La Russia di Putin e la guerra: un colloquio con Susanne Scholl

Susanne Scholl, giornalista, scrittrice, attivista per i diritti umani, è già nota ai lettori di Sconfinamenti.Ha lavorato per molti anni come corrispondente da Mosca del servizio pubblico radiotelevisivo austriaco.

Le abbiamo chiesto di esprimere il suo punto di vista sulla Russia di Putin impegnata in una guerra di aggressione all’Ucraina.

La ringraziamo per aver gentilmente accolto il nostro invito.

 

Tu hai una profonda conoscenza della Russia per il tuo passato professionale e hai conservato anche in seguito contatti con persone che vivono sia in Russia che in Ucraina.

Riesci a mantenere qualche contatto anche dopo lo scoppio della guerra?

Sì,  ho sempre avuto contatti con persone in Russia e in Ucraina che, in effetti,   dopo l’invasione russa si sono fatti molto difficili. Alcuni amici e conoscenti sono morti, altri sono dispersi per il mondo. Chi è rimasto in Ucraina vive in condizioni precarie   mentre con chi è rimasto in Russia posso parlare solo di innocue questioni personali, senza alcun riferimento alla politica o alla guerra perché per loro sarebbe pericoloso.

La Russia ormai sta diventando una dittatura con un controllo di tipo totalitario sulle persone

Puoi delineare a grandi linee la situazione attuale della società russa sotto Putin?

Mi sono fatta in generale un’idea della situazione attuale   soprattutto attraverso le persone che sono riuscite ad arrivare qui in Austria.

Putin non ha mai nascosto, fin dai primi momenti della sua ascesa al potere, di considerare la fine dell’Unione Sovietica come la più grave tragedia geopolitica per la Russia del XX secolo e il suo progetto è sempre stato quello di un ritorno a quel passato o almeno di avvicinarvisi il più possibile; con lui  la Russia ha fatto grandi passi indietro rispetto a Gorbaciov e a Eltsin.

Putin ha operato a lungo nel KGB e ha conservato una visione del mondo tipica della guerra fredda; la Russia da una parte e il resto del mondo dall’altra, magari con la Cina in una posizione intermedia.

Ovviamente questo progetto revanscista   non viene accettata né dai Paesi direttamente interessati né da molti altri Paesi.

Oltre all’Ucraina anche Georgia e Moldavia nutrono preoccupazioni per le pretese di Putin mentre altri Paesi dell’ex blocco sovietico si sentono protetti dalla Nato.

Pensavo che nei Paesi dell’ex blocco sovietico fosse diffusa una sorta di paranoia antirussa ma con l’invasione dell’Ucraina ho dovuto prendere atto che questi timori hanno un solido fondamento. La Russia postsovietica con Putin è di nuovo finita   in mano a un gruppo di potere che vede di buon occhio un ritorno alla politica di potenza del periodo sovietico. Il modello sovietico era almeno sostenuto da una visione   ideologica, magari discutibile, mentre quella di Putin e della sua cricca è una pura logica affaristica e di potenza.

Non è un caso che Putin non perda occasione per esaltare la figura di Stalin; pensi che nel regime di Putin permangano alcuni aspetti deteriori del comunismo?

Discorso difficile perché in Russia non c’è mai stato un sistema che si possa definire comunista.

Ci fu un tentativo di creare una transizione verso il comunismo negli anni Venti del ‘900, poi totalmente abbandonato. Il comunismo è un’utopia forse irrealizzabile e comunque mai realizzata finora, è meglio perciò parlare di sistema sovietico.

Questa idea di una Russia dominante sui Paesi circostanti è addirittura antecedente all’Unione Sovietica.

Sì, è senz’altro vero

Tu sei stata corrispondente della televisione pubblica austriaca dal 1991 e quindi hai vissuto di persona la dissoluzione del regime sovietico. Questa fine aveva suscitato la speranza di un’evoluzione democratica del Paese; perché questo non è avvenuto?

 

La Russia non ha mai vissuto un’esperienza democratica e con la fine del regime sovietico ci si è illusi da molte parti, sia all’interno che fuori dal Paese che la democrazia sbocciasse spontaneamente e questo naturalmente non è mai possibile. La democrazia non arriva dal cielo, va conquistata. Le difficoltà economiche e la mancanza di modelli a cui ispirarsi per uscirne hanno fatto il resto e l’avvento di Putin ha stroncato definitivamente ogni possibile illusione. In questa situazione ha prevalso la logica del più forte e molti burocrati del vecchio Partito comunista si sono rapidamente adattati alla nuova situazione, mantenendo. nelle nuove condizioni, il potere economico che già detenevano nell’era sovietica. Si è creata una situazione di capitalismo selvaggio simile a quella esistente negli Usa alle origini del sistema capitalistico.

