Perplessità di un riciclatore volenteroso

 Sto   riciclando le bottiglie e altri recipienti di vetro nell’apposito contenitore, distinguendo rigorosamente il vetro bianco da quello verde e da quello marrone, secondo le rigorose disposizioni vigenti alle mie latitudini. Per la verità questi ultimi due colori, nelle loro varie tonalità, non sono sempre facilmente distinguibili e la paura di sbagliare genera in me profondi sensi di colpa, quasi che l’intero riciclaggio del vetro in Svizzera fosse messo a repentaglio da un mio eventuale errore. Tempo fa ho affrontato una discussione con un momentaneo compagno di riciclaggio sull’effettivo colore di una bottiglia che secondo lui stavo gettando nel comparto sbagliato

Ieri ho religiosamente riciclato le bottiglie di plastica   che i supermercati si impegnano, bontà loro, a riciclare vantandosi della quantità di plastica che ogni anno viene riciclata. In Italia. tempo fa, un conoscente citò  con orgoglio un presunto primato nazionale del riciclaggio della plastica e quando gli feci notare che questo dipendeva anche dal fatto che se ne produce troppa, generando fra produzione e riciclaggio un consumo di energia decisamente eccessivo, il mio interlocutore si mostrò  ferito nel suo patriottismo riciclatore. La stessa spinta al massiccio riciclaggio non accompagnata da mutamenti profondi nella produzione e nei consumi appare incongrua e contraddittoria, un dato di fatto che non riguarda solo   la produzione di plastica. A Zurigo ogni quindici giorni viene raccolta una quantità di cartone che ha raggiunto dimensioni impressionanti con lo sviluppo degli acquisti online. Piccoli oggetti arrivano all’interno di contenitori di cartone di proporzioni abnormi.

Bello e utile riciclare ma ancora più utile sarebbe ridurre fortemente gli imballaggi.

 A volte mentre mi dedico scrupolosamente   al riciclaggio ho l’illusione di contribuire in modo significativo  alla salvezza del pianeta. come una diffusa pubblicistica vuol farci credere, il che ha come risvolto l’idea che se il Pianeta va in malora la colpa è soprattutto mia e tua.

Oggi invece sono attraversato da pensieri opposti, mi vengono in mente gli immensi sprechi ad altri livelli che vengono ogni giorno perpetrati con il consenso o almeno il silenzio degli stessi persuasori occulti che riducono la salvezza del Pianeta ai comportamenti individuali dei singoli cittadini comuni. “Il mondo sta per finire e, nei dieci minuti che ci restano, noi due siamo qui a riciclare buste in pluriball separando scrupolosamente la plastica dalla carta” scrive l’autrice turca Ece Temelkuran in un saggio pubblicato in piena crisi pandemica.

https://www.bollatiboringhieri.it/libri/ece-temelkuran-la-fiducia-e-la-dignita-9788833935645/

Per fare un esempio attuale di spreco irrazionale un’ora di volo di un jet privato, secondo uno studio della ONG Transport and Evironmement consuma due tonnellate di CO2; un partecipante su cinque del recente World Economic Forum di Davos ha raggiunto la Svizzera appunto con un jet privato, scendendo dal quale ci ha magari spiegato come risparmiare energia accorciando i tempi della doccia o riducendo il riscaldamento.

Complessivamente questi voli, secondo una stima di Greenpeace, hanno prodotto nello stesso periodo, la stessa quantità di CO2 di trecentocinquantamila auto.

Non oso immaginare quanta carta, cartone, plastica e vetro ecc. bisognerebbe riciclare per compensare queste emissioni.

Ognuno di noi potrebbe aggiungere una serie di altri piccoli e grandi esempi che ogni giorno abbiamo sotto gli occhi.

La crisi energetica e la guerra in Ucraina hanno indotto un po’ tutti i governi a mettere da parte le politiche di lotta agli sprechi mentre la  transizione ecologica  diventa spesso  un vuoto slogan per rinverdire i programmi politici dei vari partiti ad ogni tornata elettorale. Il greenwashing, la riverniciatura di verde di attività che di ecologico hanno spesso solo l’apparenza sembra essere diventato uno sport largamente praticato.

I partiti ecologisti al governo in vari Paesi non mostrano la volontà e la capacità di incidere in modo significativo sui nodi di fondo delle politiche ambientali.

In molti Paesi poi la mancanza di libertà di espressione impedisce anche il radicamento di una coscienza ecologista e le proteste contro attività dannose per la salute e per l’ambiente hanno un carattere spesso locale e sono oggetto di dura repressione. Allora che fare?  Rinunciare all’impegno ecologico individuale e assecondare anche attraverso i comportamenti individuali la corsa dell’umanità verso l’autodistruzione?

Mentre getto con rabbia le mie bottiglie di vetro dentro il contenitore per la raccolta penso che nemmeno questo sarebbe giusto

“Ogni scelta che facciamo ci sembra inefficace come svuotare con un secchio l’acqua dalla barca che affonda. (…) E alla fine tendiamo a dimenticare che invece il genere umano è in grado di reinventarsi anche attraverso le più piccole cose” scrive ancora Temelkuran.

Rifletto su queste parole di speranza che sono anche lo sforzo di non cedere alla cedere alla disperazione, un “lusso” che non ci possiamo permettere, e applico alla mia realtà questa riflessione.

L’impegno personale, non solo al riciclaggio ma a ridurre il più possibile l’impatto della propria impronta ecologica, magari rinunciando il più possibile a compiere viaggi aerei o all’uso dell’auto o al consumo di carne, è certo un modesto contributo all’attenuazione del degrado del nostro Pianeta e può avere un peso significativo solo se questi comportamenti vengono assunti da tutti.

Ma l’impegno personale ha anche e forse soprattutto il valore di presa di coscienza dei danni che stiamo infliggendo al Pianeta e a noi stessi che deve tradursi in coscienza politica per mirare più in alto.

Infatti, senza un adeguato mutamento delle politiche ambientali di governi che fanno  roboanti promesse di impegno ambientalista, spesso non mantenute, la nostra resterà solo una testimonianza moralmente nobile ma sostanzialmente inutile.

Insomma, dobbiamo convincerci che quello che facciamo per l’ambiente è utile ma assolutamente insufficiente e non aderire all’ideologia del marketing politico-industriale che ci vuol convincere che basti comprare il tal detersivo o una costosa auto elettrica per salvare l’ambiente.

La lotta per la difesa dell’ambiente ha insomma un carattere decisamente politico e s’intreccia con la conquista e l’ampliamento degli spazi democratici, con nuovi modelli di sviluppo e con diversi rapporti economici anche nei rapporti internazionali.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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