Le regole attuali europee stabiliscono che il debito pubblico totale degli Stati membri non debba superare il 60% del loro PIL e il deficit annuale vada mantenuto al di sotto del 3%.
Ma la Confederazione europea dei sindacati (ETUC), che rappresenta 45 milioni di membri, non ci sta! E rivendica una nuova fase di iniziativa sindacale in nome di un’Europa sociale.
Le politiche di austerity previste dalla Comissione constringerebbero 14 Stati membri a tagliare un totale di 45 miliardi di euro dai loro bilanci già l’anno prossimo. “Secondo la proposta corrente, gli Stati membri con un deficit superiore al 3% del PIL dovranno ridurre il loro deficit di bilancio di almeno lo 0,5% del PIL ogni anno“, si legge in un comunitcato dell’ETUC. “Ciò porterebbe a meno posti di lavoro, salari più bassi, servizi pubblici tirati all’osso e lascerebbe la maggior parte degli Stati membri dell’UE impossibilitata a fare gli investimenti necessari per raggiungere i propri obiettivi sociali e climatici“.
Con le elezioni europee dell’anno prossimo alle porte e l’aumento dell’estrema destra sul continente, l’estrema destra sarebbe il principale beneficiario del tipo di politiche fiscali che vengono proposte dalla Commissione. Il tutto a discapito di investimenti per gli obiettivi sociali e climatici, riduzione di posti di lavoro e peggioramento delle condizioni di lavoro per insegnanti, personale medico, impiegati nel settore pubblico.
“No all’austerity” – hanno ripetuto con forza in 15 mila, tante le persone presenti ieri, 12 dicembre, a Bruxelles nella manifestazione indetta dai sindacati europei. “Sì austerità a salari dignitosi, alla contrattazione collettiva e a una legge sulla rappresentanza”; “Sì a un’Europa sociale“.
Per l’Italia, presenti i sindacati CGIL e UIL con i loro segretari generali, Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri, che hanno chiesto ai governi di mantenere in atto i meccanismi di solidarietà introdotti durante la crisi del coronavirus, come il piano Recovery and Resilience Facility multimiliardario di prestiti e sovvenzioni ideato per aiutare i 27 paesi dell’UE a dare nuova vita alle loro economie devastate dal virus.
“L’austerità – ha chiarito Landini – sarebbe un danno, non solo per i lavoratori ma anche per l’Europa e per il ruolo stesso che l’Europa dovrebbe giocare in un mondo che sta ridefinendo i propri equilibri geopolitici. Noi pensiamo che sia necessario che l’Europa sviluppi maggiormente questa dimensione”.
Dunque un tema di fondo riguarda l’intervento fiscale: dove prendere i soldi?
“A chi domanda – continua il segretario della CGIL in conferenza stampa – dove si vanno a prendere i soldi per investire sulla sanità, sulla scuola, sul lavoro…ecco noi pensiamo che c’è un problema di riforma fiscale, sicuramente nel nostro paese, in Italia, ma in generale in tutta Europa: quando il lavoro e le pensioni mi sono tassate di più della rendita finanziaria, della rendita mobiliare, questo vuol dire che c’è qualcosa che non funziona. E da un certo punto di vista proprio lì bisogna andare a prendere le risorse, i soldi per cambiare sostanzialmente questa politica. Il fatto che oggi siamo tutti qui assieme, credo che sia una cosa importantissima; grazie al Congresso di Berlino, siamo qui perché c’è stata una consapevolezza collettiva, e io credo che questo non possa essere un semplice episodio. Ma con maggior forza di quello che abbiamo fatto fino ad ora, credo che il messaggio che dobbiamo mandare è che si apre una nuova fase anche dell’iniziativa sindacale, in Europa e non solo nei singoli paesi, che sia in grado di recuperare anche una dimensione collettiva”
Opporsi al ritorno dell’austerità come politica europea andrebbe anche a beneficio dei tanti italiani all’estero che vogliono tornare in Italia? E come?
“Per fermare l’uscita dall’Italia di tanti connazionali e tante connazionali – spiega Landini ai microfoni di Radio Mir – è necessario, anzitutto, aumentare i salari; bisogna cancellare quella precarietà assurda che sta portando tanti giovani ad andarsene perché non trovano un modo di potersi realizzare nel proprio paese e trovano invece un riconoscimento più all’estero che in Italia. L’Italia deve insomma cambiare, tornare a investire nelle competenze dei giovani, ad esempio. Per farlo, vorrei ricordare, serve la pace.”
Stiamo affrontando diverse transizioni: con quali conseguenze, rischi o potenzialità per i lavoratori?
“Noi, come sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori, ci stiamo battendo molto nel nostro paese perché si rilancino gli investimenti, si cambino queste politiche sbagliate – afferma Landini ai microfoni di Pietro Lunetto (Radio MIR) – ed è indubbio, anche, che le politiche che può fare l’Europa sono decisive anche per far cresce il nostro paese e la battaglia di oggi è proprio volta a superare le politiche di austerità e far ripartire invece gli investimeni nella sanità, nella scuola, per la transizione energetica, per la transizione climatica, per la transizione digitale. Queste transizioni stanno trasformando la vita delle persone ma hanno bisogno dell’intelligenza degli uomini e delle donne affinchè siano messe al centro la giustizia sociale e le persone, non i profitti del mercato”.