 

Non c’è stata una vera transizione democratica né politica né economica.

 

Questo tentativo di cambiamento sostanziale si è interrotto per le incertezze determinate dalla grave crisi economica postsovietica. Questa crisi ha investito in modo ancora più pesante anche i Paesi ex sovietici, Ucraina compresa, che dipendevano completamente dalla Russia e che, rispetto ad essa, disponevano di minori risorse.

Nel periodo in cui sei stata corrispondente dalla Russia ti sei occupata della Cecenia, dove hai vissuto anche una brutta esperienza personale.

 

La crisi cecena ha rappresentato una svolta nella costruzione del potere di Putin, in quanto, di fronte a una crisi interna così grave, la maggior parte della società russa si è compattata attorno a Putin e ha subito un processo di brutalizzazione.

Io sono stata fermata dalle autorità russe in quanto, con una troupe della tv austriaca, avevo girato del materiale con testimonianze di persone, soprattutto donne, i cui congiunti avevano subito ogni tipo di violenza e in alcuni casi erano stati anche uccisi. Naturalmente la diffusione di queste testimonianze era sgradita ai servizi segreti russi e quindi siamo stati fermati per sei ore, proprio nel momento in cui volevamo uscire dalla Cecenia e ci sono state rivolte tutta una serie di domande. In quanto cittadina austriaca mi sono subito rivolta all’Ambasciata di Mosca del mio Paese che si è subito messa in contatto con il Ministero degli Esteri russo e subito dopo ci hanno rilasciati.

La paura non è mancata, immagino.

 

 Certo, inoltre avevamo paura di perdere il ricco materiale documentario realizzato durante la nostra permanenza di una settimana in Cecenia. In quel periodo era appena avvenuto l’assassinio di Anna Politkovskaja, (avvenuto il 6.10 2006 N.d.r.)  dovuto sicuramente anche alle sue testimonianze sulla situazione cecena.

In Italia sta per uscire il libro di Vera Politkovkaja, figlia di Anna, che fra l’altro si propone anche di far luce sulle circostanze dell’uccisione della madre.

https://rizzoli.rizzolilibri.it/libri/una-madre/

 

Ovviamente i servizi segreti russi in quel momento erano particolarmente all’erta.

Alla fine, siamo riusciti anche con l’aiuto di varie amiche cecene e russe.

a far uscire tutto il materiale che avevamo girato e successivamente a montare e trasmettere un documentario.

La crisi cecena è stata risolta da Putin dando il potere a Kadyrov, un personaggio del tutto leale e dipendente da lui che ha un ruolo nefasto anche nella guerra contro l’Ucraina in quanto manda al fronte degli autentici assassini, svolgendo un ruolo analogo ai mercenari del gruppo Wagner.

Come vedi in questo momento le prospettive dell’opposizione democratica in Russia?

In questo momento non vedo nessuna prospettiva positiva; molti hanno abbandonato il Paese, anche per paura di essere mandati in guerra, altri sono in galera.

Chi ha lasciato la Russia spera di potervi far presto ritorno ma non ha nessuna voglia di rischiare la vita combattendo contro un popolo considerato fratello.

Qualcuno sostiene che in passato, dopo la fine dell’Unione Sovietica, anche l’Occidente non si è aperto a una collaborazione con la Russia, accogliendo l’apparente disponibilità talvolta mostrata dallo stesso Putin.

 

La massima responsabilità dell’Occidente è di non aver subito capito chi era Putin.

Io avevo avvertito subito che, con la sua ascesa al potere, il Paese aveva completamente cambiato faccia. Eppure, c’era allora chi sosteneva che Putin era un modernizzatore che si accingeva ad aprire la Russia verso l’esterno mentre stava avvenendo esattamente il contrario.

Con Gorbaciov si sarebbe potuta verificare questa apertura, non certo con Putin.

Alcuni osservatori sostengono poi che da parte occidentale, soprattutto statunitense era stata formulata la promessa di non estendere la Nato fino ai confini della Russia per evitare che quest’ultima si sentisse in qualche modo circondata o addirittura minacciata.

Il mancato mantenimento di questa promessa avrebbe provocato il risentimento e l’aggressività russa.

 

Questa presunta promessa non c’è mai stata; solo il governo tedesco garantì nel 1989 che sul territorio dell’ex Repubblica democratica tedesca non sarebbero state installate armi atomiche, per il resto non c’è stato altro.

In realtà, i vertici Nato non erano propensi ad accogliere nella loro alleanza i Paesi dell’ex blocco sovietico. L’adesione è avvenuta proprio perché questi Paesi temevano giustamente, che a loro sarebbe toccata la stessa sorte che oggi tocca all’Ucraina.

