Più fedeltà per tutti

L’ultimo giorno dell’anno scatena matematicamente due fenomeni sui social: il collage di foto simboliche e il bilancio più o meno propositivo. Ne ho visti tanti, alcuni molto stimolanti e anch’io non mi sono astenuta dal fare il mio.

Ci fa bene dare al tempo una forma ciclica. Ci rasserena l’idea di poter lasciare andare tutte le nostre azioni e reazioni peggiori, chiudere dietro la porta dell’anno finito le versioni meno nobili di noi stessi e poter guardare avanti con la sensazione di una nuova e molto motivata opportunità di cambiare.

Abbiamo bisogno di ricominciarci ciclicamente. Mettere un punto e andare a capo e non c’è vetrina migliore dei social per dare ai nostri propositi una validità pubblica e testimoni adeguati. 

Peccato che sia proprio lì che scegliamo cosa mostrare della nostra realtà, attraverso un’accurata selezione di tutti gli elementi che compongono la nostra immagine pubblica.

Esponiamo la versione patinata, tendenzialmente invidiabile e sorridente e poi a fine anno alziamo i tappeti e lasciamo che il polverone annebbi tutti i nostri dodici mesi appena trascorsi con gli obiettivi che non abbiamo raggiunto, le brutture che ci sono capitate e gli errori che sicuramente non ripeteremo più.

Quante volte mi è capitato di sentire questo commento dopo aver tentato una timida confessione del mio reale stato emotivo con qualche amico o conoscente: “Non l’avrei mai detto che stavi male, dalle foto che posti sembra così felice la tua vita”.

Non voglio aprire in questo articolo un dibattito sul rapporto tra identità e finzione offerto dai social. Autori e sociologi molto più competenti di me ne hanno già scritto e discusso ampiamente. Mi interessa piuttosto aprire il nuovo anno riflettendo sul concetto di fedeltà.

Quanto è vivo questo tema. Quanto seduce a più livelli di discussione, dalla chiacchiera tra amici, alla riflessione introspettiva con il proprio psicologo. E quanto ci ostiniamo a cercare di definirne i limiti e le regole interne, pur essendo consapevoli che non esiste niente di più soggettivo e condizionato dalle dinamiche profonde e uniche di ogni relazione amorosa. Eppure ci arrovelliamo a comprenderne i meccanismi interni, a inquadrarne le cause e catalogare tutte le possibili conseguenze. 

Perché non è stato fedele? Perché non lo posso essere io? Cosa significa tradire e tradirmi?

E se provassimo a spostare il punto di osservazione della fedeltà dell’altro a noi stessi, cosa succederebbe? 

Di fronte agli infiniti bilanci in cui ci chiediamo ossessivamente cosa possiamo fare per cambiare, spendiamo mai qualche minuto a chiederci quanto siamo stati fedeli a noi stessi? Quanto abbiamo tradito i nostri reali valori e bisogni per assecondare l’immagine rassicurante che gli altri hanno di noi?

E se per una volta spostassimo il punto di osservazione, rendendolo compassionevole invece che giudicante. Se provassimo a partire da quanto ci siamo disallineati dalla nostra vera natura, durante l’ultimo anno appena trascorso, invece che valutare quanto siamo stati sbagliati.

Forse ci renderemmo conto che tante azioni ed emozioni provate sono dirette conseguenze di quel tradimento, il più grave e profondo che possiamo infliggerci.

Ecco quindi il mio unico grande augurio per questo 2023 che si trascina dietro un quadro socio-economico disastroso, sconvolgimenti civili, guerre e oppressioni che non danno segnali di tregua. 

Che siate fedeli a voi stessi, il più possibile e che questo pensiero sia la spinta prima ad ogni azione e scelta. Perché più siamo vicini ai nostri valori più profondi, più siamo in grado di accogliere gli altri con consapevolezza. La fedeltà verso noi stessi innesca meccanismi virtuosi e se non ci è dato agire sui grandi drammi del nostro tempo possiamo almeno cercare di farlo nel nostro intimo stare e sentire.

Vi auguro di arrivare al prossimo 31 dicembre con questa unica frase a raccontare il vostro anno: Non ho avuto bisogno di tradirmi per sentirmi amato.

Seguici

Cerca nel blog

Cerca

Chi siamo

Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

Ultimi post

Fast fashion

Il Fast fashion (“moda veloce”) è il termine accattivante con cui i produttori e rivenditori di moda pubblicizzano un tipo di abiti “usa e getta”, di scarsa

Leggi Tutto »