Una vita da pedone

Se vi trovate a percorrere una qualsiasi strada svizzera, esiste un modo (quasi) infallibile per stabilire la provenienza geografica del passante in cui vi imbattete nel momento in cui attraversa la strada sulle strisce pedonali.

Normalmente lo straniero, ad esempio un italiano non residente stabilmente in Svizzera, infatti, dopo aver attentamente scrutato l’orizzonte   in entrambi i sensi di marcia dei veicoli, attraversa con circospezione, osservando con un certo stupore i veicoli che addirittura si fermano al suo passaggio e alla fine ringrazia calorosamente i conducenti per la grazia ricevuta.

Chi vive in Svizzera invece attraversa con decisione in qualsiasi momento, confidando nel fatto che anche i veicoli che sopraggiungono a velocità sostenuta, si fermeranno comunque,

frenando magari a venti centimetri dal suo calcagno e si guarda bene dal ringraziare per quello che considera un atto dovuto. A volte, magari, non hai alcuna fretta di attraversare ma ti senti moralmente costretto a farlo velocemente perché il conducente che ti vede da lontano inchioda nei pressi dell’attraversamento pedonale.

Come pedone italosvizzero sono costretto a mettere in atto  una serie di comportamenti differenziati e sono inoltre indotto   ad alcune osservazioni antropologiche

Il momento di maggior pericolo si verifica quando mi reco nuovamente in Italia dopo una lunga assenza. Il primo giorno, infatti, tendo ad attraversare in modalità svizzera sulle strisce pedonali o almeno in quelle che in molti punti della mia città di origine   sono accreditate come tali. Si tratta infatti in molti casi non di strisce di vernice bianca o gialla chiaramente tracciate ma di stinti residui del lontano momento in cui videro la luce, cancellate dal tempo o dai rattoppi a cui questa o quella strada è stata sottoposta.

A volte non si capisce nemmeno se l’amministrazione comunale intenda ancora considerare questi punti come veri passaggi pedonali o forse questa valutazione è lasciata democraticamente agli utenti della strada, non senza pericolose discrepanze di opinioni. Comunque, il problema è felicemente superato in quanto molti automobilisti considerano evidentemente un disonore fermarsi in prossimità di passaggi pedonali veri o presunti e applicano un codice stradale non scritto secondo il quale il pedone può azzardarsi ad attraversare solo dopo aver atteso, eventualmente fino al calar delle tenebre, il passaggio anche dell’ultimo veicolo. Molti automobilisti poi considerano i pochi passaggi pedonali fatti a regola d’arte con tanto di dossi non un invito a rallentare ma un perfido accorgimento per danneggiare i veicoli

Ho ovviamente un po’ giocato con gli  stereotipi e naturalmente buoni e cattivi automobilisti esistono in ogni angolo del mondo come pure alcuni problemi comuni  legati alla sicurezza dei pedoni. Uno di questi è rappresentato dalla distrazione di alcuni che attraversano  la strada, magari   concentrati nella lettura di messaggi sul telefonino.
Esiste poi il problema dei ciclisti che si impadroniscono ovunque sempre più saldamente dei marciapiedi e delle zone pedonali, percorrendoli spesso a velocità da Tour de France, magari indispettiti dalla lentezza con cui  il pedone di turno procede. Si tratta di quella che definisco la sindrome di rosso Malpelo: come il personaggio della novella di Verga, molti ciclisti, angariati dalla prepotenza e dai pericoli del traffico motorizzato, sfogano la propria frustrazione sul povero pedone come fa Rosso Malpelo con l’asino grigio.

Non parliamo poi dei malefici monopattini, soprattutto di quelli elettrici e delle stesse biciclette elettriche di cui nessuno ancora è riuscito a disciplinare esattamente l’uso e che in alcuni casi vengono addirittura ammessi nelle zone pedonali, con conseguenze anche gravi, come nel recente caso di Parigi.

 Detto questo e rimanendo al raffronto fra Svizzera e Italia è indubbio che mediamente per varie cause (migliori condizioni del manto stradale, precisa segnalazione e tracciamento degli attraversamenti pedonali, maggiori controlli sulle infrazioni. maggiore osservanza delle regole ecc.) il pedone se la passa meglio in terra elvetica.

Questa convinzione è rafforzata dai dati statistici: nel 2019 sono morti in Svizzera 37 pedoni contro i 534 dell’Italia, cioè in Italia, raffrontando approssimativamente gli abitanti dei due paesi si ha un numero quasi doppio di decessi. In entrambi i paesi la situazione è migliorata negli ultimi dieci anni ma è evidente, soprattutto per quanto riguarda l’Italia, che c’è ancora molto da fare

Insomma, la vita del pedone si fa sempre più dura per i pericoli che corre continuamente come anello debole della circolazione stradale e per il fatto che l’agibilità dei suoi  spazi viene sempre più messa in discussione; se non vorremo  rischiare l’estinzione  noi pedoni dovremo  organizzarci in lobby per far sentire la nostra  voce.

Pedoni di tutto il mondo, unitevI!

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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