Quindi non sei d’accordo con chi sostiene che l’adesione dei Paesi dell’ex blocco sovietico sia stata per la Russia una provocazione.

 

Assolutamente no, e non ne posso più di sentire questi discorsi, che pure circolano. Questa è una guerra di Putin, contro l’Ucraina, punto e basta.  Chi cerca in qualche modo di giustificare l’aggressione, si schiera di fatto dalla parte di Putin.

 

Putinversteher sono in effetti definiti da una parte della pubblicistica germanofona tutti coloro che mostrano una comprensione per la politica di Putin che finisce per giustificare le presunte ragioni del governo russo.

Anche persone che dicono di condannare l’aggressione russa poi finiscono quasi per attribuire a Zelensky  le maggiori responsabilità della guerra.

Zelensky si è trovato alla guida del suo Paese in un momento tremendo e ha fatto del suo meglio.

Anche il movimento pacifista vive un momento difficile per la difficoltà di individuare una linea politica chiara e unificante che non conceda in alcun modo spazio alla giustificazione dell’aggressione.

 

In tutta la mia vita ho manifestato sempre la mia avversione alle armi e alla guerra.

Penso però che ci siano guerre che vadano combattute e fra queste rientra quella contro l’aggressione di Putin che va assolutamente fermato.

Cosa pensi di chi paventa il rischio di un conflitto atomico?

 

Non credo che si arrivi a tanto perché penso che anche fra chi controlla gli armamenti nucleari russi non ci sarebbe chi è disposto a seguire eventualmente Putin fino a questo punto.

Forse però ci potrebbe essere il rischio di uno sviluppo incontrollabile del conflitto o di un incidente. C’è poi il pericolo delle cosiddette armi atomiche tattiche, la cui potenza devastante viene talvolta sottovalutata.

 

Spero che ci siano dei limiti alla follia. In ogni caso questa è una guerra che va assolutamente combattuta con tutte le armi, ad eccezione di quelle atomiche. Putin oltretutto sta conducendo una vera e propria guerra genocida, con l’intenzione di cancellare l’Ucraina dalla faccia della terra.

In un recente servizio della TV italiana, una corrispondente dall’Ucraina ha mostrato apertamente l’orrore provato dalla visione dei corpi di soldati e civili ucraini che prima di essere uccisi sono stati barbaramente torturati dai militari russi.

 

La volontà criminale di Putin è dimostrata anche dal fatto che i miliziani del gruppo Wagner utilizzano anche feroci criminali liberati dalle prigioni e scagliati contro militari e civili ucraini.

Fra coloro che condannano senza riserve l’aggressione di Putin c’è chi pensa tuttavia che l’Europa dovrebbe acquisire una maggiore autonomia dagli Usa, tentando magari con maggiore impegno di cercare una soluzione politica del conflitto.

 

In questo momento non vedo nessuna disponibilità di Putin a una trattativa.

Forse un tentativo tanto per cominciare per un cessate il fuoco andrebbe comunque fatto.

 

Non credo sia possibile, Putin vuole dominare l’Ucraina ed eliminare il governo di Zelensky. magari con la sua uccisione e la sua sostituzione   con un governo fantoccio. Questo toglie qualsiasi spazio alla possibilità di una trattativa. Forse in un futuro non si sa quanto lontano, si aprirà una prospettiva di superamento del conflitto.

Anche in futuro sarà difficile una pace giusta che offra in primo luogo le garanzie di un ripristino dell’integrità territoriale dell’Ucraina, magari con forme di autonomia per il Donbass.

Il Donbass è parte integrante dell’Ucraina e anche molti russofoni che ci vivono si sentono ucraini.

La guerra di Putin ha ancora più accentuato questa identità nazionale.

Putin parte dal presupposto che chi parla russo debba per forza identificarsi con la Russia.

In Svizzera è circolata una vignetta satirica che mostrava come, secondo questo principio, la Svizzera pluringuistica avrebbe potuto aspirare al dominio di quei Paesi europei in cui si parla una delle lingue nazionali svizzere.

In Italia qualcuno, anche a sinistra, ha interpretato la sostanziale adesione di Berlusconi alle tesi di Putin come il tentativo di aprire uno spiraglio di pace.

Difficile in effetti dare credito a posizioni di questo tipo.

 Ricordo che in un incontro con Putin    avvenuto in Italia nel 2008, Berlusconi fece il gesto di sparare a una giornalista russa, “rea” di aver rivolto una domanda scomoda al leader russo. In quel momento almeno venti giornalisti russi, fra cui Anna Politkoskaja, erano morti ammazzati nella Russia di Putin.

Non vedo come, con questi precedenti, si possa dare una patente di pacifista a un personaggio come Berlusconi.

 

 

 

 

 

 

 

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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