Ieri mio figlio a tavola non smetteva di ridere per via di un video a suo dire molto buffo (e con tantissime visualizzazioni, sempre stando a quanto dice lui…) che youtube gli ha “suggerito”. A me quel suggerimento non è mai arrivato. Piuttosto, sono contenuti sulle elezioni politiche americane, oggi, a essere nella top5 dei contenuti che i social mi mostrano. La disperata ricerca di video, reel o spot che sia lui sia io vediamo è stata vana.
È a fronte di questa esperienza che oggi scrivo del mio sgomento legato alla frammentazione e personalizzazione delle notizie sui social media: non ho scoperto l’acqua calda, la questione è nota a tutti ma quanto è “presente” nel nostro agire quotidiano? Quanto poco ci angoscia l’avanzare dei social e degli algoritmi, che lungi dall’unirci o raccoglierci in bolle, a ben vedere ci dividono uno a uno. Ognuno per conto proprio. Ognuno per sé. Addio democrazia bella! L’uomo è un animale sociale, scriveva Aristotele. Forse un tempo, sì, lo era. Ma oggi?
Nel contesto odierno, i social media giocano un ruolo cruciale nella diffusione delle notizie e nell’informazione pubblica. Piattaforme come Facebook, Twitter, Instagram e TikTok hanno trasformato il modo di consumare le notizie, innalzando all’ennesima potenza il grado di personalizzazione ma anche di frammentazione dell’informazione.
La questione degli algoritmi che raccolgono dati per creare profili dettagliati degli utenti, e poi vengono utilizzati per curare un feed di notizie personalizzato è nota. L’obiettivo dichiarato delle piattaforme è proprio mantenere l’attenzione dell’utente il più a lungo possibile, mostrando contenuti che sono percepiti come più rilevanti e interessanti per ogni singolo utente. Dunque, vediamo contenuti che rispecchiano le nostre preferenze e opinioni, senza che quanto ci viene proposto sia necessariamente una gamma completa e diversificata di prospettive. Ci hanno insegnato che queste bolle informative, o “filter bubbles”, sono “i luoghi” (“echo chambers”) dove le persone vengono esposte principalmente a idee e notizie che confermano le loro credenze preesistenti. E ci hanno ripetutamente ammonito che all’interno di queste bolle informative siamo più facilmente influenzati e influenzabili da notizie false (“fake news”) che confermano le nostre opinioni, portando a una generalizzata polarizzazione sociale e anche a un clima di ostilità – mi viene in mente l’attacco di Capital Hill…
Le implicazioni democratiche sono ovvie e preoccupanti: la frammentazione e personalizzazione delle notizie mettono a rischio il discorso pubblico. Insomma, quando i cittadini non condividono un insieme comune di fatti e conoscenze, come è possibile avere discussioni significative e informate su questioni politiche e sociali? A rischio c’è la capacità di ciascuno di noi di prendere decisioni basate su informazioni accurate e, non da ultimo, di partecipare attivamente alla vita democratica.
Maggiore trasparenza degli algoritmi e la cura per la diversità delle fonti di informazione sono due strumenti spesso citati per difenderci dalla disinformazione.
… Intanto mio figlio e io, mentre continuiamo a vedere contenuti diversi online, abbiamo aperto la stessa pagina scritta da Platone sul mito della caverna, un invito a riflettere su come le ombre proiettate sul muro possano essere scambiate per la realtà. Riusciremo, insieme, a uscire da queste caverne digitali per confrontarci con la molteplicità di prospettive che arricchiscono la nostra comprensione del mondo? A me il peso e la responsabilità di aiutarlo a discernere tra le ombre e la luce della verità.