Di quante realtà abbiamo bisogno?

Sono giorni di novità disarmanti, per non dire inquietanti, nell’ambito della politica italiana. Ricorrenze e simboli che vacillano, così come i valori di un Paese, che dovrebbero erigersi a prescindere da qualunque ideologia politica.

Non mancano temi di attualità nazionali e internazionali di cui vorrei parlare, aggrappandomi alla scrittura per ciò che è sempre stata per me, una lente per congiungere i segni della realtà e provare a interpretarli.

Arrivano però a volte dei momenti in cui troppa realtà innesca nella mia mente un fenomeno di saturazione e l’unica cosa che vorrei è aggrapparmi alla pura immaginazione, quella di mio figlio di quattro anni per intenderci, che crede fermamente nei mondi che inventa.

Ho la fortuna di aver messo al mondo due creature molto diverse tra loro, in particolare nell’approccio che hanno con la realtà. Questo mi permette una divertente e costante osservazione delle loro modalità di sopravvivenza, che spesso mi porta a chiedermi: chi dei due, alla fine, è più felice?

Matilde ha sancito la realtà assoluta come ancora e schudo per districarsi da qualunque situazione del quotidiano, dalle più insignificanti, alle grandi verità dei sentimenti. Inconcepibile per lei mentire. Non ne è fisiologicamente capace e vive come ingiustizie capitali le bugie, anche innocenti, degli altri.

Sembra avere la stoffa per diventare una buona avvocata, o forse no. Forse proprio per questa sua incapacità congenita a manipolare anche solo frammenti di realtà a suo beneficio, potrebbe rivelarsi un’avvocata destinata al fallimento.

Il vantaggio nella relazione con il mondo esterno è che di lei ci si può fidare a mani alte. Non mentirà, e non perché non vuole, ma perché non può.

Lo svantaggio è il rischio di essere considerata una persona poco incline all’ironia. Non trova nulla di divertente nelle battute con i doppi sensi. Per non parlare degli scherzi…Per lei si è già nel territorio del falso, quindi c’è poco da ridere.

Non sono quasi mai riuscita a fare giochi di ruolo fantastici, quando era più piccola. Lei ci provava, ma emergeva presto il suo disagio nello stare in una parte non sua e sentire me dire e fare cose che non rientravano nell’identità che lei aveva definito e memorizzato per me.

Nonostante questo, crede a circoscritte realtà magiche che per ora si tiene strette, come la Fatina dei denti o Babbo Natale, senza addentrarsi mai troppo nel come, dove e perché, in una sorta di tacito accordo di benevolenza nei nostri confronti: io accetto senza troppe remore un po’ della  vostra magia e in cambio voglio risposte chiare e altamente scientifiche sui grandi misteri dell’universo.  

Eppure è felice, e sento di poterlo dire con certezza. Conoscere a fondo le cose la tranquillizza. Ancorarsi alla realtà, per quanto triste o complicata, le permette di vivere serena.

Non le interessa immaginare il sole che si tuffa nel mare a fare un bagno, per giustificare il tramonto. La inquieterebbe una risposta simile. Vuole capire la rotazione della terra. Sarà meno poetico e molto più complesso per una bambina di sette anni, ma è vero. E tanto basta.

Di tutt’altra pasta è Samuele, il pluripremiato racconta palle della famiglia. Colui che per mascherare il furto di una merendina dalla dispensa è stato in grado a tre anni di inventare su due piedi una storia rocambolesca degna dei migliori improvvisatori teatrali, con protagonista la merendina scomparsa, in fuga attraverso il balcone verso mondi lontani e sconosciuti.

Il tutto con un’espressione tanto seria e convinta da distrarre l’occhio dalle briciole rimaste appiccicate come prova inconfutabile intorno alla bocca.

Lui si destreggia su più livelli di realtà, a seconda della situazione e del bisogno. E ognuno di essi ha la stessa validità, perché nel momento in cui comincia ad inventare, aderisce alla storia fino a crederci lui per primo.

A differenza della sorella quindi è molto difficile sapere da lui come sono andate realmente le cose. A meno che non si ha voglia di farsi una risata, che verrà puntualmente interrotta da un grido seccato: -Non è vero! Sta mentendo!-

Indovinate da chi?

Lui è un esperto a inventare mondi nei giochi, far parlare i suoi animali con coscienza e intenzioni definite, parlare con altre vocine e fare scherzi.

Ama credere al mistero della magia, non si aspetta risposte, sa sostare nel fiato sospeso della sorpresa e cerca di farlo durare il più a lungo possibile. Vede l’anima negli oggetti e ci parla. Può instaurare un dialogo con un piatto come con una nuvola e non gli interessa avere un solo punto di vista nelle risposte.

Potrebbero due fratelli essere più diversi?

Non lo so, ma vedo e sento che entrambi stanno comodi dentro la loro dimensione della realtà.

Non saprei neanche dire io a chi somiglio di più. Forse sguazzo nella fantasia come Samuele, proprio perché tendo a farmi soffocare troppo dalla realtà che vedo ogni giorno.

Immaginare fughe, trasformazioni, incontri che capovolgono il corso della vita mi aiuta a tenere le redini di questa. Del resto volare o radicarsi ben bene al suolo non hanno in fondo lo stesso obiettivo? Farci sentire un po’ meglio ad affrontare questo viaggio.

E voi? A cosa vi ancorate meglio: al sogno o alla verità delle cose?

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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