica, un’esperienza durata dieci anni e ricca di insegnamenti umani, professionali e politici, sempre circondato dalla solidarietà dei suoi compagni di lavoro.
In seguito, Hector ha potuto dedicarsi alla sua attività di grafico, muralista e promotore culturale non solo in Italia e in Europa, ma anche nel suo amato Cile e in altri Paesi del Sudamerica.
Oggi vive in un paese del Monferrato insieme alla sua compagna Antonella, conosciuta a un concerto del gruppo Inti Illimani historico, con cui Carrasco ha costantemente collaborato e di cui è rappresentante per l’Italia. Antonella è anche una preziosa collaboratrice, autonoma e creativa, dei suoi progetti culturali.
In Carrasco, come il libro testimonia ampiamente, arte e politica sono strettamente intrecciati.
Il muralismo di Carrasco è azione politica non solo per le tematiche che caratterizzano la sua attività ma anche per il coinvolgimento attivo di molte persone nella realizzazione dei murales nella convinzione che “le cose belle, le cose utili non si fanno da soli”
Il testo è preceduto da un prologo di Gabriel Boric Font, attuale Presidente della Repubblica del Cile, che sottolinea efficacemente il legame fra il tentativo di rinnovamento di Allende, bruscamente interrotto dalla brutale violenza del golpe militare, e Il Cile di oggi che cerca di riprendere quella strada, come lo stesso Carrasco sottolinea nel capitolo finale del suo libro. Non si tratta di un processo indolore, visto che il movimento popolare che ha portato alla svolta politica che ha prodotto prima la richiesta di una nuova Costituzione e poi l’elezione dell’attuale Presidente è stato il frutto di una reazione alla sanguinosa politica antipopolare degli eredi dei golpisti del ’73. Questo processo di riscossa democratica, del resto è tuttora in corso e la resistenza delle forze reazionarie continua a condizionarlo pesantemente.
La lotta per la libertà e la democrazia, insomma, in Cile come altrove, è sempre attuale e l’esito non è mai scontato ma la speranza deve sempre rimanere viva.
Questa speranza e la volontà di lottare con gli strumenti della sua arte sono ribaditi da Carrasco anche nella conclusione del libro quando afferma la sua intenzione di continuare “ a imbrattare i muri con i colori (…) fino all’ultimo respiro o pennellata”