Ci sono più statue di capre che di donne?

Una, finalmente; una, solamente. E lei sola, non tra uomini. La statua di Elena Cornaro Piscopia, la prima laureata al mondo nel 1678, sarà posizionata a Padova nel centro storico – e non tra le figure del pantheon di Prato della Valle. Nessuna scultura femminile dunque ad affiancare 78 statue di uomini (se non si conta il busto della poetessa Gaspara Stampa, “ai piedi” della statua dello scultore Andrea Briosco). Rimane l’amaro in bocca, soprattutto se si guarda al Nord Europa dove ben maggiori sono gli sforzi per cambiare la narrazione visiva degli spazi pubblici.

Si conclude così, dopo tre anni di dibattiti, una vicenda che a Padova era diventata una sorta di tormentone e attacco alla cultura “patriarcale”. Secondo un regolamento emanato nel lontano 1776 dalla Presidenza del Prato per essere raffigurati nella famosa piazza – la “piazza senza erba”, che è la seconda piazza per estensione d’Europa – ci vorrebbero tre condizioni: non essere persone in vita, non essere dei santi e aver avuto rapporti con la città di Padova. Nessun divieto per le donne, dunque. Eppure non sono bastati quasi duecentocinquant’anni per rompere la presenza unicamente maschile. 

La statua di Elena Cornaro Piscopia non andrà a Prato della Valle a Padova ma nel centro storico della città. Per qualcuno, la ragione è che “non si può riempire quei due pilastri vuoti, perché hanno una loro storia”. Sono le parole di Vincenzo Tiné, che siede alla soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della città. C’è però chi porta una riflessione diversa a conclusione della lunga vicenda (se ne parla almeno dal 2022): ovvero una riflessione dell’ennesima riconferma di come rimanga difficile rompere con lo squilibrio di genere che continua a segnare le sculture pubbliche e i monumenti – i quali, vorrei sottolinearlo – hanno un ruolo importante nel comunicare ciò che una società considera significativo, eterno e degno di essere ricordato.

Ma quante sono le statue di donne nel mondo? La stima delle donne che occupano la narrazione visiva degli spazi pubblici ci mette di fronte a un dato deprimente e che fa arrabbiare. Stando a quanto raccolto da due artisti britannici, Gillie e Marc Schattner, solo tra il due e il quattro percento delle statue pubbliche nel mondo, in media, rappresentano figure femminili di donne che non siano soggetti mitologici o allegorici, sante o le rappresentazioni della Vergine Maria.

Un dato, questo, confermato da uno studio condotto nel 2018 dalla BBC secondo il quale 174 delle 828 statue registrate dalla Public Monuments and Sculpture Association (associazione che ora non esiste più) erano di figure femminili e solo 80 erano intitolate a donne (tutte le altre appartenevano a raffigurazioni femminili tratte dal mondo della mitologia). Secondo Gillie e Marc Schattner, nelle piazze del Regno Unito, ci sarebbero addirittura più statue di capre che di donne! Sconfortante anche il dato dall’Australia – qui sono le statue di cavalli a superare quelle delle donne. E negli Stati Uniti, che vantano oltre 300 statue di baseball, due soltanto raffigurano giocatrici; secondo la professoressa di arte dell’UW-La Crosse, Sierra Rooney, solo il 6% delle statue negli Stati Uniti riguardano donne che hanno realmente vissuto (dunque non stiamo contando le figure femminili allegoriche – che rappresentano idee come la libertà e la pace, ma non donne reali).

Nell’Europa della “cultura classica”, la situazione è altresì drammaticamente impari (stando ai pochissimi dati noti – e infatti è grave la carenza di dati al riguardo). In Italia, il collettivo Mi Riconosci ha censito tutti i monumenti dedicati a donne illustri in Italia. Sono 148. Collogate per lo più presso incroci stradali piuttosto che in piazze centrali, si tratta poi di donne mondine o lavandaie: altre figure come le levatrici, le impiegate o le scienziate non le ricorda nessun monumento. Sempre l’indagine di Mi Riconosci ha chiarito che mettendo insieme Roma, Napoli, Milano, Torino, Firenze, Bologna, Bari, Palermo, Cagliari e Venezia, i monumenti dedicati a donne sono pressoché assenti: sene contano in tutto 20.

Per affrontare questo aspetto della disparità di genere, e dunque per celebrare i successi di donne straordinarie che sono state trascurate per troppo tempo, gli artisti Gillie e Marc Schattner hanno lanciato, qualche tempo fa, un progetto – Statue For Legends – la cui missione è quella di riempire le strade del Regno Unito con storie ispiratrici di eroi locali, sia donne che uomini, provenienti da tutto il mondo. Ma la buona volontà dei singoli artisti ovviamente da sola non è sufficiente. Per cui, per ora, a “vincere” (senza troppa sorpresa, a dire il vero, data l’attenzione alla parità di genere) è la Danimarca: qui il governo danese a marzo di quest’anno si è impegnato a correggere lo squilibrio di genere tra le statue del Paese spendendo 50 milioni di corone danesi (oltre 6,7 milioni di euro) e istituendo un comitato per selezionare quali donne dovrebbero essere commemorate.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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