Nel giorno in cui l’ucraina Yaroslava Mahuchikh ha stabilito un nuovo record mondiale nel salto in alto femminile (2,10 metri) alla Diamond League di Parigi, a meno di 20 giorni dall’inizio delle Olimpiadi nella stessa città, mi ritrovo a riflettere ancora una volta sul ruolo femminile nello sport.
Cosa c’entra il salto di Mahuchikh con la parità di genere nello sport? Direttamente poco. Indirettamente molto.
Perchè? La ragione è che questo successo dell’atleta ucraina passa TROPPO inosservato, mentre siamo in tanti e tante con gli occhi incollati alla TV a guardare gli Europei di calcio (maschili, ma naturalmente non c’è bisogno di specificarlo). È vero che l’atletica è meno popolare del football, ma qui si sta parlando di aver rotto il record che rimaneva imbattuto dal 1987. Certo la notizia la si trova su diversi siti e pagine web. Ma il clamore, il risalto? Sono molto limitati.
E così ripenso a due libri che affrontano il tema dell’emancipazione femminile attraverso lo sport. Li ho letto un paio di anni fa; mi sembrano degli “evergreen”, ovvero ancora di attualità.
Il primo, “Donne in bicicletta” di Antonella Stelitano, traccia un parallelismo non troppo velato tra i chilometri percorsi dalle donne in bicicletta e il loro ideale cammino di emancipazione. Un racconto su due ruote che narra, al tempo stesso, una storia di donne e di conquiste sportive. Ma, come il libro ricorda, la parità è ancora lontana. Lo dimostrano le disparità salariali, la mancanza di tutele (in diverse discipline e paesi) durante la maternità nonché la scarsa riconoscenza dello sport femminile come professione. Ma soprattutto, la parità è lontana nella governance, dal momento che nella dirigenza sportiva le donne spesso non raggiungono nemmeno il 20%. Se guardiamo al caso italiano, nella storia delle federazioni sportive italiane, su oltre 600 presidenti, solo una donna ha ricoperto tale carica.
Su queste stesse pagine ho già recensito “Cinque cerchi di separazione. Storie di barriere di genere nello sport” di Federico Greco. Si tratta di un libro che ripercorre storie di atlete sminuite da mariti, familiari e colleghi, ridicolizzate dai media, private dalle istituzioni della possibilità di competere in alcune discipline o di ricevere i medesimi riconoscimenti (anche economici) dei colleghi maschi.
Per tornare al primato di Yaroslava Mahuchikh: il suo salto rappresenta per me un’ispirazione, un monito a non mollare e a continuare a lottare per un futuro in cui le donne nello sport saranno protagoniste a tutti i livelli.