Kathleen Folbigg e l’ennesimo capro espiatorio del mito della maternità

Kathleen Folbigg è una donna australiana di cinquantasei anni, venti dei quali passati in prigione per quattro omicidi che non ha commesso.

La sua vita non è partita facile dal principio: all’età di diciotto mesi il padre biologico di Kathleen uccide sua madre con ventiquattro pugnalate. La bambina viene affidata  prima a una coppia e in seguito a una struttura di accoglienza per poi trovare la sua famiglia affidataria. Nel 1989, a vent’anni, sposa Craig Gibson Folbigg, matrimonio che si sarebbe concluso con il divorzio nel 2000.

Nel 1989 nasce il primo figlio dei Folbigg, Caleb, che Kathleen trova privo di vita in culla a diciannove giorni. Si archivia la faccenda come una sindrome di morte neonatale inspiegabile.

Nel 1990 nasce Patrick. All’età di quattro mesi ha una grave crisi respiratoria. Anche in questo caso è Kathleen ad accorgersene e ad avvisare immediatamente il marito. Grazie a un rapido intervento di rianimazione riescono a salvarlo. Gli viene diagnosticata l’epilessia e cecità corticale, anche se la diagnosi non sembra correlata al rischio di morte scampato. Morirà quattro mesi dopo a causa di convulsioni.

Nel 1992 nasce Sara, la terza figlia dei Folbigg, che morirà anche lei in circostanze inspiegabili all’età di dieci mesi.

Infine nel 1997 nasce Laura, l’unica figlia a festeggiare il primo compleanno di vita. Morirà inspiegabilmente all’età di diciotto mesi.

L’elemento determinante che ha portato alla colpevolezza definitiva di Kahtleen Forbigg è stato il ritrovamento dei diari della donna, da parte del marito, diligentemente consegnati alla polizia.

“La cosa che mi spaventa di più è quando sarò da sola con la bambina”

“Lo stress mi fa agire male. L’ho quasi volutamente lasciata cadere sul pavimento.”

“Mi sento come la peggior madre del mondo.”

“Ho paura che ora mi lasci come ha fatto Sara.”

Queste parole sono bastate, in mancanza di altre prove, a determinare una sentenza giudiziaria pesantissima: quaranta anni di carcere, con un periodo di non libertà condizionale di trenta anni, per aver ucciso, probabilmente soffocandoli nel sonno, i suoi quattro figli, in momenti di frustrazione più o meno coscienti.

La condanna si basava sull’improbabilità di quattro morti naturali nella stessa famiglia, citando una celebre massima attribuita al pediatra britannico Roy Meadow: “Una morte infantile improvvisa è una tragedia, due sono sospetti e tre sono omicidi, fino a prova contraria”.

Fu definita dall’opinione pubblica la più efferata serial killer della storia dell’Australia. Vista la particolare natura della sua accusa, Forbigg risiedeva in custodia protettiva per evitare possibili violenze. Nonostante questo, nel 2021, in seguito a un trasferimento di prigione, è stata selvaggiamente picchiata da un’altra detenuta.

Nel 2013 un team di avvocati a Newcastle, dove avevano vissuto i Folbigg, si è occupata del suo caso. Hanno arruolato diversi esperti medici, tra cui Stephen Cordner, un rinomato patologo forense presso la Monash University di Melbourne, il cui rapporto di 121 pagine sosteneva che la morte di Sarah sembrava essere un esempio quasi da manuale di sindrome della morte improvvisa del lattante o SIDS, e che la laringe floscia di Caleb, la gravi crisi epilettiche e la miocardite di Laura sostenevano più fortemente la morte per cause naturali rispetto al soffocamento, per il quale non esistevano prove.

Nel giugno 2015, il team legale di Folbigg ha consegnato una petizione ufficiale, inclusa la relazione di Cordner, all’ufficio del procuratore generale a Sydney.

Il team legale di Folbigg si è quindi rivolto alla dottoressa Carola Garcia de Vinuesa, immunologa presso l’Australian National University e una delle prime persone in Australia a utilizzare il sequenziamento genomico per collegare le malattie alla variazione genetica, per esaminare i campioni di DNA dei bambini deceduti dei Folbigg.

Vinuesa e il suo collega, il genetista Todor Arsov, hanno iniziato con il DNA di Kathleen, ed entrambi hanno trovato una mutazione nel suo gene CALM2.

Molte variazioni del gene CALM sono collegate alla sindrome del QT lungo, un disturbo che colpisce la ripolarizzazione (rilassamento) del cuore dopo un battito cardiaco, dando origine a un intervallo QT anormalmente lungo. Può causare battiti cardiaci veloci e caotici e può essere pericoloso per la vita.

Tuttavia, nel rapporto di 500 pagine, pubblicato nel luglio 2019, Reginald Blanch, ex giudice capo del tribunale distrettuale, ha dichiarato di non avere “alcun ragionevole dubbio” sulla colpevolezza di Kathleen Megan Folbigg per i reati per i quali è stata condannata.

Il 4 marzo 2021, una petizione firmata da piu di 100 eminenti scienziati, inclusa la dottoressa Carola Garcia de Vinuese, viene pubblicata dall’Accademia Australiana della Scienza, invitando a riconsiderare gli atti di accusa verso Folbigg di fronte alle evidenti spiegazioni mediche e scientifiche per ognuna delle quattro morti.

Il 5 giugno del 2023, Kathleen ha ottenuto la libertà, dopo vent’anni, per “ragionevoli dubbi” relativi alle prove.

Provo a immaginare i primi istanti fuori dal carcere di questa donna distrutta, che ha dovuto elaborare da sola, chiusa in una cella, la morte tragica dei suoi quattro figli, mentre fuori tutti, a partire da suo marito, la consideravano un’assassina crudele e seriale. Una madre pazza, che ha osato sfogare il suo stress post traumatico su un diario usato come unica prova della sua colpevolezza.

Frasi che qualunque madre ha pensato e forse, tra le più coraggiose e protette da relazioni in grado di accoglierle, esplicitato a voce, urlato forse, nei momenti più duri, come richiesta d’aiuto.

Questa storia è l’ennesimo esempio che esiste un’urgente bisogno di diffondere la realtà celata dietro una maternità edulcorata e sempre grata.

Ammettere di non farcela più, di provare momenti di grande disorientamento emotivo e psicologico, sentire rabbia e istinti violenti, non fanno di una madre un’assassina, ma un essere umano fragile, lasciato solo da una società che si ostina a non riconoscere la difficoltà e lo stress effettivo della maternità.

Una madre che ha perso tre figli in circostanze misteriose e si ritrova da sola con la quarta bambina, nel terrore di ogni più piccola mossa, non può correre il rischio di manifestare la sua disperazione. Il prezzo può essere un perdono e un risarcimento in denaro che non compenserà mai vent’anni rubati, un matrimonio distrutto e una donna lasciata sola, da sempre, a urlare la sua innocenza.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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